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A cura di Redazione NapoliToday

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"Veleno", intervista al regista Diego Olivares: "Racconto un'umanità ammalata e sopraffatta"

"Un film piuttosto che un documentario perché, al posto dell’ennesimo, allarmante, elenco di dati, abbiamo preferito raccontare la storia dal punto di vista di uno di loro, di una delle tante vittime di questo disastro ambientale". L'intervista di NapoliToday

Dopo il grande successo alla 74esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il regista Diego Olivares presenta il film “Veleno” a Casal di Principe. L’evento, che si terrà venerdì 22 settembre presso l’ITC "Guido Carli”, sarà dedicato a tutti gli studenti del casertano. All’incontro parteciperanno il sindaco Renato Natale, il procuratore antimafia Giuseppe Borrelli, la senatrice Rosaria Capacchione e il giornalista anticamorra, Sandro Ruotolo, insieme al cast e al produttore, Gaetano Di Vaio, della Bronx Film. “L’idea di coinvolgere i ragazzi dell'ITC nella proiezione del film “Veleno" - ha dichiarato l’Assessore Ambiente, Cultura e Sviluppo economico di Casal di Principe, Mirella Letizia - parte dalla volontà di sostenere con forza la denuncia di tutti i crimini contro l’ambiente, e di promuovere a muso duro l'impegno delle nuove generazioni nella valorizzazione del territorio. Sosterremo sempre di più il rispetto per la terra NOSTRA - ha proseguito l’Assessore -, la stessa terra fatta di eccellenze e di tipicità che da qualche anno a questa parte, come amministrazione stiamo difendendo e promuovendo”.

Veleno”, nelle sale cinematografiche dal 14 settembre, racconta proprio il dramma di quelle terre, tra Napoli e Caserta, martoriate dalla camorra e avvelenate dallo sversamento abusivo di rifiuti tossici. Olivares porta sul grande schermo il dramma della Terra dei fuochi raccontandolo attraverso la storia “simbolo” di una coppia di contadini del casertano che si batte per impedire che i loro terreni diventino una discarica per rifiuti tossici. Tra i protagonisti, oltre ai bravissimi attori napoletani Luisa Ranieri e Massimiliano Gallo, anche Salvatore Esposito, il Genny Savastano della serie tv “Gomorra”.

L’intervista di NapoliToday al regista del film, Diego Olivares.

“Veleno” racconta il dramma della Terra dei Fuochi attraverso la storia “simbolo” di un contadino che produceva eccellenze agroalimentari nella sua terra intossicata dalle discariche abusive e che muore per un carcinoma allo stomaco. Il film ha preso spunto oltre che dal vissuto della sorella di uno dei produttori, Gaetano di Vaio, anche da una minuziosa ricerca sui dati relativi ai reati e all’incidenza dei tumori in queste aree. Come mai un film e non un documentario o un docufiction per raccontare questa realtà?

“L’attività di documentazione c’è stata ed è stata lunga ed interessante ma è servita a conoscere il retroterra, lo sfondo su cui innestare la nostra storia, che, per quanto legata a fatti realmente accaduti, è e resta comunque un film di finzione. Non sono un documentarista e certo non ho l’ambizione di poter fornire allo spettatore risposte o, peggio, soluzioni. Massima aspirazione, quella di far sorgere qualche domanda, qualche dubbio, nella testa di chi guarda. Se ciò accadesse allora potrei ritenere di aver già raggiunto un obiettivo importante. Un film piuttosto che un documentario perché, d’accordo con il produttore, al posto dell’ennesimo, allarmante, elenco di dati, abbiamo preferito raccontare la storia dal punto di vista di uno di loro, di una delle tante vittime di questo disastro ambientale. E così, da dato statistico, quel contadino residente nel perimetro di quella che una legge dello stato ha ribattezzato ‘Terra dei Fuochi’, è diventato Cosimo Cardano, il marito di Rosaria…Con lui abbiamo provato a raccontare il suo mondo, lavoro, famiglia, amici e nemici…”.

