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Sabato, 20 Aprile 2024
La buona novella

La buona novella

A cura di Nicola Clemente

Per chi è stanco delle narrazioni pessimistiche su Napoli, ecco uno spazio dedicato a tutto ciò di positivo che la città può raccontare

La buona novella

Mahieux: "Il mio Oscar l'ho vinto la prima volta in palcoscenico. Ora sogno di recitare per Almodovar"

Dalla fame nera dopo la morte del padre quando aveva 10 anni, agli esordi con Mario Merola, sino ai riconoscimenti per 'L'imbalsamatore" di Garrone. Nel libro 'Un attore perbene' di Ignazio Riccio l'artista ripercorre tutta la sua carriera

"Un attore perbene. Ernesto Mahieux: sogno, talento e perseveranza", ripercorre la carriera di un formidabile interprete della scena cinematografica e teatrale napoletana e nazionale. Nel libro scritto da Ignazio Riccio con Caracò, Ernesto Mahieux mette a nudo pensieri e aspirazioni, aprendo lo scrigno dei ricordi. L'attore ripercorre la propria vita, gli affetti familiari, la dipartita prematura del papà, l'incidente sul lavoro, fino al grande successo ne 'L'imbalsamatore' di Matteo Garrone, che non voleva interpretare inizialmente. "Preferivo personaggi positivi, quello non mi piaceva affatto", racconta a NapoliToday Mahieux. A convincerlo ci ha pensato, per la fortuna di tutti i cinefili che hanno visto e rivisto il film, i figli. Il resto è storia, il David di Donatello come miglior attore non protagonista (pur essendolo a tutti gli effetti) e il successo internazionale della pellicola cinematografica. Una vetta importante di una carriera lunghissima.

La morte del papà e la passione per la recitazione

La passione del padre per la musica e il teatro hanno orientato Ernesto Mahieux verso la recitazione. La sua infanzia fu però abbastanza triste, dovendo iniziare a lavorare da giovanissimo per la prematura scomparsa del papà. "La mia infanzia è stata triste. Ho perso mio padre a 10 anni. L'ho vissuto poco. Ho conosciuto la strada, ho dovuto lavorare presto. C'era la fame nera. Ho saltato parte dell'infanzia e tutta l'adolescenza. Sono dovuto diventare subito uomo", ci confida. Sul lavoro perse anche alcune dita della mano, che gli furono amputate da un macchinario. Lo sconforto fu fortissimo, ma grazie ad un bambino ricoverato in ospedale, assieme a lui, al quale avevano amputato la gamba capì che c'era tutta la vita da vivere e che non aveva senso lamentarsi.

"Merola incantevole e genuino"

Continuò a perseguire il suo sogno recitando in piccole compagnie "underground". La prima svolta nella sua carriera arrivò agli inizi degli anni ottanta con l'ingresso nella compagnia di Mario Merola, interpretando, al suo fianco, ruoli importanti in alcune sceneggiate di rilievo "Giuramento", "Torna" e "Guapparia". "Merola è stato un grande amico. Abbiamo lavorato assieme cinque anni tra cinema e teatro. Era una persona incantevole. Era dotato di grande umanità. Come lo vedevi davanti alle telecamere, così era dietro le quinte. Era genuino in tutto ciò che faceva. C'era grande feeling tra noi. Merola non era un divo. Eppure la gente all'epoca pur di farsi una foto con lui non so cosa avrebbe dato. Gli portavano i bambini per le foto, un po' come si fa oggi con Papa Francesco", prosegue Mahieux.

Il successo de "L'imbalsamatore"

Lasciata la compagnia di Merola, nel prosieguo della sua carriera l'artista ha recitato con alcuni tra i più grandi registi del panorama italiano. In "Maccheroni" con Ettore Scola, al fianco di Marcello Mastroianni e Jack Lemmon, in Ternosecco di Giancarlo Giannini, in Fortapàsc di Marco Risi, dedicato alla figura di Giancarlo Siani e ne "Il Sindaco del Rione Sanità" di Mario Martone, solo per citarne alcuni. Ma come detto la grande ribalta Mahieux la ottenne con "L'imbalsamatore" di Garrone. "Avevo dubbi se interpretarlo perchè andava contro le mie idee. Volevo evitare personaggi negativi, ma i miei figli mi hanno fatto ragionare e si parlava comunque di una storia tratta da un fatto di cronaca. Le soddisfazioni ottenute con il David di Donatello sono state enormi, anche perchè le ho raggiunte dopo 33-34 anni di carriera. Avevo fatto film importanti, ma non avevo ancora ottenuto il successo cinematografico che mi ha dato quel ruolo. Le mie perplessità erano che il film potesse intaccare la mia carriera teatrale. Per fortuna sono stato convinto a farlo. Divento famoso per "L'imbalsamatore". Sono passati 20 anni dal film e oggi ancora se ne parla, è molto visto e non passa giorno che non ricevo complimenti per quella pellicola cinematografica", ci racconta.

Rimpianto Eduardo

C'è solo un cruccio nella carriera di Mahieux: "L'unico dispiacere che forse ho nella mia carriera è quello di non aver recitato con Eduardo De Filippo. Avevo firmato un contratto per tre film con Merola e mi fece chiamare Eduardo. Fui felicissimo avrei voluto fare cinema di mattina e poi teatro con il direttore De Filippo. Ma lui disse no "Fatti il film", voleva l'esclusiva purtroppo. Quindi oggi posso solo dire di essere stato ad un soffio dal lavorare con il Maestro". 

Sogno Almodovar

"Mi piacerebbe lavorare con Almodovar, è un regista che stimo moltissimo, magari gli arriverà questo messaggio. Ho avuto comunque la fortuna di lavorare di recente con Mario Martone, che considero uno dei più grandi registi europei e la prefazione che ha scritto sul libro mi fa commuovere ogni volta che la leggo. Non credevo che potesse avere questa stima sconfinata nei miei confronti", ci rivela l'artista.

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"Un Attore perbene"

"Ho scelto Mahieux come protagonista del secondo libro della collana Storie e testimoni di Caracò (il primo era Senza maschere sull'anima dedicato a Gianluca Di Gennaro), dopo averlo conosciuto sul set di Gramigna, visto che curavo la comunicazione della casa di produzione del film. Ernesto ha grandi valori da trasmettere alle giovani generazioni, il talento, la perserveranza, andare contro gli stereotipi. Lui è riuscito ad emergere raggiungendo livelli altissimi in un'epoca nella quale gli attori più considerati erano Girotti e Mastroianni. Nel cinema non circolano personaggi così puri. Ernesto in "Gramigna" era disponibile anche nei confronti dei più giovani, non si chiudeva nel camerino. Ha un'umiltà unica. Vedere le sue emozioni mentre raccontava le cose che ha vissuto è stato davvero toccante per me", ci racconta l'autore del libro, Ignazio Riccio, collaboratore de Il Giornale.

"L'attore passa, l'uomo resta, sono sempre stato di questa teoria. Ignazio Riccio ha scelto come titolo del libro 'Un attore perbene"  perchè dice che è difficile trovare persone come me, disponibili e modeste, nonostante le soddisfazioni ottenute. Mi ritengo fortunato, perchè sono riuscito a fare il mestiere che volevo. Poi tutto ciò che è venuto dopo, riconoscimenti, premi, popolarità, è tutto in più. L'Oscar l'ho ottenuto quando ho messo per la prima volta il piede sul palcoscenico", conclude Mahieux. 

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