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Ristoranti al chiuso non riaprono, i gestori dei locali: “Siamo discriminati”

La “bozza” del prossimo decreto del Governo sulle riaperture crea più di qualche perplessità nei ristoratori

C’è grande attesa per il prossimo decreto del Governo che sancirà (salvo sorprese dell’ultimo minuto) la riapertura di molte attività, probabilmente, già dal 26 aprile. Draghi, nel corso della conferenza stampa della scorsa settimana, ha annunciato “l’anticipo” di un possibile ritorno della zona gialla, sempre in considerazione della situazione epidemiologico e con regole ben precise.

Bar e le altre attività di ristorazione, ad esempio, potranno lavorare solo all'aperto – al più tardi -  nel mese di maggio; ma, se i dati miglioreranno, dal primo giugno anche al chiuso. Nelle ultime ore, in attesa anche del confronto Stato-Regioni e del parere del Comitato Tecnico Scientifico, il dibattito si è acceso e chi ha disposizione solo locali al chiuso si sente penalizzato.

A Napoli l’allarme è stato lanciato da Massimo Di Porzio, presidente regionale della FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e titolare della pizzeria Umberto a Chiaia. “Aprire solo i locali che hanno tavoli all’aperto è una discriminazione assurda. L’occupazione di suolo non può determinare l’apertura o meno di un locale”, ha detto Di Porzio a NapoliToday.

"Perchè i centri commerciali sì?"

Non capiamo perché, ad esempio, nei mezzi pubblici, nei centri commerciali o nei supermercati si può stare e nei ristoranti no. Noi, comunque, da giugno in poi abbiamo lavorato seguendo un protocollo che abbiamo applicato rigorosamente e nessun problema è stato registrato”, ha continuato.

Poi, un appello al comune nel caso il provvedimento dovesse entrare in vigore: “Nelle guerre le macerie si vedono, in questo caso no. Noi siamo tra le categorie più bombardate. Ci fa piacere che almeno qualcuno possa riaprire, ma ci auguriamo da parte del comune una disponibilità maggiore in quelle zone dove è possibile l’occupazione esterna”.

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