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A cura di Redazione NapoliToday

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Denti mancanti, come agisce l’implantologia: l’intervista al dott. Vincenzo Bifaro

"Oggi, grazie all'implantologia, è possibile restituire il sorriso a quelle persone che avevano perso i denti e compromesso l’estetica del proprio volto, abbandonando una volta e per tutte la loro protesi mobile“. L'intervista di NapoliToday

La mancanza di uno o più denti può compromettere la spontaneità di un sorriso. La paura che, quando si parla o si sorride, si notino spazi vuoti o protesi mobili che si muovono, può, talvolta, danneggiare la qualità della vita e dei rapporti sociali. La perdita di uno o più denti (esclusi quelli del giudizio - intendiamoci -, che mai devono essere sostituiti se persi) lascia degli spazi che, non solo possono guastare il sorriso, ma diventare la causa di slittamenti di altri denti con serie conseguenze sulla fisiologia della bocca. Una masticazione alterata, ad esempio, può causare il collasso delle parti del viso: più si lascerà passare tempo senza che il dente perduto venga rimpiazzato, più sarà possibile che si sviluppino rughe e solchi, causando un prematuro invecchiamento. In questi casi si deve ricorrere al più presto ai ripari rivolgendosi ad uno specialista. Una delle principali soluzioni a questo tipo di patologia è l’implantologia: un trattamento atto a reintegrare denti mancanti senza dover ricorrere a ponti tradizionali o dentiere, mediante degli impianti dentali immessi all’interno dell’osso mascellare. Ogni impianto dentale è dotato di una solida radice in titanio che garantisce resistenza e durabilità nel tempo. Ripristinare uno o più elementi è fondamentale per prevenire tutta una serie di possibili conseguenze negative per la bocca.

NapoliToday ha approfondito l'argomento nell'intervista al dott. Vincenzo Bifaro, Odontoiatra e Specialista in Chirurgia Odontostomatologica.

Cosa è l’implantologia e quando si ricorre a questo tipo di intervento?

“L’ implantologia si occupa della sostituzione dei denti (persi per cause patologiche o traumatiche) attraverso l'immissione di impianti dentali, ossia viti intraossee che simulano le radici dei denti naturali, e usate poi per ancorare una corona protesica singola, un ponte o una protesi totale. Solitamente, gli impianti sono a forma di vite e sono realizzati in titanio puro, materiale biocompatibile coi tessuti. Il titanio viene utilizzato grazie alla sua esclusiva caratteristica di unirsi direttamente all’osso mediante un processo chiamato “osteointegrazione”. La scelta dell’impianto dentale è chiaramente legata alla tipologia di patologia riscontrata, alle condizioni anatomiche, e all’adattamento funzionale. L’impianto è comunemente formato da tre parti: una vite in titanio, che viene inserita direttamente nell’osso, il pilastro, che è la parte di interconnessione e che emerge dalla gengiva, e la corona o la protesi parziale/totale, realizzate in diversi materiali. E’ dunque, oggi, possibile grazie all'implantologia restituire il sorriso a quelle persone che avevano perso i denti e compromesso l’estetica del proprio volto, abbandonando una volta e per tutte la loro protesi mobile”.

Quali sono le tecniche chirurgiche moderne?

“Esistono numerose tecniche chirurgiche, in grado di facilitare o anche rendere possibile l’applicazione di impianti dentali laddove con altre tecniche sarebbe stato complesso. Interventi per la risoluzione delle edentulie totali (mancanza globale dei denti), come “All on four” o altre tecniche di immissione di impianti inclinati, permettono oggi riabilitazioni di pazienti, anche in presenza di gravi deficit e di creste ossee atrofiche (quantità di osso inadeguato per posizionare normalmente gli impianti), salvaguardando allo stesso tempo zone anatomiche nobili, come seni paranasali o terminazioni nervose. Ci sono poi interventi di riabilitazione implantoprotesica, sempre quando si è in presenza di creste ossee atrofiche, che prevedono l’applicazione di impianti “zigomatici”, ossia impianti posizionati direttamente sull’osso zigomatico.Infine, c’è l’implantologia computer guidata, una tecnica sempre più incalzante, che permette una minore invasività delle procedure chirurgiche ed un maggiore confort per il paziente. Il tutto è programmato precedentemente all’intervento. Il paziente dopo delle impronte preliminari, si sottoporrà ad una radiografia in 3D applicando una mascherina precedentemente costruita. I risultati ottenuti, associati e combinati ad un software, permetteranno poi la costruzione di una mascherina chirurgica ed una protesi, la prima guiderà precisamente l’intervento con il posizionamento delle viti implantari nelle sedi prescelte, la seconda sarà subito dopo consegnata e fissata agli impianti del paziente. Dunque tempi chirurgici ridotti, maggior confort, minore edema, e protesi immediata”.

