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CATTIVI PENSIERI

CATTIVI PENSIERI

A cura di Massimo Romano

La solitudine di de Magistris negli ultimi giorni di Pompei

Tra piani di tradimento e attacchi trasversali, il sindaco vive uno dei momenti più delicati. Il Consiglio comunale non si riunisce da agosto in attesa di un rimpasto di Giunta annunciato da mesi. E fuori da Palazzo San Giacomo, le criticità aumentano ogni giorno di più

Devo essere onesto, l'espressione "sembrano gli ultimi giorni di Pompei" non è mia, ma l'ho rubata a un collega. Mi è sembrato un paragone geniale, che in poche parole racchiude il sentimento che aleggia intorno al Comune di Napoli. Una frase pronunciata poche ore prima che esplodesse il caso di alcuni consiglieri di maggioranza riuniti in segrete stanze a tramare contro Luigi de Magistris. 

Definirla una fase di impasse sarebbe un eufemismo. Da mesi si attende il rimpasto di Giunta che permetterebbe all'Amministrazione di andare avanti fino alla sua scadenza naturale, nella primavera del 2021. Un rimpasto che toccherebbe anche i cda delle società partecipate e che dovrebbe accontentare alcune forze di maggioranza desiderose di un posto al sole. 

Ma la quadra non è facile da trovare e gli scontenti sono tanti. Come dimostra l'audio registrato di nascosto durante la già citata riunione e pubblicato da La Repubblica, in cui alcuni consiglieri minacciano di voler "logorare il sindaco" reo di non affidare loro un posto in Giunta. La macchina si è inceppata. Il Consiglio comunale non si riunisce più da inizio agosto, nonostante i problemi della città continuino a crescere in numero e portata ora dopo ora: lavoro, trasporti, cantieri, viabilità. 

La maggioranza che oggi sostiene Luigi de Magistris è quantomai variegata. Oltre ai fedelissimi di DemA, l'ex magistrato conta sull'appoggio di molte vecchie conoscenze della politica nostrana. Persone che vengono dagli ambienti più disparati: ex pci, bassoliniani storici, democristiani, verdi, finanche Forza Italia. Una composizione non sempre vicina a quel "laboratorio civico" sbandierato dal primo cittadino in diverse occasioni. 

Eppure, la maggioranza arancione necessita numericamente anche del loro appoggio. E da questo bisogno, nasce la necessità di un rimpasto di giunta che possa accontentare anche gli alleati. Ma perché la bolla esplode oggi? Perché quando arrivano gli ultimi giorni di Pompei, la cosa più naturale che possa accadere è il "si salvi chi può" e chi può batte cassa alla ricerca di un posto di maggiore visibilità in vista delle prossime tornate elettorali.

De Magistris e i suoi sodali di Giunta si ritrovano soli e accerchiati. Le ragioni di tutto ciò sono probabilmente da ricercare nel fallimento del movimento DemA e nell'incapacità di costruire in oltre otto anni un soggetto strutturato e ramificato. Nel maggio 2011, l'outsider Lugi de Magistris sparigliò l'ordine costituito in città dal 1993 e mandò a casa in un sol colpo centrodestra e centrosinistra. Fu davvero una rivoluzione, la città si ribellava contro un sistema incancrenito. Una vittoria che l'attuale sindaco di Napoli ha ottenuto quasi da solo e sulla quale avrebbe dovuto e potuto costruire tanto. E il tentativo c'è anche stato, con la creazione, appunto, di DemA. Ma in questo tempo, il movimento non è mai apparso autonomo, né indipendente dalla sua leadership carismatica. Lo conferma il fatto che, a oggi, dopo due mandati e a due anni dalle elezioni comunali, sarebbe impossibile indicare un successore del sindaco.

Ancora peggio è andata fuori dai confini partenopei. Alle politiche del 2013, il movimento arancione appoggia Rivoluzione civile di Antonio Ingroia. Il risultato è disastroso, con la lista ben lontana dalle soglie necessarie per eleggere rappresentanti in parlamento. Per le europee 2014, de Magistris si dichiara vicino al greco Tsipras, ma a pochi mesi dalla consultazione si tira indietro dalla contesa. Discorso analogo per le regionali 2015, quando si ipotizza uno schieramento a sinistra alternativo al Pd che naufraga in poche settimane. Il 2016 è l'anno del rilancio: nasce DemA (marzo 2015) in vista delle elezioni comunali che de Magistris vince facendo registrare un aumento delle preferenze rispetto al 2011 (da 127mila a 172mila). Il 2017 conferma la crescita anche fuori Napoli, con l'elezione di un sindaco arancione ad Arzano.

E' il momento di massimo splendore sia per l'ex magistrato che per il movimento, che punta ad allargarsi nel resto d'Italia. Le elezioni politiche del 2018 sembrano la piattaforma ideale per testarsi, ma qualcosa si blocca. I numeri non ci sono e per evitare un nuovo fallimento dopo il 2013 DemA non si presenta. Nel 2019, dopo aver annunciato per mesi un impegno in prima linea per le europee, de Magistris non trova accordi con alleati e decide ancora una volta di non partecipare. Nel 2020 ci saranno le regionali in Campania. Un appuntamento indicato più volte negli anni come obiettivo preciso degli arancioni. Eppure, ancora una volta il sindaco di Napoli fa marcia indietro e dichiara che non si candiderà come governatore. "Anche oggi, ci candidiamo domani" sembra diventare il motto di un movimento che si è mostrato debole, troppo debole per tentare la scalata. 

De Magistris, oggi, sembra avere poche vie d'uscita. La più percorribile è quella che prevede un accordo Pd-5 Stelle per la tornata del 2020 con un suo appoggio esterno. Una possibilità che diventerebbe concreta solo se il Partito democratico decidesse di scaricare Vincenzo De Luca, cosa tutt'altro che scontata. Le carte da giocare sono ormai ridotte all'osso ed ecco che torniamo al punto da cui avevamo cominciato, cioè agli ultimi giorni di Pompei e alla solitudine dell'uomo solo al comando. Per quelle vecchie conoscenze della politica nostrana, oggi de Magistris non rappresenta più un investimento sicuro per restare all'interno delle istituzioni. Un motivo sufficiente per voltare le spalle e cercare nuove collocazioni prima che tutto crolli. 

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