Il film è stato girato nelle zone realmente contaminate del casertano, fra cui anche una vera discarica abusiva sequestrata. In questo modo avete mostrato la realtà di quei luoghi senza nessun tipo di filtro. Avete trovato resistenze per realizzare questo film?

“Abbiamo parlato con i contadini e con le Istituzioni locali, abbiamo raccontato le nostre intenzioni e ci siamo fatti raccontare le loro esperienze. No, non abbiamo trovato ostacoli ma anzi, senza la loro collaborazione questo film non lo avremmo mai realizzato”.

Il nome del film, “Veleno”, si riferisce solo ai rifiuti tossici che hanno contaminato la Terra di fuochi o anche a qualcos’altro?

“Il veleno contamina, direi che è questo il punto di partenza del film, contamina la terra, i corpi e le anime. È una umanità dolente, grigia, ammalata o rassegnata, in ogni caso sopraffatta da un veleno che forse non è più solo quello dei roghi tossici”.

Il film mette al centro del suo racconto anche la fragilità dell’animo umano e mostra come, talvolta, si possa cadere facilmente in tentazione tradendo i propri valori. Se, infatti, da una parte abbiamo la coppia di contadini (Massimiliano Gallo e Luisa Ranieri), simbolo dei valori genuini e dell’amore per la propria terra, che non si fanno piegare dalle minacce dei camorristi; dall’altra c’è il fratello del protagonista che, attratto dai facili guadagni, decide di essere complice della devastazione dei loro territori. A mettersi in mezzo tra i due fratelli c’è una figura molto ambigua ma centrale del film: Rino Caradonna (Salvatore Esposito). Quanto è importante il ruolo di Rino all’interno del film?

“Il veleno che produce la malattia di Cosimo, produce pure la corruzione di Ezio e dunque la sua definitiva perdita d’identità. Bene e male vanno a braccetto, s’intrecciano, come spesso accade nei piccoli centri, abitano la stessa casa. Rino Caradonna è la faccia depressa del male. È depressa da una ricchezza che ormai lo soffoca in un ruolo da interpretare. Frustrato dall’impossibilità di autodeterminarsi, di decidere del proprio destino, apparentemente carnefice ma in realtà anch’egli vittima, violato da una terra che ha violato…”.

Il finale è privo di una vera e propria denuncia, è lasciato sospeso. Ci spiega la scelta di questo finale? Quali sono gli interrogativi che lo spettatore si dovrebbe porre al termine della visione del film?

“Il finale è privo di denuncia, semplicemente perché, al contrario di come molti hanno ritenuto, non ho voluto fare un film di denuncia ma raccontare, in fondo, la storia di un grande amore. Amore tra Rosaria e Cosimo, amore per la propria terra, la propria identità…Il finale resta sospeso tra la preghiera e il perdono, tra la rassegnazione e la speranza. Che cosa potremmo diventare o forse che cosa stiamo già diventando, secondo me potrebbe essere una bella domanda da lasciar affiorare uscendo dalla sala, ma ce ne potrebbero essere altre”.

Come è stato accolto il film alla Mostra del cinema di Venezia?

“Con grande calore da parte del pubblico e apprezzamento della critica, davvero al di là di ogni mia più rosea aspettativa”.

Quanto ha inciso sulla riuscita del film l’interpretazione degli attori?

“Determinante come sempre. Un cast di grandi professionisti che però ha lavorato mettendoci cuore e anima, come questa storia richiedeva”.

Il film è al cinema dal 14 settembre. Si aspetta che riscuota questo grande successo anche nelle sale cinematografiche?

“La speranza è sempre l’ultima a morire ma le aspettative sono altra cosa, perché fanno i conti con la realtà, e la realtà distributiva di alcuni segmenti del cinema italiano ha purtroppo più di un problema”.

Un’ultima domanda… Ritornando alla questione “Terra dei fuochi”, secondo lei ci sono speranze per queste terre controllate e avvelenate dalla camorra? Qualcosa cambierà mai?

“Come dicevo prima… La speranza è sempre l’ultima a morire… Ma siccome chi di speranza vive disperato muore… Mi auguro che pian piano la gente capisca l’importanza vitale dell’ambiente in cui tutti viviamo”.

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