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In giro con Antonia

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A cura di Antonia Fiorenzano

Arriva al cinema Il Cattivo Poeta con Castellitto che mostra l’altra faccia del mito di D’Annunzio

Il film diretto dal regista napoletano Gianluca Jodice racconta l’ultimo anno di vita del Vate scardinando i pregiudizi che l’hanno bollato come fascista. Sergio Castellitto: “Non è esistito un personaggio più amato in vita e più vilipeso e massacrato negli anni successivi alla sua morte”

Le luci delle sale cinematografiche si sono riaccese e Sergio Castellitto è protagonista de Il Cattivo Poeta del regista napoletano Gianluca Jodice dove interpreta il Vate, Gabriele D'Annunzio.

E’ il primo dei grandi titoli italiani a uscire nella data simbolica della ripartenza dell’industria cinematografica nel nostro Paese, aggiungendo ulteriori aspettative a un film da tempo atteso soprattutto perché scardina l’idea di un D’Annunzio fascista, pregiudizio diffuso in anni e anni di distorsioni storiche e informazioni alterate che hanno contribuito ad alimentare un mito visto in chiave negativa.

E’ un personaggio straordinario che è stato estremamente contestato come traditore. Credo che non sia esistito un personaggio più amato in vita e più vilipeso e massacrato negli anni successivi alla sua morte, basti leggere cosa dicevano gli intellettuali del dopoguerra. Elsa Morante diceva che era un imbecille, mentre Pasolini lo detestava. Se c’è, poi, un poeta assimilabile a D’annunzio è proprio Pasolini; entrambi sono stati poeti-soldati, i primi ad uscire dalla trincea, a prendere il colpo in fronte” dichiara Sergio Castellitto parlando del suo personaggio.

Gabriele D’Annunzio non si è fidato di Benito Mussolini e ha disprezzato profondamente il Fascismo, infatti, tra i due c’è sempre stata un’inimicizia: “Tra Mussolini e D’Annunzio si susseguono sottili schermaglie, perché d'Annunzio fascista non lo è stato mai. D’altronde, come avrebbe potuto il suo slancio libertario e anticonformista affiancare lo spirito piccolo borghese e violento del fascismo? Questo il Duce lo sapeva bene” commenta il regista noto per essere stato tra i registi della serie 1992 e del film a episodi Napoli 24.

La storia del film

Gabriele D’Annunzio è stato poco raccontato dal cinema e ne Il Cattivo Poeta si sceglie di mostrare un D’Annunzio inedito, diverso dall’immagine creata quando lo si studia tra i banchi di scuola. Jodice sceglie di raccontare l’ultimo anno della sua vita quando appare stanco, quasi depresso, ritirato nel suo regno del Vittoriale. Un uomo fragile ben lontano dalle gesta di Fiume, dalla lussuria che avvolge le sue relazioni con le donne e dalle sregolatezze.

Nell’Italia del 1936, il Vate vive attendendo la fine finché non gli viene messo in casa un giovane federale, Giovanni Comini. Lo zelante federale è lì per controllarlo, per verificare che non dica e non scriva cose che possano dare fastidio al regime in quanto lui già iniziava a manifestare rabbia e risentimento per il fatto che Mussolini si stesse allenando con Hitler, intuendo quanto sarebbe stata catastrofica per l’Italia. Per Mussolini il poeta continua ad avere un forte peso mobilitando le masse: è un intoccabile, per il suo essere poeta internazionale, intellettuale europeo ed eroe di guerra. Qualsiasi parola di d'Annunzio potrebbe far tremare il fascismo e compromettere le strategie politiche di Mussolini. Dalla presenza di Comini, D’Annunzio trova un ultimo impulso vitale, convincendosi che le sue azioni potrebbero ancora cambiare le cose…

Un film classico per raccontare un D’Annunzio crepuscolare

E’ un biopic basato su fatti storicamente accertati. Una ricostruzione meticolosa di un’epoca con l’idea di restituire quell’estetica e il rigore del cinema classico che, come ammette Jodice, ha l’andamento di un thriller: “Ho cercato una regia pulita, controllata, che sapesse far parlare eventi e personaggi. Una luce scolpita, dal taglio antico, con un ritmo di montaggio che prendesse anche lui a modello la classicità dei grandi film storici. Un film a colori, ma con il rigore e l'eternità del bianco e nero”.

