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Giovedì, 28 Marzo 2024
Salute

A Napoli i reni per i trapianti arrivano soprattutto da donatori viventi. I sorprendenti dati del Policlinico federiciano

Dimostrato ancora una volta il grande cuore dei napoletani

Al Centro Trapianti Renali dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli si registra un dato singolare: in questo primo periodo del 2023 (circa 2 mesi e mezzo) il numero dei trapianti da donatore vivente ha superato quella da donatore deceduto. Su  7 trapianti di rene effettuati in totale, 4 sono infatti da vivente (dato aggiornato ad oggi 17/03/2023).

Generosità e chirurgia hitech

Il programma di trapianto da donatore vivente, guidato dal Professor Roberto Troisi, direttore della U.O.C. di Chirurgia Epato-bilio-pancreatica Mininvasiva-Robotica e dei Trapianti di Rene dell’Azienda federiciana ha avuto un’ampia accelerazione in seguito ad una riorganizzazione e grazie all’utilizzo della chirurgia mininvasiva per i donatori che ha permesso anche di abbattere i tempi per la valutazione delle coppie donatori-riceventi, oggi stimato intorno ai 2 mesi rispetto ad una media nazionale che supera i 5.

Negli ultimi sei mesi, sono state effettuate già 50 valutazioni di coppie donatore-ricevente, di cui 23 ritenute idonee e in corso di completamento: in genere, per questa tipologia di trapianto, risultano idonee 4 coppie su 10: «L’approccio mininvasivo robotico offre il miglior risultato possibile: il dolore è ridottissimo e si può contare su una rapida ripresa funzionale e fisica del donatore, a fronte di un ricovero ospedaliero di 48-72 ore. Inoltre, il rischio di mortalità per il donatore è talmente basso da risultare trascurabile», sottolinea il professor Troisi.

Aspettative di vita

La caratteristica principale di questi trapianti è quella di poterli programmare nel miglior momento del ricevente, potendo anche proporli ai pazienti non ancora in dialisi (cosiddetto trapianto preventivo). La qualità dell’organo è inoltre perfetta consentendo, in taluni casi, una sopravvivenza di oltre 35 anni. «Le aspettative di vita del donatore sono fra le più alte rispetto a quelle della popolazione generale proprio per i controlli di routine ai quali sono sottoposti, cosa che permette di anticipare la diagnosi di gravi malattie iniziando precocemente le terapie specifiche. È, inoltre, bassissimo il rischio a lungo termine di perdere il rene rimasto a causa d’insufficienza funzionale», precisa il professor Troisi. 

Il programma di trapianto di rene da donatore vivente della Federico II, tra le eccellenze della sanità campane, oggi è in grado di coniugare percorsi personalizzati per i pazienti ed innovazione tecnologica per garantire il meglio alle coppie donatori-riceventi in termini di accoglienza e gestione del percorso trapianto. «L’aumento dei trapianti da donatore vivente è un ottimo risultato per la trapiantologia campana e rappresenta un primo importante passo verso l’obiettivo finale, sperando nel prossimo futuro di poter invertire la rotta considerando sempre più ampio e strutturato il percorso di donazione da vivente – afferma il direttore generale Giuseppe Longo - ma dobbiamo continuare a lavorare molto sugli aspetti di comunicazione e sensibilizzazione per garantire un’ampia conoscenza delle possibilità offerte ai cittadini, così che si possano compiere scelte libere e consapevoli ».

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