rotate-mobile
Cronaca Torre annunziata

Tentata estorsione al Polo Nautico, condannato Valentino Gionta jr

Confermata la condanna a quattro anni di carcere dopo l'annullamento con rinvio di aprile della Cassazione

Quattro anni di reclusione. La Corte d'Appello per i minorenni ha condannato ancora una volta Valentino Gionta jr, figlio del boss Aldo e del fondatore della cosca di Torre Annunziata, Valentino. Il “rampollo” del clan era tornato dinanzi ai giudici napoletani dopo che lo scorso 16 aprile la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la condanna già inflitta ai suoi danni. I giudici napoletani hanno confermato la pena già inflitta per tentata estorsione aggravata dall'utilizzo del metodo mafioso. I fatti risalgono al 2010 quando Valentino jr. era ancora minorenne ma già capace di estorcere denaro per conto della cosca. Una carriera criminale scritta nel nome che gli è valsa già una condanna ad otto anni di carcere per altri reati, una latitanza e l'attuale detenzione al 41bis. Gionta venne giudicato con rito abbreviato incassando in primo grado una condanna a tre anni di carcere, poi aggravata per i fatti contestatigli.

Si tratta di un tentativo di estorsione ai danni di un imprenditore edile del polo nautico oplontino, chiamato in codice dagli investigatori “Garibaldi” per non svelare la sua identità. Quarantamila euro la richiesta formulata in nome e per conto del clan di cui poteva ritenersi esponente di primo livello visto il grado di parentela con il capo fondatore. Una capacità intimidatoria che ha fatto scattare e persistere durante il giudizio e all'esito della sentenza, l'utilizzo dell'aggravante del metodo mafioso. Metodo per nulla celato dal protagonista della vicenda visto che si era presentato all'imprenditore del cantiere nautico “a nome di quelli di Palazzo Fienga”. Dopo essersi recato sul cantiere sito in Rovigliano assieme a Salvatore Paduano, altro aspirante boss e figlio del killer dei Gionta, Ciro “a bucatura”, formulò la richiesta estorsiva in sella ad una moto col volto coperto da un casco integrale di colore scuro.

Una circostanza che non ha convinto sin dalle prime battute del procedimento i suoi legali Nicolas Balzano e Giovanni Tortora. I due penalisti ritenevano, infatti, inattendibile come prova l'incidente probatorio nel corso del quale l'imprenditore venne chiamato a riconoscere il proprio aguzzino. Secondo la difesa il riconoscimento doveva essere effettuato con le stesse modalità secondo le quali sarebbe stata messa a segno l'estorsione. Una richiesta che venne inoltrata al giudice ma rigettata lasciando inalterato l'unico elemento di prova portato in aula. Vista la scelta del rito abbreviato , infatti, la vittima riconobbe Gionta jr solo nel corso dell'incidente probatorio non dovendo testimoniare nel corso del dibattimento bypassato dalla rituale acquisizione degli atti della pubblica accusa al fascicolo del giudice. Secondo gli inquirenti Gionta jr aveva preso in mano le redini dell'attività estorsiva della cosca dopo gli arresti delle operazioni “Emergency” e “Alta Marea” ai danni di tutti i presunti elementi di spicco della cosca oplontina.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Tentata estorsione al Polo Nautico, condannato Valentino Gionta jr

NapoliToday è in caricamento