Controllo che è presente anche nel costruire insieme a Castellitto un D’Annunzio crepuscolare. Per raccontare quella fase inimmaginabile quando si parla di lui dove anche i suoi eccessi e vizi hanno perso vitalità, con Castellitto si è lavorato molto in sottrazione. “D’Annunzio è un personaggio tracotante, un vero showman, per cui il rischio di cadere in un’interpretazione gigionesca era dietro l’angolo, ma con Sergio abbiamo lavorato con molta attenzione per evitare che si andasse verso quella direzione. Abbiamo calibrato ogni singolo gesto, ogni sguardo, per dare l’idea di quanto fosse appesantito dalla vecchiaia, ormai malinconico per l’uomo che è stato e che ora non è più” spiega Jodice e che trova in Castellitto il suo interprete ideale “Con Sergio ci siamo voluti subito bene. Lui ha molto amato la sceneggiatura. Il lavoro con lui è stato tutto in discesa”.

Castellitto è un attore eclettico che offre sempre interpretazioni lontane dagli stereotipi. Non è la prima volta che dà vita a personaggi realmente esistiti immedesimandosi in uomini complessi.

Il suo D’Annunzio è controcorrente, dà corpo a un uomo che ha avuto mille vite esaltanti ma ormai è segnato e che vive un presente sofferente, incarnando quella mal tollerata fragilità e che si affanna a nascondere.

Per l’attore che è al termine delle riprese a Napoli di Non ti pago di Eduardo dove è ritornato a lavorare con Edoardo De Angelis dopo il successo di Natale in Casa Cupiello, recitare in questo film è stata un’avventura eccezionale: “Mi sono tagliato i capelli perché se chiudi gli occhi la prima cosa di D’Annunzio a cui si pensa, è il cranio pieno di immaginazione, pericolosità, crudeltà. Lui era un genio, un uomo che ha fatto della propria vita la sua avventura. D'Annunzio non è solo un autore a tutto tondo, ma è soldato, è eroe, è atleta. Un uomo che è stato tutto e che ha preso tutto dalla vita, assorbendo la filosofia, la religiosità e anche i pettegolezzi”.

Un film girato al Vittoriale

Per Il Cattivo Poeta Gianluca Jodice ha deciso di non utilizzare flashback che facessero riferimento al passato dello scrittore fatto di fasti e gloria scegliendo di andare dalla parte opposta in quel momento finale dove tutto è già accaduto in cui lui non fa più nulla dato il deperimento fisico fatto di malanni reali e presunti, in quanto D’Annunzio è stato anche un ipocondriaco: “Introdurre dei flashback sarebbe stato troppo grossolano. Tutto quello che c’è stato in quella vita gloriosa trapela solo nel presente, in quel auto-esilio che ha scelto di vivere al Vittoriale”.

Il Vittoriale è una parte essenziale del film: il produttore Matteo Rovere che con la sua Groenlandia insieme ad Andrea Paris ha prodotto la pellicola, ha posto come unica condizione che il biopic dovesse essere girato davvero al Vittoriale.

Tutto al Vittoriale è stato conservato come quando è morto. Gli attori si muovono tra i mobili e gli oggetti che sono appartenuti al poeta, recitando in quelle stanze che rappresentano tutto ciò che lui è stato. “Girare al Vittoriale ha inciso su tutta la realizzazione del film. Se non avessimo potuto girare lì, probabilmente, non ci sarebbe stato il film. Sarebbe stato impossibile ricostruirlo. Riprodurre quelle stesse atmosfere sarebbe stato impensabile e, non avrebbe avuto senso. Decisiva è stata l’approvazione dello storico Giordano Bruno Guerri, presidente fondazione Vittoriale che l’ha chiuso per tre settimane visto che è diventato un museo dandoci, così, l’opportunità di ‘giocare’” dichiara Jodice.

