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In giro con Antonia

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A cura di Antonia Fiorenzano

Diritto all’aborto: “Alle donne serve amorevolezza, non privazione”. Intervista alla dottoressa Alfano

Dopo la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha affermato che la regolamentazione dell’aborto, in quanto materia controversa, deve essere lasciata ai singoli Stati e ai suoi eletti rappresentanti. Per ora sono nove gli Stati che hanno vietato l’aborto

Dopo la decisione della Corte Suprema degli USA e i flash mob di protesta avvenuti anche a Napoli per richiedere un aggiornamento della legge 194 parliamo con la psicoterapeuta napoletana sui meccanismi psicologici che emergono in un momento così cruciale capendo quanto sia essenziale migliorare le funzioni dei consultori e potenziare un’educazione sessuale nelle scuoleIl 24 giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha capovolto la storica sentenza Roe v. Wade sostenendo l’assenza di un diritto costituzionale all’aborto.

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha affermato che la regolamentazione dell’aborto, in quanto materia controversa, deve essere lasciata ai singoli Stati e ai suoi eletti rappresentanti. Per ora sono nove gli Stati che hanno vietato l’aborto.

Non ci si può fare a meno di interrogarsi sulle conseguenze di questa sentenza che scatena una pioggia di riflessioni anche da noi.

In Italia siamo così distanti dagli Stati Uniti? Nel nostro Paese quanto si può dare per scontato il diritto all'aborto? Domande che potrebbero sembrare assurde ma che vengono dietro a una decisione che induce verso la conclusione che i nostri diritti potrebbero essere messi in discussione e rievocati all’improvviso.

La legge 194

La voglia di difendere i diritti e di gridare no alla contestata sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti hanno portato a manifestazioni di protesta. Anche a Napoli non sono mancati flash mob per esprimere solidarietà alle persone che stanno vedendo negati i propri diritti, come quello all’aborto. Attiviste e attivisti sono scesi in piazza non solo per quello che accade negli USA, avendo percepito questa scelta come un preoccupante campanello d’allarme, ma anche per ripuntare i riflettori sulla legge 194.

La legge 194 è stata una conquista rendendo l’aborto legale in Italia, cosa che ha permesso alle donne di decidere sul proprio corpo e sulla propria vita, ma, soprattutto, ha reso l’aborto una pratica medica sicura.
Però, attualmente, la 194 è una legge che viene applicata a singhiozzi principalmente nel Sud Italia: nella nostra regione l’88,8 % dei medici è obiettore di coscienza; in Campania il numero di centri IVG e consultori presenti sono inadeguati e poco efficaci. Inoltre, chi sceglie di rivolgersi alla sanità pubblica per interrompere la gravidanza va incontro a una prassi complessa e interminabile aggravata da liste d’attesa troppo lunghe portando, necessariamente, verso strutture private perché spesso con i tempi degli ospedali pubblici si superano i limiti consentiti dalla legge.

In queste settimane ritorna in auge la richiesta di aggiornare la 194 per vietare la presenza di medici obiettori in qualsiasi struttura sanitaria. Gli attivisti hanno colto l’occasione per ribadire il bisogno di programmi di educazione sessuale in cui si parli di salute sessuale e riproduttiva spiegando cosa sia l’aborto; la necessità di investimenti per potenziare i presidi sanitari territoriali e i consultori.

 L’aspetto psicologico

In questo clima di proteste e di lotte per continuare ad affermare diritti e assicurarsi che quelli conquistati non vengano inaspettatamente spazzati via, è inevitabile chiedersi che ruolo gioca l’aspetto psicologico ed emotivo in donne e ragazze durante un momento così delicato.

Ne parliamo con la dottoressa Carolina Alfano, psicologa, psicoterapeuta di Gestalt e Analisi Transazionale e docente presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Igat di Napoli. Da anni, la dottoressa Alfano collabora nelle scuole, non solo formando gli insegnanti, ma lavorando molto con bambini e adolescenti, affrontando l’educazione sessuale e temi come l’interruzione della gravidanza.

