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CATTIVI PENSIERI

CATTIVI PENSIERI

A cura di Massimo Romano

Perché la morte di Giulia Tramontano ci fa ancora più male

Per quattro giorni abbiamo sperato fosse ritrovata. E' sprofondata nell'orrore dell'animo umano insieme al figlio che portava in grembo

Parlare della morte di Giulia Tramontano vuol dire correre il rischio di scadere in una facile e, piuttosto inutile, retorica. Ogni femminicidio ci lascia una ferita difficile da rimarginare. Ma quello che ha subito Giulia, se possibile, scava un solco sulla pelle ancora più profondo. Perché? Uno degli elementi è sicuramente il tempo. Giulia è scomparsa sabato e per quattro giorni abbiamo seguito con apprensione le ricerche della famiglia, abbiamo sperato e, infine, abbiamo pianto.

Il secondo elemento è quello che, in questo tempo, Giulia ha vissuto. Ora dopo ora apprendiamo dettagli raccapriccianti sull’operato del suo omicida. Immaginiamo questa ragazza aggredita, accoltellata. Poi immaginiamo il suo carnefice provare a bruciarla una prima volta, senza riuscirci, in una vasca da bagno. Ci ha provato una seconda volta, in un garage. Il pensiero che ci fa impazzire è che per un certo tempo Giulia fosse ancora viva, in parte cosciente. Ci fa impazzire immaginarla sulla sua solitudine, nella sua paura, in attesa della fine.

Un terzo elemento è l’impotenza. In altri casi abbiamo potuto urlare che le istituzioni avrebbero dovuto fare di più, che ci vogliono norme più stringenti per gli ex molesti. Ma la verità è che, in questo caso, nessuna legge più severa avrebbe potuto salvare Giulia. Nessuno avrebbe potuto immaginare il suo destino e noi non sappiamo con chi prendercela se non con il suo aguzzino.

Sarà un processo a stabilire se il compagno reo confesso era capace di intendere e di volere oppure in preda a un’allucinazione, come dichiarato dal suo avvocato. Sarà il processo a stabilire se c’era o meno premeditazione. A noi, che da lontano stiamo osservando questo orrore restano, le gesta fredde, calcolate, spietate del presunto omicida, i messaggi inviati alla famiglia di lei. Resta la sensazione di un delitto difficilmente giustificabile con l’impeto di un momento di follia.  

In questo orrore, però, non è sprofondata solo questa ragazza di Sant’Antimo trapiantata a Milano. C’era anche la vita che portava in grembo. Giulia era incinta da sette mesi e forse questa è la cosa che riusciamo a sopportare di meno. Tra le decine di commenti social che ho letto su questa vicenda ce n’è uno che mi ha colpito: “Credo che a 7 mesi un bimbo sia quasi formato del tutto. Mi immagino quello scricciolo che si nutre, che dorme, che scalcia. Mi manca il fiato se penso che quel bimbetto a un certo punto si sia sentito morire (anche senza capire)”.

Se noi staremo male qualche giorno per Giulia, la sua famiglia dovrà convivere con questo dolore per tutta la vita. Teniamolo sempre a mente, quando parleremo o scriveremo di lei. 

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