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Cronaca

La rabbia dei precari Covid: "Senza soldi e lontani da casa"

Alessandra, operatrice ATA di Napoli, ci racconta la sua esperienza in provincia di Cremona

Pensavano di aver trovato l’America, un posto di lavoro che potesse soddisfarli e farli vivere con un po’ di tranquillità (seppur per un breve periodo), ma non è stato così. Parliamo delle migliaia di docenti e operatori ATA che, per far fronte alle problematiche portate dal Covid, sono stati assoldati dal MEF e smistati nelle varie scuole d’Italia. Stipendi in ritardo, ferie non pagate, pesanti detrazioni in busta paga e tanti altri nodi da sciogliere per questi precari del Covid che in alcuni casi si sono ritrovati improvvisamente “catapultati” da una parte all’altra del Belpaese, senza soldi e lontani dalle proprie case.

NapoliToday ha raccolto la testimonianza di Alessandra (nome di fantasia), una 31enne di Napoli che è stata chiamata a prestare servizio come operatrice ATA in un’istituto comprensivo della provincia di Cremona.

"Il primo stipendio dopo due mesi"

Il 24 settembre 2020, verso le 10 del mattino, mi arrivò una telefonata durante la quale mi venne chiesto di prendere servizio l’indomani mattina. Accettai e subito dovetti partire per prendere servizio alle 8 del mattino del giorno successivo. Al mio arrivo firmai il contratto Covid che andrà in scadenza il prossimo 8 giugno”, ci racconta.

Ero contenta perché avevo trovato un lavoro, ma i problemi sono arrivati presto – continua la giovane donna - Il primo stipendio, l’ultima settimana di settembre e il mese di ottobre, l’ho percepito solo il 2 dicembre. Se non avessi avuto la mia famiglia alle spalle non lo so a quest’ora che fine avrei fatto”.

"Al Nord la vità è più cara"

Da premettere che abbiamo delle spese – spiega ancora - Prima di tutto siamo lontani dalle nostre famiglie e molti di noi siamo del Sud. Dobbiamo pagare gli affitti, le utenze, dobbiamo mangiare e quì i prezzi non sono quelli di Napoli. La vita è molto più cara. Abbiamo fatto Natale senza tredicesima e i mesi di novembre e dicembre sono arrivati il 26 gennaio. Devo dire che a me è andata pure bene. Sono stata fortunata rispetto ad altri che non hanno ancora percepito nulla e sulle spalle hanno famiglie con bimbi piccoli”.

"Viviamo nell'incertezza più totale"

Ma non ci sono solo ritardi nel pagamenti. Da questi stipendi ci sono stati detratti più di duecento euro mensili di tasse che poi dovremmo recuperare nel 2022, in sede di dichiarazione dei redditi. In sostanza viviamo nell’incertezza più totale. Non sappiamo quando arriverà lo stipendio di gennaio e con i due mesi che sono già arrivati (circa 1800 euro in totale) non si sa quanto riusciremo a campare”, dice Alessandra.

Facciamo capo al MEF, ma inizialmente ci siamo interfacciati con i nostri dirigenti che non sapevano cosa risponderci. Però, capisci bene, che se mi dai lo stipendio dopo tre mesi, con tutte le spese che ci sono, è normale che uno cerchi spiegazioni. Ripeto, ci siamo dovuti far mantenere dalle nostre famiglie per andare avanti”, ha continuato.

"Siamo giovani, stiamo dando il meglio di noi"

Ho fatto il concorso per personale ATA nel 2017 – conclude Alessandra - Prima di essere chiamata mi “arrangiavo” come operatrice in una casa famiglia e nel tempo libero aiutavo mia mamma nel suo negozio. Chiediamo, almeno, di essere pagati puntuali per i prossimi mesi di contratto che restano. Ce lo meritiamo. Siamo quasi tutti giovani, stiamo lavorando e stiamo dando il meglio di noi”.

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