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A cura di Laura Bufano

"'A verità nun esiste": parola di Don Giuann

Una serata particolare quella della prima del “Don Giuann” al Teatro Sannazaro

Una serata particolare quella della prima del “Don Giuann” al Teatro Sannazaro, nel giorno in cui il governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha bandito una nuova Ordinanza per la recrudescenza del Covid-19.

Napoli si ferma, accusa il colpo. A Teatro l’impatto, con una platea distanziata e con la mascherina, è forte, la lunga storia del Sannazaro non ricorda niente di simile.

E’ il debutto napoletano del regista lauretano della Compagnia de “Il Demiurgo”, Franco Nappi, che mette in scena il “Don Giuann”, tragicommedia in un canovaccio di Commedia dell’Arte. Il Demiurgo gioca con un grande classico riallestendo in ambito contemporaneo una trama nota al pubblico e lo fa in modo comico e paradossale inserendo diverse abilità ricche di mimica e pantomimica.

Il sipario si apre con una musica che comunica la forza di un’opera buffa che sconfina nel tragico, è quella del genio di Mozart. Sul palco Sganarello, il vulcanico Andrea Cioffi, servitore e complice di Don Giovanni che rivela immediatamente il suo disagio: “Ci vuole coraggio per avere coraggio” e beve, beve tanto e in ogni occasione per convivere con  la paura. Ed eccolo Don Giovanni, Alessandro Balletta, bello come il sole, elegante, con la leggerezza e il fascino del male. Arriva anche Donn’ Elvira, Chiara Vitiello che racconta la sua storia, sempre attuale,  del suo innamoramento e dell’abbandono che ha subito da Don Giovanni. L’uso della lingua napoletana ben si sposa con i dialoghi anzi mette in evidenza sia la loro comicità che la  tragicità. Il pubblico del Sannazaro viene coinvolto, ci sono tante risate e  applausi a scena aperta. Esilarante l’incontro tra due prede di Don Giovanni, la contadina Carlotta, ben proposta dalla eclettica Roberta Astuti e   Antonio Torino che interpreta in modo veramente divertente la rivale.

Don Giuann incontra donne di tanti tipi  e ne subisce sempre  il fascino ed è sempre pronto con il suo repertorio di conquista, complice Sganarello che cerca però di convincere in tutti i modi il padrone a cambiare vita senza sortire nessun risultato. Don Giuann ha ucciso, ha disonorato Donn’ Elvira, provoca una persona pia a dire bestemmie in cambio di denaro, parla male del padre e non sopporta le prediche della madre. Pagherà con la morte le sue scelte, ma prima tanti lo incalzano e allora finalmente libera il suo pensiero sulla falsità per giungere a stanare l’ipocrisia negli altri con un messaggio semplice: tutti sono o vorrebbero essere come Don Giuann, mentre invece lo condannano con una maschera di ipocrisia. La verità non esiste, esistono gli schemi nei quali siamo abituati a ragionare e dai quali scaturiscono i nostri pregiudizi. Fa capire tutto questo il nostro Don Giovanni grazie alla comprensione che  Moliere riesce ad avere dell’uomo e della società del XVII sec.

Con un salto temporale arriviamo al XX sec. Ecco cosa scrive Luigi Pirandello: “Perché nulla è più complicato della sincerità. Fingiamo tutti spontaneamente, non tanto innanzi agli altri, quanto innanzi a noi stessi; crediamo sempre di noi quello che ci piace credere, e ci vediamo non quali siamo in realtà, ma quali presumiamo d’essere secondo la costruzione ideale che ci siamo fatta di noi stessi".

A distanza di tempo, l’argomento viene ripreso e messo in scena dal Demiurgo. Il regista approda a Napoli nel segno della novità e della fantasia. Lo spettacolo merita di essere visto e applaudito. 

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