Dottoressa Alfano, una scelta come quella della Corte Suprema degli USA adottata già in nove Stati che vietano l’aborto è un atto invasivo che lede la libertà di scelta delle donne del XXI secolo.  Anche se lontano da noi, la prospettiva che un diritto così essenziale e simbolico per le donne quanto incide sulla sfera psicologica femminile?

“Nel leggere la notizia sulla scelta della Corte Suprema, per quanto il tutto sia avvenuto oltreoceano è chiaro che ha una risonanza. Sicuramente finisce per farci interrogare sulla ‘possibilità di scelta’ della donna. Non entro nel merito se l’aborto sia etico o meno, pongo l’attenzione su quelle che sono e possono essere le storie personali di ogni singolo, che non possiamo conoscere, e delle motivazioni che possono spinge ad una scelta del genere: abortire. C’era questo detto che dice, parafrasando: prima di giudicare indossa le scarpe dell’altro e camminaci per un tempo, solo così possiamo realmente capire cosa spinge un individuo ad agire in quel modo.”

Da quando è arrivata la notizia in Italia si sono puntati i riflettori, mai in realtà spenti, sulla legge 194. Una conquista per le donne italiane degli anni ’70 ma che nel 2022 ha ancora delle zone d’ombra con la presenza di consultori insufficienti e con servizi parziali che sembrano offrire interventi inefficaci e che non offrono il reale supporto richiesto e previsto dalla legge. Quali sono oggettivamente le défaillances?

Il consultorio è un presidio delle ASL che tutela e promuove la salute psico-fisica e sociale dell’individuo. Molte persone, donne, ragazze, spesso non sanno a chi fare riferimento e su chi appoggiarsi. Il consultorio dovrebbe garantire un sostegno psicologico, medico, sociale, e nel caso di una interruzione di gravidanza favorire un percorso che consenta una scelta più consapevole, e sostenga la persona. Spesso, però, ci si perde dietro una burocrazia che finisce per allungare i tempi e il malessere, e altra problematica è che spesso l’utenza supera di gran lunga il numero del personale a disposizione. In più, penso che circoli anche una sfiducia per la lunghezza delle tempistiche e la poca tempestività nel poter essere seguiti che fa sì che ci si rivolga al privato, nel caso in cui se ne abbia la possibilità economica.”

Alcune settimane fa anche a Napoli sono stati organizzati flash mob che hanno messo in risalto un altro lato controverso della 194: l’attesa determinata dall’iter lungo al quale devono essere sottoposte le donne che si rivolgono alla sanità pubblica per interrompere la gravidanza dove, il più delle volte, si relazionano con il personale medico – sanitario obiettore il quale mostra un approccio, per loro, inevitabilmente giudicante. Ciò come può segnare il percorso psicologico ed emotivo?

“La donna che sceglie di abortire spesso sente che non può fare altrimenti, vuoi per cultura, per educazione, per storia di vita e altro. Questo implica sensi di colpa, conflitti interni e se di fronte abbiamo una persona che ha un atteggiamento critico anziché aiutarci a prendere una decisione quanto più ‘consapevole’, potrebbe solo peggiorare il processo di scelta. La donna in questione, potrebbe lasciarsi convincere e decidere di non abortire più, ma questo poi potrebbe essere il risultato di un adattamento, perché il medico o lo psicologo, è visto come un genitore giudicante. Non sarebbe comunque una scelta consapevole. Un medico, uno psicologo, chiunque esso sia, dovrebbe coltivare un atteggiamento di ascolto senza giudizio e rispettare la scelta della paziente frutto di un lavoro di consapevolezza”.

