Ugo Russo e quel piccolo dettaglio chiamato Legge
La settimana di Pasqua ha riacceso il dibattitto cittadino sulla triste vicenda del 15enne morto nel 2020 dopo aver tentato una rapina. A 26 mesi dai fatti non si hanno notizie sull'inchiesta della magistratura che vede un carabiniere indagato per omicidio volontario
Le feste di Pasqua hanno visto un ritorno in auge del dibattito sulla vicenda di Ugo Russo, il ragazzo di 15 anni morto nel 2020, ucciso dai proiettili esplosi da un carabiniere fuori servizio. La processione di Pasquetta con l'effige del giovane ha riacceso la diatriba cittadina su buoni e cattivi, su chi merita la salvezza e chi, invece, la condanna eterna.
E' opportuno ricordare brevemente i fatti. Nella notte del 1 marzo 2020, Ugo e un suo complice si sono avvicinati a un'automobile per tentare una rapina agli occupanti del veicolo, con in mano una pistola giocattolo. Alla guida c'era un carabiniere fuori servizio. La rapina non è andata a buon fine, i ragazzi si sono allontanati, il militare ha sparato colpendo mortalmente Ugo. E' in corso un'inchiesta della magistratura che vede il carabiniere indagato per omicidio volontario. A quasi 26 mesi dai fatti, non se ne conoscono i progressi.
E sono 26 mesi che la città è divisa tra chi sostiene che Ugo non meriti compassione né giustizia perché se l'è cercata e chi, invece, dipinge il ragazzo come una vittima della società e dell'abuso di potere delle forze dell'ordine. Una polemica ravvivata dalla processione del lunedì in albis che ha prodotto nuovi titoli di giornali, nuove dirette social di politici e nuove levate di scudi.
Una polemica che cerca ossessivamente di tracciare una stucchevole linea dove da un lato ci sono i buoni e dall'altro i cattivi. Che cambiano a seconda della prospettiva d'osservazione. Da una parte c'è chi segue il pregiudizio che le forze dell'ordine siano i buoni sempre e comunque e, al contempo, che tutti i ragazzi che prendono strade sbagliate nei quartieri popolari siano i cattivi; dall'altro controbattono con un altro pregiudizio, cioè che le forze dell'ordine siano prepotenti endemicamente, a fronte della purezza di tutti i ragazzi che prendono strade sbagliate per colpa della società e dello Stato assente. Sarebbe inutile cercare di far dialogare due fronti che chiaramente sono inconciliabili.
La domanda da porsi è se esiste un piano, superiore a quello delle due parti, che non faccia leva sull'emotività. La risposta è sì, esiste. Si chiama Legge. L'espressione "se l'è cercata" non è riportata da nessuna parte nel nostro ordinamento giuridico. E la frase "occhio per occhio dente per dente" ci riporta a un diritto tribale dal quale, fortunatamente, ci siamo affrancati da un bel po' di tempo.
Se ne dovrà fare una ragione anche il consigliere regionale di Europa Verde Francesco Emilio Borrelli, tra i più critici dopo ogni manifestazione del Comitato Verità e giustizia per Ugo Russo. Il punto non è stabilire chi fosse più buono o più martire tra il carabiniere che ha esploso i colpi di pistola e Ugo Russo. Il punto è stabilire se quel carabiniere ha sparato nei limiti della legge o meno, se ha sparato per legittima difesa oppure quando Ugo era già in fuga, quindi non più pericoloso.
Anche volendo dare credito, per un secondo, alla definizione di Ugo Russo come baby rapinatore, senza volerci soffermare sulla banalità e superficialità di tale definizione, non sarebbe comunque una motivazione sufficiente per smettere di chiedere che cosa sia accaduto quella notte. La Legge e la giustizia non si sospendono neanche di fronte a un criminale, ancor più se minorenne. Ugo Russo doveva morire in quanto rapinatore? No, almeno quanto Stefano Cucchi non doveva morire in quanto consumatore di droga. E per la legge sono irrilevanti i comportamenti dei familiari di Ugo o il passato del padre che pure riemergono di tanto in tanto in articoli di giornale e comizi lanciati via social.
Quello che rappresenta un dato di fatto in questa storia è che in un ordinamento che prevede 6 mesi per indagini preliminari, con la possibilità di aggiungere un supplemento di altri 6 mesi, sono trascorsi 26 mesi senza avere notizie del procedimento.
Appurare cosa sia accaduto quella notte è un diritto della famiglia di Ugo. E' un diritto del carabiniere che dovrà convivere per tutta la vita con il ricordo della morte di un 15enne. Ma è anche un diritto di tutti noi, sia di chi prova empatia per Ugo e per la sua storia, sia di chi la disprezza. Perché in uno Stato democratico tracciare una linea netta tra cosa possono o non possono fare le forze dell'ordine è una fondamentale tutela. Una linea molto più importante di quella che separa i buoni dai cattivi seguendo solo il comune senso della morale.