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A cura di Redazione

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La monachina napoletana, un classico della pasticceria

Dolce di pasta sfoglia con crema ripiena pasticcera e confettura di amarene

Ormai lo sappiamo: molti segreti della pasticceria napoletana sono legati alle ricette dei monaci che si sono tramandate per anni fino ai giorni nostri.

Basti pensare alle monachine napoletane, nate nel 1700 nel Monastero delle Trentatrè. Potremmo considerare oggi la monachina come l’antenata della sfogliatella riccia, nata invece nel convento di Santa Rosa ad Amalfi.

La monachina è un dolce di pasta sfoglia con crema ripiena pasticcera e confettura di amarene. Il poeta Salvatore di Giacomo, tra l'altro, sarebbe entrato in possesso di alcune righe scritte da una suora del convento che descrive la preparazione e la cottura del dolce.

Prendi il sciore (fiore - di farina), ndr) e mettilo sopra il tagliero nella quantità di rotolo mezzo. Mettici un pocorillo d’insogna (sugna, ndr) e faticalo come un facchino. Doppo stendi la tela che n’e riuscita e fanne come se fosse una bella pettola (spianata,ndr). In mezzo alla pettola mettici un quarto d’insogna ancora, e spiega a scialle, 4 volte d’estate; 6 volte d’inverno. Tagliane tanti pezzi, passaci il laganaturo e dentro mettici crema e cioccolata o se più ti piace ricotta di Castelllammare. Se ci metti un odore di vaniglia o pure acqua di fiori e qualche pocorillo di cedro, fa cosa santa. Fatta la sfogliata, lasciala mezza aperta e mezza ‘nchiusa da una parte e dove lì scorre la crema facci sette occhi piangenti con sette amarene o pezzulli di percocata. Manda tutto al forno, fa cuocere lento, mangia caldo e alliccate le dita.

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