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La buona novella

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A cura di Nicola Clemente

Per chi è stanco delle narrazioni pessimistiche su Napoli, ecco uno spazio dedicato a tutto ciò di positivo che la città può raccontare

La buona novella

Quando la volontà supera ogni disabilità: Giacomo Alvino, l'artista che scrive con il ginocchio

Una tetraparesi spastica da anossia gli impedisce di articolare parole, di camminare e di avere un controllo completo dei movimenti del proprio corpo, ma Giacomo Alvino non si è perso d'animo e ha raggiunto grandi traguardi lavorativi e si sta cimentando nella regia del suo primo spettacolo teatrale

Giacomo Alvino è un eclettico stilista e scrittore di 47 anni, che per comunicare con il mondo esterno ha bisogno di uno strumento tecnologico manovrato dal ginocchio, tramite il quale utilizza il computer. Tutta colpa di una tetraparesi spastica da anossia, manifestatasi dopo il parto e trascurata dai medici, che gli impedisce di articolare parole, di camminare e di avere un controllo completo dei movimenti del proprio corpo. Ciò non ha fermato Giacomo e non gli ha impedito di diplomarsi come tutti gli altri a 19 anni, di affermarsi nel mondo della moda con collaborazioni prestigiose (con Gattinoni), di scrivere libri e di mettere in scena la sua prima opera teatrale, il NidoBianco 2.0, in programma al Teatro “Il Piccolo” di Fuorigrotta da venerdì 25 a domenica 27 ottobre.

Protagonisti dello spettacolo Al Bettini, Alessandra Carrillo, Andrea Papale e Raffaele Taddei, per la regia di Giacomo Alvino, anche autore e costumista dell’opera e di Michele Cesari.

-Giacomo, come nasce l'idea di NidoBianco e che importanza riveste il superamento dei condizionamenti imposti dalla società (in questo caso nella sessualità) per vivere in maniera serena con il proprio io più profondo?

"Dopo aver assistito ad un monologo di Michele Cesari a teatro. In realtà ha riacceso quella scintilla che avevo dentro fin da piccolo, ho sempre amato il palco, la sua energia magnetica… il desiderio di calcare in qualsiasi modo quelle tavole, ma dato che i miei “problemucci” motori hanno ostacolato questa ambizione, ho cercato di cimentarmi nella drammaturgia. Avevo bisogno di esprimere tante idee, tanti pensieri che ho dentro sulle persone, sulle difficoltà della vita. Fabio, il protagonista di NidoBianco 2.0, è un ragazzo che non riesce a diventare uomo perché, bloccato dalla moralità, dai preconcetti e dalla severità che lo circondano, non è libero di essere se stesso, non si accetta. I condizionamenti della società hanno un ruolo devastante sulla persona nella sua totalità. Fabio è “costretto” ad affrontarli ed a superarli per poter rimettere a posto la sua vita. Ho perso amici omosessuali perché si sentivano sporchi... diversi dalle loro "famiglie perfette": avevano paura anche solo di guardare negli occhi i genitori e... hanno preferito togliersi la vita. Spero, con tutto me stesso che NidoBianco2.0 dia la forza ai ragazzi di dire: "Mamma, papà... sono gay!”.

-Cosa intende per illusione della famiglia NidoBianco e qual è il messaggio che vuole far passare a chi vive questo travaglio interiore?

"L’illusione della famiglia NidoBianco è rappresentata da Claudia, la moglie di Fabio. La sua sfrenata ambizione nasce da ciò che il mondo stesso le ha inculcato. Il desiderio di realizzare gli obiettivi che la società le impone la porta a respingere la realtà fino alle estreme conseguenze. E questo la farà fallire dal realizzare la sua famiglia NidoBianco. L’outing dovremmo farlo tutti, non solo gli omosessuali! Le persone dovrebbero avere la libertà di accettarsi, e poi anche quella di affermarsi per quelle che sono".

-Parliamo della sua disabilità...

"Io ho una tetraparesi spastica da anossia. In pratica quando stavo per nascere mi stavo affogando con il cordone ombelicale ma i medici sottovalutarono la sofferenza e le parole di mia madre, perdendo troppo tempo. Questo ha comportato dei danni irreparabili in alcune zone del mio cervello per cui non posso articolare parole, ma solo emettere fonemi, e ho un controllo molto relativo sui movimenti del corpo, quindi non posso camminare, prendere oggetti… Riesco ad alzare bene la gamba destra. Con questa gamba aziono un sensore collegato alla sedia a rotelle tramite il quale utilizzo il computer. In realtà oggi è una tecnologia sempre più diffusa tanto che molti non sanno di averla disponibile su computer e smartphone, ma quando ho iniziato… allora sì che era fantascienza".

- La disabilità fisica non le ha impedito di raggiungere importanti traguardi...Ci racconta quelli di cui è maggiormente fiero?

"A 19 anni mi sono diplomato come qualsiasi ragazzo di quella età in una normalissima scuola, con la stessa commissione di professori dei miei compagni, utilizzando il computer. Era il 1992, sembrava fantascienza. Tanto più qui, a Napoli. Poi la mia passione mi ha portato a studiare come stilista di moda. Vedendo le mie capacità (come quelle di altri miei compagni) gli insegnanti mi diedero l’opportunità di fare uno stage presso la prestigiosa casa di moda romana Gattinoni. Con loro ho collaborato per alcuni anni. Una volta a Parigi decisero di realizzare e presentare un abito completamente disegnato da me. Fu straordinario! Un abito tutto mio, con il mio nome, a Parigi!
Per alcuni anni poi ho insegnato stilismo di moda ed altre materie collegate. Entusiasta della mia storia un mio amico, l’editore Tullio Pironti mi esortò a scrivere un’autobiografia e… ho fatto anche questo! Ora il teatro. Ci tengo a dire però che per il mio modo di essere non avrei mai potuto fare tutte queste cose così, come un gioco. Ho sempre voluto fare tutto con la massima serietà, studiando, facendomi seguire dai professionisti dei vari ambiti che ho approcciato. Così come per la messa in scena di NidoBianco 2.0 sto collaborando con Michele Cesari".

-Progetti futuri in programma?

"Vorrei studiare regia. Il teatro mi è sempre stato familiare, però devo costruirmi delle basi solide per proseguire questa strada che mi sta già regalando delle sensazioni intense. Purtroppo non potrò formarmi fuori dall’Italia perché non sono autosufficiente, neanche economicamente; ma per una volta vorrei dare fiducia a Napoli che, umanamente mi è stata vicina, lavorativamente… un po’ meno".

Giacomo Alvino, Nido Bianco 2.0

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