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Cronaca

Boss latitante in vacanza a Montecarlo: arrestate 14 persone

L'uomo arrestato nel 2010. La rete di fiancheggiatori gli ha consentito nei sette anni precedenti di "muoversi sia sul territorio nazionale che all'estero". Coinvolto un sacerdote. Al capoclan: "Prego per te"

Sono state arrestate all’alba 14 persone accusate di aver favorito la latitanza di un noto boss del clan dei Casalesi, aiutandolo finanche ad andare in vacanza nel centro di Montecarlo.

Le accuse contestate, a vario titolo, con un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Napoli al termine delle indagini della Dda sono ricettazione, procurata inosservanza di pena, intestazione fittizia di beni e alterazione di documenti d'identità aggravati per aver favorito un'organizzazione camorristica.

Nell'ambito della stessa operazione, la Guardia di Finanza di Aversa sta eseguendo un decreto di sequestro di beni, fra i quali immobili, quote societarie, terreni, autovetture e motoveicoli, riconducibili agli indagati. Sono anche in corso di notifica avvisi di conclusione di indagini preliminari nei confronti di numerose persone indagate nella stessa inchiesta. 

La rete di fiancheggiatori che ha aiutato il boss durante i sette anni della sua latitanza è stata ricostruita con intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione e pedinamento, interrogatori di collaboratori di giustizia, accertamenti patrimoniali e l' analisi della grande documentazione, cartacea e informatica, sequestrata in occasione dell'arresto del Panaro. Dalle indagini è emerso che, oltre ai familiari, l’uomo era aiutato anche da persone ritenute insospettabili in quanto completamente estranee a contesti criminali.

Tra gli arrestati vi è anche un un prete, accusato di procurata inosservanza della pena nei confronti del boss, incoraggiato a più riprese nella sua attività di latitanza da una serie di missive inviategli dal parroco e un dipendente dell'Ufficio Anagrafe del Comune di San Cipriano d'Aversa (Caserta), accusato di avere rilasciato carte d'identità contraffatte con le foto dell’uomo e della moglie e i dati anagrafici del fratello e della cognata dello stesso impiegato.

Secondo l'accusa, grazie a questa rete di fiancheggiatori, nonostante la latitanza il boss riusciva a muoversi sia in Italia, sia all'estero, facendo anche numerose vacanze con i familiari, fra le quali quella nel centro di Montecarlo. L’uomo, inoltre - stando alla ricostruzione degli investigatori - riusciva inoltre a incontrare periodicamente i familiari in una villa con piscina (sottoposta a sequestro) a San Nicola Arcella (Cosenza). Tra i 14 destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere (una delle quali notificata a una persona già detenuta) vi è anche il figlio della proprietaria dell'abitazione di Lusciano (Caserta) dove il boss fu scoperto e arrestato, che forniva al latitante apparecchiature tecniche per la bonifica da microspie. (Ansa)

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