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Cronaca Pomigliano d'arco

Crocifissione di un operaio a Pomigliano: "Ecco perché l'ho fatto"

"I lavoratori stanno perdendo i propri diritti ma non se ne rendono conto. Sono stato licenziato a giugno però continuerò a lottare". Marco Cusano parla ai microfoni di NapoliToday

La protesta degli operai Fiat del comitato di lotta "Cassintegrati e licenziati dello stabilimento di Pomigliano d'Arco", di cui fanno parte gli ex operai del reparto logistico Fiat Chrysler di Nola che consisteva in una simbolica crocifissione da parte del 50enne Marco Cusano, ha destato clamore nelle scorse ore.

Del Comitato fanno parte i cinque ex operai del reparto logistico di Nola, licenziati lo scorso giugno in seguito ad una protesta davanti alla fabbrica contro Marchionne, ritenuta molto offensiva dal Lingotto.

Ecco l'intervista a NapoliToday del protagonista della crocifissione, Marco Cusano:

Cosa ti ha spinto a compiere questo gesto e cosa chiedete al nuovo presidente della Repubblica, Mattarella?

Chiediamo che il presidente dia seguito alle sue parole di vicinanza alle fasce più deboli della popolazione e ai lavoratori come noi che non hanno più diritti. A noi non interessava suscitare un clamore mediatico, ma volevamo segnalare il nostro status di "poveri cristi" senza diritti dando un messaggio forte ma pacifico.

Avete parlato di crocifissione dei diritti dei lavoratori, puntando l'indice contro il Jobs act. Cosa rappresenta per voi?

È la croce tombale dei diritti degli operai.  I lavoratori stanno perdendo i propri diritti ma non se ne rendono conto. Anche io quando entrai 25 anni fa in azienda ero completamente a digiuno di politica e di leggi,  come i giovani di oggi, ma è tempo di porre freno a questi soprusi come nel caso delle norme contenute nel Jobs act.

Sei stato licenziato nel giugno 2014 per una protesta forse ancora più clamorosa, ossia quella del "suicidio simbolico di Marchionne".

Era un'iniziativa molto forte, ne eravamo consapevoli. Eravamo già da sei anni in cassa integrazione e volevamo rendere giustizia con quella protesta ai nostri amici che avevano deciso di togliersi la vita (Peppe e Maria), perché disperati. Sei anni di precarietà, di cassa integrazione sono pesanti. Noi però ora chiediamo che venga rispettata la legge e che venga discussa la questione del nostro licenziamento di giugno dai giudici. Solitamente le cause di lavoro vanno discusse entro 40 giorni, ma finora non è stato fatto. Noi chiediamo solo di essere giudicati nel rispetto delle leggi. Perciò ci siamo rivolti a Mattarella, è un nostro diritto.

A 50 anni quindi ora ti trovi senza lavoro e senza tutele. Ti sei chiesto il perché?

Sono fuori dalla fabbrica, mi sento un perseguitato come cittadino e lavoratore. E' la terza volta che mi licenzia la Fiat solo per ragioni politiche, mai per scarso rendimento o altro. I sindacati dovrebbero aiutare di più gli operai. Noi con il nostro comitato chiediamo solo che i nostri diritti vengano rispettati dopo 25 anni di lavoro. Siamo cinque famiglie con gravi problemi e nessuno ci sostiene, la mia vita è diventata un inferno. Chi mi assume a 50 anni? Ora finisce anche la disoccupazione io e queste cinque famiglie presto saremo a reddito zero.

Proseguirete nelle vostre iniziative di protesta?

Certo, non ci fermeremo. Vogliamo continuare a lottare, non mi arrendo e non ci arrenderemo, manifesteremo ancora per far valere i nostri diritti.

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