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Cronaca Vomero / Via San Francesco Nuvolo

Nasce la Fondazione Silvia Ruotolo. La figlia: "Era una donna libera e generosa"

Nel Consiglio d'onore Sandro Ruotolo, Don Luigi Ciotti e Rita Borsellino. La giovane Alessandra: "Abbiamo diritto a pretendere un cambiamento, ma abbiamo anche il dovere di impegnarci per questo". L'intervista

Sabato 11 giugno ricorre il 14° anniversario della morte di Silvia Ruotolo, una giovane madre vittima innocente di un agguato di stampo camorristico avvenuto lungo Salita Arenella, al Vomero. Alle ore 11, all'interno del teatro Immacolata di via San Francesco Nuvolo, si terrà la cerimonia di costituzione della Fondazione “Tutto ciò che libera e tutto ciò che unisce in memoria di Silvia Ruotolo” (abbreviabile in: Fondazione Silvia Ruotolo - Onlus ). La Fondazione nasce per volontà dei figli Francesco e Alessandra (che ne è anche Presidente) e del marito Lorenzo Clemente, da sempre attivi nell’impegno per la legalità e contro la camorra, che hanno destinato al progetto parte del Fondo di Solidarietà per le vittime di reato di tipo mafioso: legge 512 del 1999 in virtù della costituzione di parte civile nel processo penale, che si è concluso con la condanna all’ergastolo per tutti i responsabili. Oltre al Consiglio direttivo, per la Fondazione si è istituito anche un Consiglio d’onore, composto da molte personalità come Don Luigi Ciotti (presidente onorario), Tano Grasso (Presidente onorario della FAI), Sandro Ruotolo (giornalista), Rita Borsellino (presidente onorario di Libera), Lucio De Giovanni (Preside della Facoltà di Giurisprudenza -Federico II), Giustino Gatti (Presidente di Corte d’ Assise, Tribunale di Napoli) Raffaele Marino (Procuratore aggiunto di Torre Annunziata), Gianluca Guida (Direttore dell’ Istituto Penitenziario Minorile di Nisida), Paolo Siani (Dirigente Medico responsabile di Struttura Complessa Pediatria, Presidente Fondazione Po.l.i.s.), Mussi Bollini (dirigente RAI) e Serena Battimeli (Magistrato di sorveglianza Tribunale dei Minori Napoli).

Abbiamo chiesto ad Alessandra Clemente di raccontarci qualche dettaglio in più riguardo la Fondazione, il suo impegno civile e sociale, i suoi obiettivi e soprattutto riguardo al futuro che immagina, che sogna e che lotta per conquistare a beneficio, lo sottolineiamo, di un’intera città.

Vede finalmente la luce la Fondazione Silvia Ruotolo. Qual è l’idea centrale che ne accompagna la nascita?
“Faremo insieme una fondazione dedicata a mamma”. La prima volta che papà mi disse questa frase ero davvero piccola, avevo 10 anni. Mi rese felice, mi fece piangere. Ed ora, se ci ripenso, m’ accorgo come è sempre stata per me la cosa più bella che lui potesse dirmi. Sabato la Fondazione diventerà realtà, e per noi tutto questo ha un profondo ed intenso significato. Destineremo parte del risarcimento economico ottenuto dal Fondo di Solidarietà per le vittime di reato di tipo mafioso legge 512 del 1999, in virtù della costituzione di parte civile nel processo penale, ad un impegno concreto contro la cultura criminale che ha ucciso mamma. La Fondazione Silvia Ruotolo “Tutto ciò che unisce e tutto ciò che libera” è il nostro modo per urlare la sua vita, per farla profumare ancora di tanto amore.

