rotate-mobile

Vomero

A cura di Gennaro Capodanno

Una pagina della storia del Vomero

Prosegue il percorso sulla storia e sulle tradizioni del Vomero, grazie anche alle fotografie messe a disposizione dalla ditta "Il Chioschetto" di piazza Vanvitelli.Questa volta parliamo di uno dei locali storici del Vomero, "Il Grottino" che si trovava in via Scarlatti.

Una manifestazione, quella della sagra dell'uva, che si svolgeva dinanzi alla trattoria "IL GROTTINO" di Angelo Giuliano, ubicata in un locale posto a piano terra di via Scarlatti nei pressi di piazza Vanvitelli, sotto il vecchio ufficio postale. Nella prima fotografia inserita nel filmato si nota il comitato d'onore della festa, nelle altre i partecipanti alla manifestazione.

Filmato al link:

https://www.youtube.com/watch?v=_JjSHI71oOQ

Ritengo di fare cosa gradita riportando, nell'occasione, un episodio, presente anche su Internet, tratto dal libro "Vomero e Dintorni" di Mimmo Piscopo:

"Il Grottino" di Angelo Giugliano.

Fra gli eventi che catalizzarono l'attenzione degli abitanti del Vomero, ci fu, purtroppo, un grave fatto di sangue.

Sui locali di ristorazione del Vomero ho parlato in altri capitoli, ma credo che sia necessario prestare una particolare attenzione al "Grottino".

Esso era ubicato in un terraneo di Via Scarlatti, quasi in Piazza Vanvitelli, proprio sotto il vecchio ufficio postale; alla prima stanza seguiva la cucina ed un giardino con pergolato che si affacciava sulla parallela via Solimena. Accanto al "Grottino" sorgeva la pescheria "Il golfo di Pozzuoli", rinomata per la freschezza del prodotto che offriva a privati e pubbliche istituzioni, come alberghi e cliniche.

"Il Grottino" era gestito da Angelo Giugliano originario di Palma Campania - un suo germano gestiva un'altra cantina, in Via Massimo Stanzione, sotto l'insegna di "'0 Palmese" - . Erano entrambi di rubicondo aspetto e di carattere affabile, mite e genuino, come le pietanze che offrivano ai commensali. L'atmosfera che si respirava in quel locale era quella di una buona famiglia.

Il locale era sottoposto al piano stradale ed era, volutamente, poco illuminato, per non stordire con la luce abbagliante l'intimità che si respirava. "'Ngiulino", quando gli era richiesto, oppure quando lo riteneva necessario, illuminava il locale con una flebile lampadina oppure con delle romantiche candele.

Gli avventori erano sempre gli stessi e, forse, non chiedevano neppure la lista delle portate, perché si comportavano come i componenti di una famiglia che, al massimo, chiedono: "Che si mangia, oggi?". Tra essi ricordiamo: il fioraio Capodanno, proprietario del chiosco liberty in piazza, un giornalista, lo scrittore Mario Balzano, una coppia di inseparabili fratelli conosciuti come noleggiatori di lussuose auto da cerimonia, un distinto signore, appassionato pittore, che svolgeva mansione di direttore di sala in occasione di ricevimenti da "Daniele", "Sangiuliano" o "Romeo". Non mancava qualche impiegato, qualche scapolo o studente e Totonno il tagliaboschi, del Vomero vecchio, che in gioventù era stato un promettente pugile nonostante una accentuata sordità.

I tavoli singoli, con l'aggiunta di assi di legno, operavano il miracolo e divenivano più lunghi, rettangolari o ovali, per poter accogliere i ritardatari. Secondo una antica tradizione contadina, le pietanze venivano poste al centro del tavolo per consentire a ciascuno di assaporare e poi ordinare. Tutti, senza imbarazzo, allungavano la forchetta o il cucchiaio ed assaporavano.

II locale era intriso di buoni odori, misti al profumo del

vino. Si gustavano con l'olfatto, ancora prima di assaporarli, la frittura di alici, il baccalà, la pasta e fagioli, i "friarielli" con le salsicce, mastodontici filoches. Tutto era condito dalla

simpatia e dall'amicizia.

Poi venne il triste giorno in cui Angelo fu aggredito da due giovinastri che intendevano sottrargli il modesto incasso.

Angelo, agitandosi nella sua mole, rese difficile il compito ai suoi aggressori, reagendo vivacemente, anche perché aveva riconosciuto in uno di essi il rampollo di una buona famiglia del quartiere.

Non si parlava di altro, anche perché Angelo era conosciuto ed amato.

I due incauti malfattori furono arrestati, ma non ci fu il tempo di gioire perché il povero Angelo, che senza accorgersene aveva avuto il fegato trafitto, rese l'anima a Dio.

Chiaramente il locale chiuse fra il dolore dei frequentatori, segnando la fine di un'epoca.

Si parla di

Una pagina della storia del Vomero

NapoliToday è in caricamento