Come si procede quando un paziente ha la necessità di ripristinare uno o più elementi dentari?

“Il paziente può tranquillamente rivolgersi al suo odontoiatra, o allo specialista da cui ha intenzione di farsi seguire. Dopo un’attenta visita clinica, accompagnata da una minuziosa anamnesi, ed un’analisi radiografica con uno status radiologico, radiografie in 2D ed in 3D, è possibile valutare il piano di trattamento da eseguire.Si procede dunque a valutare le condizioni generali del paziente, si fa una valutazione intraorale dei tessuti molli e della condizione parodontale, si valuta la situazione occlusale, le strutture mascellari e mandibolari, e si valutano clinicamente e radiologicamente i limiti anatomici da rispettare. L’esame radiologico è fondamentale per stabilire la qualità e la quantità di osso residuo: ci permette infatti di valutare profondità e spessori ossei da trattare, e quindi il tipo di vite implantare o l’intervento da eseguire”.

Implantologia a carico immediato e a carico differito. Quali sono le differenze, e quando si ricorre all’una e all’altra?

“L’implantologia a carico immediato è una tecnica che consente al paziente di riavere denti fissi nella stessa seduta di posizionamento degli impianti. Quando si parla di implantologia a carico immediato e carico differito si intendono due diverse pratiche implantologiche usate in odontoiatria: la differenza tra le due metodologie va proprio ricercata nei tempi di realizzazione dell’intervento. Attraverso la metodica a carico differito il medico deve necessariamente attendere un periodo variabile dai 3 ai 6 mesi per poter applicare la protesi dopo aver inserito gli impianti all’interno delle ossa mascellari o mandibolari del paziente. Con l’implantologia a carico immediato, invece, l’inserimento degli impianti e l’applicazione della protesi avvengono contestualmente nella stessa seduta operatoria. Gli impianti inseriti attraverso la tecnica del carico immediato si osteointegrano proprio come quelli caricati tradizionalmente, garantendo stessa stabilità e stesso successo anche a distanza di tempo. In ogni caso, entrambe le tecniche sono valide e funzionali nonostante si tenda a prediligere la tecnica del carico immediato (quando ovviamente ci siano possibilità e condizioni), che consente al paziente, in un’unica seduta, di ripristinare le funzioni degli elementi dentari e di ristabilire una perfetta estetica del sorriso. In genere caricare protesicamente subito gli impianti rappresenta oggi la soluzione ottimale nei casi in cui vi è una perdita parziale o globale dei denti. Tuttavia, per poter utilizzare a pieno questa tecnica, l’impianto deve avere un’ottima stabilità nell’osso, e solo dopo un'attenta diagnosi dell’odontoiatra si potrà stabilire se praticare il carico immediato o fare poi un carico differito”.

Quanto tempo ci vuole prima che la protesi diventi definitiva?

“Anche nei casi in cui si decide di caricare e protesizzare subito il paziente dopo aver messo gli impianti, quindi nel carico immediato, sarà sempre necessario attendere circa 6 mesi, affinché ci sia un completo rimodellamento ed un ripristino dei tessuti molli trattati chirurgicamente, prima di procedere poi ad una protesi definitiva. Nel carico differito, salvo particolari indicazioni dovute al caso specifico, si attendono circa 2/3 mesi per la protesizzazione degli impianti posizionati all’arcata inferiore, e circa 4 mesi per l’arcata superiore, per una differenza riconducibile alla qualità ed alla consistenza ossea della mandibola e del mascellare superiore. Si preferisce attendere poi dai 6 ai 9 mesi, in caso di impianti applicati in zone di osso rigenerato”.

Quali sono i materiali utilizzati?

"Il materiale per eccellenza - come già detto precedentemente - è il titanio. Gli impianti dentali, nonché le componenti protesiche, sono costituiti da titanio di grado 4, ad elevate prestazioni meccaniche, con una forma a vite, arricchita da spire autofilettanti, che ne garantisce un migliore ancoraggio durante l’applicazione. E’ un metallo altamente biocompatibile coi tessuti umani, non tossico, non corrodibile per un fenomeno che ne determina uno strato di ossido superficiale, chiamato passivazione, che impedisce la reazione all’infiammazione. Per questo motivo si definisce un metallo con una funzione “osteointegrante”. Negli ultimi anni sono stati introdotti sul mercato e disponibili all’odontoiatria attuale, impianti e componentistiche protesiche in ossido di zirconio, materiale con notevoli proprietà biologiche e meccaniche, che pare addirittura produca una risposta infiammatoria inferiore al titanio. E’ chiaro che il titanio resta il materiale d’eccellenza, ma le evidenze scientifiche, ci spiegano come l’ossido di zirconio sia un’opportunità per il presente ed il prossimo futuro”.