Oltre al fondamentale intento di mantenere sempre vivo il ricordo di Silvia e di tutte le vittime innocenti di mafia e camorra, la Fondazione si propone altri obiettivi? E che tipo di azioni metterà in campo?
La Fondazione propone un sentiero che partendo dalla memoria di un’ingiustizia così vile, passando attraverso la voglia di cambiamento e reazione si trasforma in impegno. Memoria vuol dire impegno. La mia famiglia ed io dobbiamo dire grazie a don Luigi Ciotti presidente di Libera, associazione nomi e numeri contro le mafie, che ce lo ha insegnato e al percorso di giustizia, civile e giudiziaria, ottenuto che ha reso possibile tutto ciò. E pensando così ad un impegno concreto nel quale spendere l’ eredità della memoria di mia madre che mio padre Lorenzo Clemente, presidente del Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti di criminalità, anni fa individuò un obiettivo specifico: contrastare la devianza della sub-cultura mafiosa partendo dall’ infanzia, promuovendo a beneficio della collettività l’ integrazione sociale dei giovani, ragazzi e ragazze, per il superamento delle marginalità, sviluppando l’educazione alla cittadinanza e la cultura della legalità, partendo dall’ amara costatazione che chi quel giorno ha sparato, giovane, davvero giovane, aveva fatto della criminalità scelta di vita e assurda opportunità per il suo futuro. La Fondazione perseguirà così esclusivamente scopi di solidarietà, sviluppo culturale ed integrazione sociale quali: Istruzione per contrastare la devianza della sub-cultura mafiosa e delle altre forme di illegalità e il rischio di emarginazione sociale dei giovani con iniziative, attività, pubblicazioni e percorsi didattici rivolti, a scuole carcerarie, a centri di giustizia minorile e servizi sociali connessi, con alunni di scuole di ogni ordine e grado. Sviluppo di una cultura antimafia anche promovendo analisi e ricerche per diffondere la conoscenza dei fenomeni mafiosi, criminali e di devianza dalla legalità, in tutte le loro manifestazioni e le azioni di contrasto sviluppate dallo Stato e dalla società. Tutela dei diritti civili anche attraverso la promozione della conoscenza della Costituzione Italiana e di una cultura giuridica di base. A tal fine la Fondazione si impegnerà, in particolare, a favorire iniziative nel mondo della giustizia, della scuola e in ogni altro ambito sensibile a tali tematiche, dirette a favorire la crescita del confronto sociale, civile e culturale e a colmare situazioni di devianza e di emarginazione sociale.

“Tutto ciò che libera e tutto ciò che unisce” è la frase scelta come leitmotiv della Fondazione. Libertà ed unione, intesa come solidarietà tra gli uomini, dovrebbero essere principi cardine di qualunque società civile. È questa la realtà già oggi presente o siamo ancora lontani da questi, in apparenza tanto semplici, dettami di vita?
La Fondazione si propone di essere un pungolo continuo affinché “tutto ciò che libera e tutto ciò che unisce” divengano condizioni reali di uguaglianza per ogni ragazzo. Partendo dal dato di fatto che non è così e che anche la società civile è chiamata ad un impegno concreto. Affinché tutto ciò che libera e tutto ciò che unisce non permetta che dalla stampa poco attenta vengano create vittime di serie A e vittime di serie B, e soprattutto affinché di fronte a morti innocenti per mano della criminalità non ci siano differenze giuridiche e legislative tra criminalità semplice e criminalità organizzata. La frase è maturata insieme a don Tonino Palmese, una sera a cena a casa insieme a mio fratello Francesco di 19 anni ed il mio papà. Riassume lo spirito di mia mamma, donna libera, generosa, solare e determinata… e lo spirito del valore di ciò che cercheremo di fare in suo nome, liberare dalla devianza criminale ragazzi e ragazze che son più in difficoltà ed unire tutti attraverso il seme della memoria, per una Napoli città civile e libera.

Che significato ha per lei, oggi, la nascita di questa Fondazione e come vede il futuro?
Ho da tempo maturato un pensiero: il mio dolore non deve essere solo la mia ferita, ma la ferita di tutta la città. Così come la mia reazione. Mia madre, come le altre vittime innocenti della criminalità, non è morta nella “normalità” di una malattia, nell’intimità di casa o di un ospedale, ma per gesti criminali e scellerati compiuti nelle nostre città, nelle nostre strade… è un qualcosa che riguarda tutti. Ed io sia come figlia, ma anche come cittadina, usando le parole di Eduardo de Filippo, non posso far finta che sia “cosa ’e niente”. Abbiamo diritto a pretendere un cambiamento. Ma abbiamo anche il dovere di impegnarci per questo. Reagire. Avere parte. Prende parte. Insieme, perché crediamo che le mafie si sconfiggono.
 

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