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A cura di Redazione

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Storie e leggende della Pastiera nella Giornata nazionale che la celebra

Il dolce molto amato dai napoletani e non solo può essere preparato in molte varianti tutte gustosissime

La pastiera è un tipico dolce di Pasqua preparato con la pasta frolla e farcito con un composto a base di ricotta, grano bollito nel latte, frutta candita, zucchero e uova. E' amato in tutta Italia ed ogni napoletano che si rispetti non può non amarla. Il 25 marzo si celebra la Giornata nazionale della Pastiera, promossa dall'associazione italiana Food Blogger.

Il suo colore caratteristico è giallo intenso e la ricetta originale prevede l’utilizzo di cannella, vaniglia, scorza d’arancia e acqua di fiori d’arancio, che rendono il sapore inconfondibile. Esistono però delle varianti: nella costiera sorrentina è diffusa l’aggiunta di crema pasticcera nel ripieno, nel beneventano si usa il riso invece che il grano, mentre in quel di Nola si mettono addirittura i tagliolini o gli spaghettini.

Il nome “pastiera” molto probabilmente deriva dall’usanza di sostituire il grano con la pasta, ma c'è chi lascia il grano intero, chi ne frulla una parte e chi lo frulla completamente.

TRADIZIONI - Tipica del periodo primaverile, la pastiera riveste importanti significati simbolici legati alla rinascita della natura. Questi riti, attraverso offerte alimentari, sancivano il ritorno della stagione fertile e sono conosciuti sin dai tempi più antichi. In epoca romana, per esempio, le sacerdotesse di Cerere celebravano il ritorno della primavera con una processione sacra che aveva per protagonista l’uovo, simbolo per eccellenza della rinascita. Con l’avvento del Cristianesimo, la ricorrenza pagana della primavera viene traslata nella risurrezione di Cristo, ma la simbologia rimane in buona parte la stessa. In ogni ingrediente della pastiera si leggono riferimenti a questi importanti significati, stratificatisi nel corso del tempo. La ricotta addolcita, per esempio, può essere letta come la trasfigurazione delle offerte votive di latte e miele che i catecumeni ricevevano durante il battesimo, nella notte di Pasqua. Il grano cotto nel latte simboleggia la fusione del regno animale e di quello vegetale ed è al tempo stesso auspicio di ricchezza e fecondità. Le uova richiamano la vita nascente e la fertilità, mentre l’acqua di fiori d’arancio annuncia il rifiorire della natura.

LEGGENDE - Una storia racconta che un tempo sulla spiaggia, di notte, le mogli dei pescatori lasciarono delle ceste con ricotta, frutta candita, grano, uova e fiori d’arancio come offerte per il mare, affinché il mare lasciasse tornare i loro mariti sulla terra sani e salvi. Al mattino, ritornando sulla spiaggia ad accogliere i rispettivi consorti, le donne notarono che le onde del mare avevano mescolato gli ingredienti e, insieme agli uomini che facevano ritorno, nelle loro ceste comparve una torta. Un’altra leggenda molto nota racconta che la sirena Partenope, ad ogni primavera, emergeva dalle acque del golfo disteso fra Posillipo e il Vesuvio per salutare gli abitanti del luogo. Per ringraziarla di questo dolce gesto, la gente decise di offrirle ciò che aveva di più prezioso e sette fanciulle furono incaricate di consegnare alla sirena dei doni. Il primo fu la farina, simbolo della forza e della ricchezza della campagna; seguirono poi ricotta, omaggio dei pastori, le uova, simbolo della vita che nasce, il grano bollito nel latte, simbolo dei due regni della natura, l’acqua dei fiori d’arancio, simbolo dei profumi della terra, le spezie come simbolo dei popoli più lontani del mondo ed infine lo zucchero, per esprimere la dolcezza del canto di Partenope. La sirena, felice dei doni ricevuti, li pose ai piedi degli Dei, che con le loro arti divine mescolarono tutti gli ingredienti. Fu così che nacque la pastiera. Sembra che la versione attuale del dolce sia stata messa a punto nel XVI secolo dalle suore del convento di San Gregorio Armeno, che usavano regalare le Pastiere alle famiglie aristocratiche di Napoli.

STORIA - Un’altra storia racconta che Maria Teresa D’Austria, moglie di Ferdinando II di Borbone, cedendo alle insistenze del marito, accettò di mangiare una fetta di pastiera e dopo averla gustata sorrise per la prima volta in pubblico. Fu proprio qui che Ferdinando si fece scappare una simpatica battuta: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.

Gli elementi caratteristici, che non possono mancare, sono la ricotta, ingrediente di stagione che regala morbidezza al ripieno, l’aroma di fiori d’arancio, e il grano. L’ideale sarebbe utilizzare chicchi di grano tenero da far cuocere direttamente, piuttosto che affidarsi al grano precotto che si trova comunemente al supermercato. La procedura è semplice: basta mettere a bagno i chicchi di grano per almeno tre giorni, cambiando l’acqua al mattino e alla sera, poi sciacquarlo bene e cuocerlo in acqua (circa 2 litri per 500 g di grano) fino a che non l’assorbe tutta. Dopo un riposo di 24 ore dentro alla pentola coperta, lo si sciacqua sotto acqua corrente e poi si procede con la normale ricetta, che prevede di farlo ricuocere con il latte. La pastiera viene generalmente preparata il Giovedì Santo e lasciata riposare tre giorni affinché i sapori si amalgamino nel modo migliore. La cottura deve essere lenta e le temperature non violente: il ripieno deve quasi asciugarsi, ritirarsi lentamente per evitare che il sapore dell’uovo prenda il sopravvento.

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