Ci sarebbe anche da tenere conto che molte donne scelgono l’aborto perché costrette dagli eventi. Il paradosso della libertà di intraprendere una strada come unica soluzione anche questo è un elemento determinante. Qualora venisse negata o giudicata, ha un impatto su una donna…

 “La non scelta, o sentire di non avere nessuna possibilità, crea in generale nella persona impotenza, conflittualità, il sentire che non si può fare altro. Ciò implica un atteggiamento che può sfociare in depressione o forte resa. È ovvio che nel caso della non possibilità di scelta potremmo avere anche delle azioni che diventano dannose: nel caso di una donna che non può scegliere liberamente, potrebbe farsi del male, far del male al bambino, nel caso venga costretta a tenerlo. Non è una novità che donne, sentendosi impotenti fanno male a loro stesse, o ai loro bambini, visti spesso come un loro prolungamento. La cronaca è piena di storie del genere”.

La consapevolezza e la presa di coscienza che fattori giocano con il passare del tempo? Soprattutto, in quale stato si trova una donna e una ragazza in età più adulta?

“Ovviamente facciamo una discrimina: sicuramente la cognizione di una donna adulta è diversa da quella di una ragazzina. La prima dovrebbe avere (dico dovrebbe in uno sviluppo normale) una maturità e delle esperienze a tratti consolidate che creano un bagaglio e anche una differente capacità nell’affrontare le difficoltà. Una giovane donna può essere carente di esperienza, sottovalutare ciò che si appresta a fare, senza avere una lungimiranza circa le ricadute psicologiche che un aborto può avere. È pur vero che per età una ragazza riesce anche più facilmente a superare un’esperienza del genere: perché ha più tempo avanti, per la giovane età si è portati a metabolizzare prima gli eventi. In ogni caso, credo sia sempre necessario un accompagnamento e un sostegno per evitare che si svaluti o minimizzi la scelta che ci si appresta a prendere.”

Consapevolezza legata alle giovanissime. Un tema delicato in cui appare debole un’educazione. Come andrebbe affrontato anche nelle scuole?

“Lavoro spesso con i giovani nelle scuole. Al giorno d’oggi, dove l’informazione, grazie ai mezzi informatici è fruibile nell’immediato, mi sono meravigliata nel sentirmi porre domande del tipo: “ma l’aborto è contraccezione?!”. Porto questo esempio perché c’è la necessità di affrontare con i giovani temi circa la sessualità, proprio perché possono accedere alle informazioni, ma non c’è ancora quella capacità critica che spesso è mutuata e mediata dagli adulti di riferimento. Non si può impedire a i giovani di commettere errori, ma informarli è necessario; noi adulti: psicologi, insegnanti, genitori, educatori, abbiamo il dovere di farlo. Il sapere protegge.”

Proprio con le ragazze potrebbe essere più significativa la funzione dei consultori.

“Credo che incontrare di più le persone sul territorio, fisicamente, attraverso l’informazione sia un buon canale per sensibilizzare e non far sentire sole le persone. Ci sono tante donne giovani, ma anche più adulte che per vergogna, per non conoscenza, non sanno cosa fare, a chi rivolgersi, finendo per tenere la bocca chiusa, o entrare in quel vortice di depressione, ansia, solitudine, che spinge poi a fare danni soprattutto a loro stesse”.

Da donna qual è il suo punto di vista dopo che ha appreso la notizia della corte suprema?

“Quando ho appreso la notizia della Corte Suprema, quello che ho sentito è stato un potenziale rischio. Dando una visione più allargata, non esiste solo l’aborto “tengo o non tengo” questo bambino; ci sono tanti aborti che sono terapeutici avvengono per malformazioni gravi al bambino, oppure perché si è subito abusi intrafamiliari, extrafamiliari, ecc… Esistono tanti casi e situazioni. Ripeto, non voglio entrare nel giudizio di etica o non etica, ma credo che quando viene negata una scelta, non si eviti la cosa in sé, ma, aumentando la disperazione, il rischio è di farsi molto male e di affidarsi a chiunque purché si risolvi il “problema”. Le persone disperate, compiono gesti disperati. Serve amorevolezza, non privazione per donne che stanno soffrendo e che comunque  porteranno con loro le cicatrici di questa scelta.”

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