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Vomero

A cura di Gennaro Capodanno

Vomero, crisi del commercio: non solo caro affitti. Bisogna considerare anche cediture e buonuscite

Se un esercizio commerciale, come succede sovente, chiude dopo meno dei sei anni dalla stipula dell'ultimo contratto di locazione, durata minima prevista appunto dalla norma ( art. 27, L. 392/78 ), ciò vuol dire che non può esserci stato l’intervento del proprietario dei locali in questa decisione, il quale potrebbe addirittura vantare numerose mensilità non pagate dall'inquilino moroso

Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari, che segue da tempo le vicende del Vomero, mette in guardia da analisi superficiali e parziali sul problema del terziario commerciale nel quartiere collinare della Città, il primo per numero di esercizi a Napoli. “ E’ troppo semplicistico, come fa qualcuno, addossare le responsabilità della crisi, che comunque è iniziata almeno una quindicina di anni addietro, oltre che naturalmente alla difficile congiuntura finanziaria, che riguarda l’intero Paese, al solo aumento degli affitti per i locali commerciali – esordisce Capodanno -. Certo, in particolare, nelle strade dove sono state create le isole pedonali è stato fatto un bel regalo ai proprietari degli immobili adibiti ad attività commerciali che, alla scadenza del contratto, richiedono ai conduttori cifre da capogiro. Ma il problema non è solo questo, visto che la durata dei contratti è fissata dalla legge ed è di sei anni ai quali si aggiungono altri sei di rinnovo per un totale di 12 anni “.

                “ Se un esercizio commerciale, come succede sovente, chiude dopo meno dei sei anni dalla stipula dell'ultimo contratto di locazione, durata minima prevista appunto dalla norma ( art. 27, L. 392/78 ), ciò vuol dire che non può esserci stato l’intervento del proprietario dei locali in questa decisione, il quale potrebbe addirittura vantare numerose mensilità non pagate dall'inquilino moroso – precisa Capodanno -. Infatti, a meno che non ci siano stati provvedimenti dell’autorità preposta (ritiro della licenza, provvedimento giudiziario o altro ) ciò potrebbe significare che ha trovato applicazione l’art. 36 della legge n. 392 del 27 luglio 1978, laddove prevede che il conduttore possa sublocare o cedere il contratto di locazione, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore solo per “gravi motivi”, ed entro trenta giorni dal ricevimento, può opporsi alla cessione, altrimenti deve accettare il nuovo inquilino col vecchio contratto ovviamente con lo stesso canone locativo “.

                “ Dunque  - prosegue Capodanno - il vero affare in questi casi lo potrebbero aver fatto i conduttori degli esercizi commerciali in questione, i quali, per cedere l’ “attività” che, sovente è diversa da quella che si andrà successivamente a svolgere, ma ciò non inficia il ragionamento visto che l’obiettivo è quello di subentrare nel contratto di locazione al precedente affittuario, potrebbero intascare le cosiddette “cediture o buonuscite” somme che, in base a quanto si vocifera, in alcuni casi raggiungerebbero cifre a cinque zero di euro, e che farebbero parte di un accordo tra le parti non necessariamente soggetto a scrittura pubblica, con cio che ne consegue. Somme delle quali si è sentito parlare nel quartiere come se si trattasse di una sorta di vincita al lotto. E qui bisognerebbe domandarsi da dove proverrebbe questo fiume di danaro, visto anche che da più parti e da tempo corrono voci sulla possibilità che il Vomero sia diventato una sorta di lavanderia per il denaro sporco, derivante da attività illecite ".

                L’unica cosa certa è che la maggior parte dei negozi non fa in tempo a chiudere che dopo pochi giorni riapre, anche se con un’altra insegna - aggiunge Capodanno -. Si racconta anche di gruppi, specialmente nel campo dei pubblici esercizi, che si sarebbero specializzati nella creazione di attività per la somministrazione di cibi e bevande, rilevando esercizi commerciali. Pagherebbero fior di quattrini al conduttore precedente, ben felice di poter continuare a vivere di rendita invece che doversi alzare ogni mattina e attendere alla propria attività commerciale con tutti i problemi e le difficoltà che ciò comporta. Una volta in possesso dell’esercizio, quest’ultimo, attraverso un ulteriore investimento di danaro, verrebbe adibito ad attività rientranti nell'ambito dei pubblici esercizi. Ma ci si è mai domandati il perché del proliferare di esercizi per la somministrazione di bevande e alimenti in un  quartiere come il Vomero, che è un quartiere con caratteristiche residenziali e non certo turistiche, benché, sulla carta, ne abbia la vocazione ? “.

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