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Cronaca

Emergenza rifiuti: colpa dei napoletani?

Indispensabile lavorare per responsabilizzare le popolazioni locali, ma è anche necessaria una maggiore consapevolezza dei popoli europei sulle tematiche ambientali e di protezione e salvaguardia della salute

I napoletani sono i colpevoli dell'emergenza rifiuti. A causa del loro vittimismo, pressapochismo, corruzione e superficialità si sono ridotti in questa situazione. È giusto che ci stiano fino a quando non decideranno di rimboccarsi le maniche e darsi da fare per risolvere questo loro problema.

Questa è l'opinione più diffusa relativa al dramma partenopeo dei rifiuti e, per quanto possa essere anche in parte condivisibile, rappresenta non solo un'analisi distorta della realtà, ma anche e soprattutto un errore politico, economico e sociale di grandissima portata. Se è vero come è vero che questo mare magnum rappresentato dal concetto di “napoletano” ha insito in sé colpe gravissime relative alla situazione in cui versiamo oggi e sintetizzabili, a parer di chi scrive, con l'assoluto individualismo che regna sovrano nelle menti e nei cuori di chi abita l'antica Neapolis, è altrettanto vero che circoscrivere tale situazione a solo chi vive il territorio campano non è solo stupido o ingiusto, ma miope perché il dramma campano è pagato sia dai cittadini partenopei, che scontano sulla propria pelle il dramma derivante dall'inquinamento massivo del territorio, sia e soprattutto da tutti i cittadini dell'Ue che sono costretti a pagare cifre altissime per arrestare la “Černobyl silenziosa” in cui vivono poco più di tre milioni di persone.

Basti pensare che l'Unione Europea ha predisposto nei mesi scorsi lo stanziamento di circa cinquecento milioni di euro per la realizzazione di strutture “efficienti, finalizzate al ritrattamento dei rifiuti e che non danneggino l'uomo o l'ambiente circostante”, cifra pari a quanto il governo Berlusconi ha stanziato per supportare le aziende del campo delle rinnovabili in tutto il Mezzogiorno.

Tutti, dunque, pagheremo per il fallimento politico e gestionale dei tanti che avrebbero dovuto risolvere la crisi, ma che di fatto l'hanno solo aggravata (basti pensare al solo Antonio Bassolino, ex governatore ed ex commissario straordinario ai rifiuti, rinviato a giudizio per il caso delle cosiddette “consulenze d'oro” e recentemente accusato, insieme ad alti 30 tra sindaci e amministratori, di “epidemia colposa e omissione in atti di ufficio” per l'emergenza del 2008). A questi costi già di per se elevati vanno aggiunti i costi, incalcolabili, derivanti dalla vera emergenza sanitaria che il territorio campano sta affrontando da anni e su cui pochissimi parlano.

Al momento le statistiche ufficiali sono poche, lo studio più noto e preciso è quello pubblicato nel 2004 dal periodico medico britannico “The Lancet” in cui per la prima volta si è parlato del “triangolo della morte”, che evidenzia come nella zona tra Acerra-Marigliano-Nola, l’indice di mortalità (numero di morti l'anno per ogni cento mila abitanti) per tumore al fegato sfiora il 38.4 per gli uomini e il 20.8 per le donne, dove la media nazionale è del 14. La mortalità è più alta che nel resto d’Italia anche per quanto riguarda il cancro alla vescica e al sistema nervoso (nel 2007 inoltre è stata pubblicata una ricerca condotta dall'Oms e dall'Iss in cui i dati vengono sostanzialmente confermati).

L'emergenza campana, così come il disastro ambientale di Sellafield (cittadina del Regno Unito dove è presente un impianto di ritrattamento del combustibile nucleare e in cui si sono verificati numerosi incidenti con fuoriuscite di materiale radioattivo) rappresentano emergenze comuni a cui è necessario dare una risposta comune, sia in termini politici che economici. È sì indispensabile lavorare per responsabilizzare le popolazioni locali, vere vittime dell'emergenza, ma è anche necessario che cresca una maggiore consapevolezza dei popoli europei sulle tematiche ambientali e di protezione e salvaguardia della salute al fine di far crescere la pressione sulle istituzioni comunitarie e trasformare un'unione politica e finanziare in un progetto di crescita condivisa e comune.

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