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Affitto, i tipi di contratto per i fuorisede

Il più 'gettonato' è l'accordo transitorio: di solito va da un minimo di sei mesi a un massimo di trentasei. L'inquilino pretenda sempre un contratto registrato e firmato in tre copie

Lavoratore o studente fuorisede, quale contratto scegliere? Il più ‘gettonato’ è quella dell’accordo transitorio: solitamente va da un minimo di sei mesi a un massimo di 36 mesi. Al momento della stipula, deve essere indicato - dal proprietario o dal locatario - il motivo della transitorietà. Solitamente, chi intende lasciare l’immobile deve riferirlo almeno tre mesi prima.

Massimo Pasquini, segretario nazionale dell’Unione inquilini, sull’argomento ha segnalato: “I contratti transitori nei Comuni ad alta densità, in quelli confinanti con i capoluoghi di provincia o in quelli delle aree metropolitane, non sono a libero mercato. Il canone è concordato attraverso accordi tra i sindacati degli inquilini e le associazioni dei proprietari. Sono stabiliti dei minimi e dei massimi. E nessun proprietario può sforare i limiti indicati”.

Occhio alla penna, però: “All’affittuario consiglio di pretendere, sempre, un contratto registrato e firmato in tre copie originali. Una di queste va all’Agenzia delle Entrate, una al proprietario e una resta all’inquilino. Nessun accordo a voce, quindi. Inoltre – ha proseguito Pasquini – se il pagamento del canone di locazione avviene in contanti, è importante farsi lasciare la ricevuta. Altrimenti, meglio effettuare l’operazione attraverso conti correnti o postali. In tal modo, c’è una tracciabilità verificabile. Il che permette di evitare eventuali sfratti del proprietario per presunta morosità. I rapporti scritti – ha terminato – sono quelli che difficilmente portano a dei contenziosi. Prima della firma del contratto, per la verifica dello stesso, meglio rivolgersi a un sindacato”.
 

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