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A cura di Redazione

Alessandro Borghese ricorda il padre: "Mi manca ogni giorno"

"Il ragù lo metteva a cuocere la mattina presto perché, diceva, deve pensare. Ha fatto una gran bella vita, e l'ha fatta fare anche a me"

Poco più di un mese fa Alessandro Borghese ha perso il suo amato papà, Luigi Borghese, imprenditore di origine napoletana, marito per più di 30 anni di Barbara Bouchet. "Papà, per me, è svegliarmi con l’odore del ragù sul fuoco. Da quando avevo otto-nove anni, la domenica mattina, saltavo giù dal letto presto per guardarlo cucinare il grande pranzo di famiglia. Parliamo della cucina partenopea, che gli aveva insegnato nonna Concetta: papà era da sartù di riso, da casatiello, da schiaffone in pummarola; il ragù lo metteva a cuocere la mattina presto perché, diceva, “deve pensare”. È stato lui a iniziarmi al mondo gastronomico".

In una lunga intervista a Vanity Fair, lo chef Borghese lo ricorda così: "Sono stato fortunato perché mio padre me lo sono vissuto tanto: eravamo legatissimi, forse perché ci somigliavamo molto. Quando è nato mio fratello, io avevo già 14 anni ed è stato naturale passare ancora più tempo insieme. Da buon napoletano, aveva mille attività e mi portava con sé ovunque. Aveva iniziato vendendo arance a 9 anni al casello autostradale perché veniva da una famiglia senza mezzi: erano 13 tra fratelli e sorelle, e suo padre, pilota di macchine da corsa, era morto giovane in pista. Lui stesso aveva la passione per i motori e me l’ha trasmessa: aveva una scuderia di moto e correvamo insieme. Si era fatto da solo, prima commerciando in autoricambi, poi aprendo una casa d’aste di quadri e tappeti, e dopo aver sposato mia madre anche una casa di produzione cinematografica. Io lo seguivo e lo osservavo muoversi, mi ha cresciuto nella strada: aveva la terza media ma ci sapeva fare con la gente. Era charmant e con le donne aveva una galanteria d’altri tempi, da sciupafemmine napoletano. Quando negli anni Settanta incontrò mia madre, un’immigrata cecoslovacca arrivata da poco in Italia per fare l’attrice, perse completamente la testa ma la dovette corteggiare per mesi. Di lei era geloso, certo, ma prevaleva l’orgoglio: guardate pure mia moglie, tanto è mia moglie".

E ancora: "Era un sognatore e, quando mi vedeva cucinare in televisione, mi diceva: “Io ogni tanto mi chiedo, ma cumm’hai fatto?”. Non si capacitava, non perché dubitasse delle mie capacità ma perché si lasciava sorprendere dalla vita. Era malato papà, da dieci anni aveva un linfoma non Hodgkin, un cancro al sangue, ma si comportava come se non lo fosse; appena si riprendeva da una crisi, diceva che stava bene, saltava sulla macchina e veniva a Milano. Una notte, si era ricoverato la sera prima per una crisi, non ha superato una complicazione respiratoria e la mattina non c’era più. Senza di lui è tosta, ma si va avanti. Mi manca ogni giorno ma, se penso a papà, non posso proprio essere triste: ha fatto una gran bella vita, e l’ha fatta fare anche a me".

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