Queste protesi richiedono un controllo particolare?

“Il controllo deve essere periodico e semestrale, come per un controllo dei denti naturali in assenza di patologie parodontali, talvolta anche radiografico, per una valutazione più approfondita delle regioni sottostanti, come le strutture ossee di sostegno che contornano l’impianto, o le strutture di connessione protesica. Dovrà poi avere cura il paziente nella sua pulizia domiciliare quotidiana, illustrata dal proprio odontoiatra od igienista dentale, mediante l’uso dello spazzolino, filo interdentale e collutorio”.

Possibili controindicazioni dell’implantologia?

“Per semplicità distinguiamo controindicazioni relative (pazienti a cui è possibile l’mplantologia, ma con la dovuta cautela) ed assolute (pazienti che dovrebbero evitare questo trattamento chirurgico) al trattamento implantare. Nelle relative riconosciamo eventuali pazienti con patologie ai tessuti duri e molli, come i tumori benigni ad esempio. Questi ultimi rendono talvolta impossibili l’implantologia, anche se dopo la loro rimozione ed un’attenta valutazione, potrebbero comunque candidare il paziente a questo tipo di trattamento. Pazienti con problemi ai tessuti molli, come collagenopatie, da valutare a seconda dello stadio della malattia. Pazienti che hanno subito recenti estrazioni, che andranno valutati dopo un’adeguata guarigione con radiografie, per il tipo di intervento a cui sottoporsi. Pazienti irradiati a basso dosaggio, che possono sottoporsi a trattamento implantare, aumentando i tempi di attesa dopo la chirurgia, poiché guariscono lentamente. Pazienti affetti da discrasie ematiche (leucemia, emofilia, porpora trombocitopenica idiomatica ecc.) che saranno trattati a seconda delle condizioni generali di salute. Pazienti che fanno un abuso di alcool, droghe, tabacco,  e dunque pazienti con una minore resistenza alle infezioni (- 30%), che dovrebbero evitare per almeno circa 2/3 settimane queste sostanze, prima di procedere. Infine pazienti con patologie croniche, quali diabete, ipertensione ecc, che andrebbero trattati su base individuale e solo se queste patologie sono ben compensate.  Le controindicazioni assolute all’implantologia sono di sicuro per i pazienti irradiati con alte dosi, superiori ai 500 rads; per i pazienti psichiatrici gravi; per i pazienti con disordini ematologici-sistemici (artite reumatoide); per i pazienti con malattie croniche “scompensate”  come il diabete scompensato; e per pazienti che hanno fatto utilizzo, o utilizzano periodicamente farmaci bisfosfonati, prevalentemente per via endovenosa o intramuscolare”.

Quanto è importante la prevenzione per non rischiare di ricorrere a questo tipo di intervento?

“Sottoporsi periodicamente a visite di controllo e richiami di igiene professionali, semestrali, o anche trimestrali qualora il quadro clinico parodontale lo imponga, è di sicuro il primo passo. In caso di una patologia parodontale avanzata, la conservazione degli elementi dentari è sicuramente condizionata dall’eventuale trattamento del parodonto (rappresentato da tutti i tessuti che circondano il dente e che ne condizionano la stabilità e la mobilità). Talvolta la levigatura radicolare mediante courettage o interventi di chirurgia parodontale, potrebbero aiutare a stabilizzare la patologia, rallentando il processo distruttivo dell’osso intorno ai denti. Anche il trattamento dei denti compromessi da terapie odontoiatriche incongrue è fondamentale per evitare un’eventuale perdita di questi ultimi. Il risparmio biologico dettato dalla conservazione dei propri denti, rimarrà senza dubbio il miglior compromesso raggiunto, e solo nel caso di un’impossibilità di recupero di un elemento dentario, allora si potrà valutare per una riabilitazione su impianti”.

Quali sono i costi approssimativi per questo tipo di intervento?

“I costi possono essere variabili a seconda del tipo di trattamento che bisogna affrontare, e andrebbero valutati individualmente da paziente a paziente e da caso a caso. L’obiettivo finale, il risultato da raggiungere e i materiali da utilizzare, soprattuto per ciò che riguarda la riabilitazione protesica che si vuole eseguire sugli impianti, possono fare la differenza in termini di costi finali. E’ fondamentale affidarsi ad un odontoiatra esperto, e specialista in questa disciplina della chirurgia orale, evitando di individuare il professionista sulla base di preventivi e costi a ribasso”.

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