Le riprese al vero Vittoriale non è l’unico legame tangibile con la realtà. Il Cattivo Poeta è stato costruito con dettagli precisi e veritieri quasi come se fosse un documentario dove di romanzato c’è poco e nulla, cosa che potrebbe esercitare appeal verso il pubblico di oggi coinvolgendolo in una storia che volutamente non cerca riferimenti con la contemporaneità.

La fascinazione del copione sta proprio nell’inserire le parole scritte dal poeta in lettere, articoli e testi. Una ricerca filologica accurata dove il suo rapporto con Comini (interpretato da Francesco Patané al suo primo ruolo cinematografico) è stato ricostruito partendo dal diario del federale fascista e dalle lettere che scambiava con Achille Starace, segretario del Partito Fascista che gli aveva dato l'incarico di sorvegliare D'Annunzio.

Perché un film su D’Annunzio oggi?

L’immagine di D’Annunzio chiuso in questa ‘casa’ che ha fatto a sua immagine e somiglianza ha animato le fantasie giovanili di Gianluca Jodice che l’ha portato a voler scrivere e dirigere questa storia che segna il suo esordio in un lungometraggio di finzione. “Fin da ragazzo sono stato attratto dalla figura di D’Annunzio, auto recluso in una specie di castello di Dracula, circondato da ossessioni, perversioni, donne e cocaina. Un poeta che aveva anche perso la sua voce, disilluso e depresso, un che ha subito una marginalizzazione come pochi altri nel Novecento, un personaggio scomodo, contraddittorio, complesso che però il cinema non aveva mai raccontato" rivela il regista napoletano “Il tramonto di un poeta offriva immagini filmiche e poi c’era anche qualcosa che rimandava ai film di vampiri. Lui poi come aspetto somigliava un po' a Nosferatu”.

E’ un film sul rapporto conflittuale che c’è tra potere e l’arte con la libertà che quest’ultima esige. Una dicotomia reiterata in ogni epoca, del resto, come afferma lo stesso Jodice: “A volerlo interrogare bene, qualsiasi pellicola storica parla più dell’epoca in cui è stata fatta che dell’epoca di cui narra”. Anche Sergio Castellitto è dello stesso parere e aggiunge: “Le opere quando sono riuscite dicono sempre qualcosa sul presente, ma qui c'è soprattutto il coraggio di parlare di futuro attraverso un'archeologia" .

Attori teatrali per un film che spia dal buco della serratura

Oltre a Castellitto e al suo giovane coprotagonista Francesco Patanè, buona parte degli attori provengono dal teatro come Fausto Russo Alesi e i napoletani Massimiliano Rossi e Lino Musella, scelta che Gianluca Jodice non ha fatto casualmente: “Quando gli attori teatrali funzionano bene davanti alla macchina da presa a me piace molto. Poi, nella natura del film è insito qualcosa di teatrale, già l’ambientazione al Vittoriale con i tendaggi delle sue stanze dove si muovono i personaggi che sembrano fantasmi, fa pensare a un palcoscenico con le sue penombre”.

Attori che contribuiscono a dare al film un sapore di altri tempi e che, per certi versi, rimanda alle classiche spy story. Il D’Annunzio de Il Cattivo Poeta deve essere spiato e anche se lui non ne ha piena certezza di ciò, lui sfugge dagli sguardi di quelle spie che sanno restare in disparte.

Seguendo queste suggestioni, alcune scene sono realizzate come se solo lo spettatore fosse autorizzato ad assistere il cedimento fisico, condividendo in segreto gli stati d’animo di D’Annunzio ormai debole: “E’ vero, Gabriele D’Annunzio è sempre osservato. Lo sguardo dello spettatore è accompagnato dagli occhi del giovane Comini che a sua volta è spettatore per la prima volta”.

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