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Di Lauro tradito da una telefonata: "Aveva ruolo attivo nel clan"

Una telefonata, forse più di una. Sarebbero stati i cellulari a stanare Marco Di Lauro, arrestato oggi pomeriggio dopo una latitanza di 14 anni. In conferenza stampa, che si è tenuta nella Questura di Napoli, il questore Antonio De Jesu non ha smentito un collegamento con l'arresto, poche ore prima, dell'autore di un omicidio realizzato a Melito: "Nel pomeriggio - ha dichiarato - c'è stata un'attività febbrile che ci ha consentito di individuare l'abitazione in cui era rifugiato Di Lauro". 

Secondo fonti vicine agli investigatori, l'attività febbrile sarebbe consistita in una serie di telefonate tra gli uomini vicini al boss, in seguito al fermo dell'omicida, anch'egli membro del clan. "L'operazione è scattata nel primo pomeriggio - spiega Ubaldo Del Monaco, comandante provinciale dei carabinieri - Di Lauro era in una casa del quartiere Marianella con la compagna, stava mangiando un piatto di pasta e degli arachidi. Non ha opposto resistenza e la sua prima preoccupazione è stata per i due gatti che erano in casa". 

Nessun capo di imputazione per la convivente del capoclan, che resta in libertà. Intanto, polizia, carabinieri e guardia di finanza stanno stringendo il cerchio intorno ai fiancheggiatori di Marco Di Lauro: "Viveva in una normalissima abitazione presa in fitto. - racconta ancora Del Monaco - Stiamo indagando sul proprietario dell'immobile e su chi lo ha aiutato in questa lunga latitanza. L'uomo era ancora attivo nel clan, un sodalizio molto solido seppur indebolito negli ultimi anni". 

"La sua forza è stata quella di vivere con un bassissimo profilo" ha concluso il questore di Napoli, il quale ha informato che Di Lauro trascorrerà questa notte nel carcere di Poggioreale. 

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