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Cronaca

Perché l’evoluzione nel corso della pandemia potrebbe peggiorare: i due motivi

Potrebbe creare problemi ad esempio il mancato studio sulla funzionalità del sistema immunitario. I pareri del prof. Corrado Perricone e del dott. Fabio Perricone

"L’evoluzione del Coronavirus potrebbe peggiorare per due motivi, il primo riguarda l’inopportunità del vaccino antinfluenzale in pieno picco della pandemia da Covid 19. Il secondo si riferisce al mancato studio sulla funzionalità del sistema immunitario. Premesso che sono pienamente favorevole alle vaccinazioni, in questa contingenza ritengo necessarie alcune considerazioni.

La vaccinazione antinfluenzale protegge contro gli attacchi influenzali ma a discapito di un’efficiente produzione di anticorpi selettivi contro il Covid 19. Nello specifico, il vaccino antinfluenzale è formato da 4 ceppi, cioè è quadrivalente, presenta quindi evidente stimolazione di anticorpi selettivi ai suddetti ceppi. Per questo motivo l’attività globale anticorpale è utilizzata soltanto in maniera parziale, cioè per i ceppi influenzali eventualmente in azione. Per tale motivo, vista l’attuale circolazione di SARS-Cov2, che è al momento fuori controllo, e trovandoci nel picco massimo di diffusione, bisogna rivedere la tempistica della vaccinazione antinfluenzale già programmata.

Per quanto riguarda il mancato studio del sistema immunitario, c’è da rilevare che è fondamentale per verificarne la normo funzionalità. Tale accertamento avviene mediante la tipizzazione linfocitaria, indispensabile per la diagnosi delle malattie del sangue che interessano il sistema immunitario stesso. E’ necessario, quindi, questo accertamento perché rende evidenti gli elementi chiave mediante un approfondimento delle funzioni dei linfociti T e dei linfociti B, le cui cellule hanno funzioni diverse. I linfociti T (helper) che aiutano i linfociti B a produrre anticorpi; linfociti T totali (CD3) che giocano un ruolo fondamentale nella cosiddetta immunità cellulomediata, linfociti T suppressor (CD8) che svolgono un’azione di soppressione della risposta immunitaria, in contrapposizione all’azione dei linfociti (CD4) che invece la stimola; linfociti B (CD19) che hanno un ruolo chiave nella produzione di anticorpi; linfociti Natural Killer (CD16&CD56) che sono presenti dalla nascita e rappresentano la prima linea di difesa dei soggetti non ancora immunizzati, definita anche immunità innata.

E’ da tenere sempre presente che l’attività immunitaria del nostro organismo è condizionata dall’età, perché dopo i 50 anni si va incontro alla fisiologica senescenza del sistema immunitario, mentre nella fascia pediatrica è al massimo della sua attività immunitaria, capace quindi di produrre facilmente anticorpi e quindi in tale età le poli-vaccinazioni sono ben sostenute dall’organismo.

Quali situazioni devono quindi metterci in allarme? Qualora la quantità dei linfociti T suppressor (CD8) risulti superiore alla quantità dei linfociti T helper (CD4) ci si potrebbe trovare di fronte a un’immunodeficienza.

Quindi la tipizzazione linfocitaria può essere di grande valore diagnostico anche dal punto di vista della prevenzione. Purtroppo tale indagine è perlopiù sconosciuta al mondo sanitario pur essendo a totale carico del Sistema Sanitario Nazionale.

Lo scopo principale della vaccinazione antinfluenzale dovrebbe essere quello di sviluppare maggiore protezione, nei riguardi anche del coronavirus, ed anche quella di facilitare il riconoscimento del covid-19 senza doverne “confondere” la sintomatologia con i sintomi influenzali. Tutto ciò è discutibile, perché il coronavirus viene verificato con l’uso del tampone e con le indagini sierologiche, mentre non risulta alcun test di verifica per l’influenza e le morti correlate (indagini sierologiche- autoptiche)".

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Prof. Corrado Perricone

Ematologo e già responsabile del Centro di Immunoematologia dell’AORN Santobono Pausilipon, già componente del Consiglio Superiore della Sanità

MD Fabio Perricone

Medicina Clinica e Sperimentale

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