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Cronaca

Cacciato di casa perché gay: “I miei genitori per me sono morti”

Francesco, 18 anni, si è raccontato in una dura intervista in cui ha ripercorso gli ultimi due anni della propria vita, dall'abbandono alla cacciata di casa

“I miei genitori, per me, sono morti”. Sono le dure parole di Francesco, il ragazzo cacciato di casa al compimento dei 18 anni dalla madre perché omosessuale. “Ormai mi considero un orfano – spiega al Corriere del Mezzogiorno – Ci sono cose che si rompono e non si aggiusteranno mai più. Come si può avere un rapporto con chi ti rifiuta, con chi lascia due ragazzi in una casa buia? Avevo sedici anni quando ci abbandonarono, quel giorno io e Clelia (la maggiore delle due sorelle, ndR) ci guardammo negli occhi: eravamo rimasti soli e c’era la piccolina cui badare”.

Sono sopravvissuti arrangiandosi. “Mia madre aveva un nuovo compagno, mio padre si era rifatto a sua volta una vita. Lui si arrangiava come parcheggiatore, ha sempre avuto difficoltà a trovare lavoro. Papà non è cattivo, lui no, semplicemente è sempre stato poco presente. Anche rispetto alla mia omosessualità era indifferente”. Con Francesco va a vivere anche Giuseppe, il suo fidanzato, anche lui cacciato di casa.

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Poi la svolta, ancora più difficile. “Appena ho compiuto diciott’anni è arrivata la mazzata finale – prosegue il ragazzo – A febbraio scorso, una brutta mattina siamo stati svegliati dall’ufficiale giudiziario e dai carabinieri. Ci hanno detto di andare via, ci hanno mostrato un documento. Avevamo le lacrime agli occhi. Siamo riusciti a stento a mettere le nostre cose nei sacchi per l’immondizia. Mia sorella piccolina è stata affidata a mia mamma. Clelia invece è andata a vivere a casa del suo ragazzo”.

Lui e Giuseppe sono prima rimasti in giro, dormendo in strada o in spiaggia nel casertano. “Ci lavavamo sotto le docce dei lidi, eravamo disperati ma anche felici per il nostro amore”. L'Arcigay Napoli, poi, li ha presi a cuore grazie ad un amico di Francesco. “È scattata una mobilitazione commovente. Il presidente Sannino ci ha ospitati, ci hanno letteralmente sfamati. Poi è arrivato l’avvocato e la richiesta in tribunale. Ma so benissimo che dalla mia famiglia non avrò mai un euro perché loro stessi non se la passano benissimo. Ora io e Giuseppe viviamo in una piccola casa di Arcigay lontano da Napoli, ovviamente stiamo cercando lavoro perché non vogliamo pesare sulle spalle dei nostri amici”.

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