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Cronaca

Casalesi, aggiravano 41bis. Arrestati affiliati e vigili

Secondo quanto è emerso dall'operazione Briseide, erano consentiti colloqui in carcere alle fidanzate dei boss eludendo il regime di carcere duro. Pubblici ufficiali in concorso con la famiglia del boss Bidognetti

La Dia di Napoli, in collaborazione con il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria (Nic), sta eseguendo un' ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di affiliati al clan dei Casalesi.

Nel dettaglio, le ordinanze riguardano pubblici ufficiali del Comune di Casal di Principe che, in concorso con i congiunti del boss detenuto Francesco Bidognetti, soprannominato 'Cicciotto 'e mezzanotté, aggiravano la normativa del carcere duro (41 bis), per consentire colloqui in carcere a persone estranee al nucleo familiare dei detenuti.

In particolare, molti boss – da quanto si apprende - incontravano le loro fidanzate. È quanto è stato scoperto grazie all'operazione Briseide. Arrestati dunque due vigili urbani di Casal di Principe. Secondo l'accusa, obbedendo a Michele Bidognetti, attestarono falsamente che Gianluca Bidognetti, nipote dell'uomo e figlio del boss Francesco, conviveva con la fidanzata in un'abitazione di via Firenze a Casal di Principe.

Espedienti analoghi furono attuati per consentire anche ad altri affiliati al clan, in particolare Aniello Bidognetti, altro figlio di Francesco, e a Vincenzo Letizia, di incontrare le fidanzate. Le donne sono ora indagate a piede libero assieme a tre persone che attestarono falsamente la convivenza.

L'inchiesta, coordinata dai pm Antonello Ardituro, Marco Del Gaudio, Ida Froncillo e Alessandro Milita, fu avviata in seguito all'intercettazione dei colloqui avvenuti nel carcere di Teramo tra Gianluca Bidognetti e i suoi familiari. Gianluca, in particolare, si lamentava di non poter ricevere telefonate dai congiunti, dal momento che l'apparecchio telefonico di casa Bidognetti è intestato al nonno defunto e la direzione del carcere non autorizzava chiamate provenienti da quell'utenza. Tramite lo zio e le sorelle, il figlio del boss mandava un avvertimento all'avvocato difensore: se non fosse riesciuto a fargli ottenere colloqui con la fidanzata, sarebbe stato sostituito.

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