La Sindrome che causa morti cardiache improvvise, soprattutto tra i giovani
Colpisce in maniera subdola e improvvisa e spesso non lascia scampo
Quella di Brugada è una sindrome ereditaria che colpisce improvvisamente, senza alcun segnale premonitore e, non di rado, in maniera implacabile. E' infatti tra le più frequenti cause di morte improvvisa tra giovani in apparenza in piena salute, forti, sani, anche atleti. Le statistiche parlano di 5 persone colpite ogni 10mila abitanti. Viene definita una malattia elettrica del cuore, dai contorni ancora oscuri.
Diagnosi e terapia
“Nella stragrande maggioranza dei casi questa malattia può portare all'arresto cardiaco senza sintomi", spiega il dott. Giuseppe De Martino, cardiologo elettrofisiologo, responsabile dell'unità operativa di aritmologia e scompenso della Clinica Mediterranea di Napoli presso la quale è stato attivato un ambulatorio specialistico dedicato proprio alla sindrome di Brugada.
L'importanza dello screening
"L'ideale sarebbe screenare la popolazione attraverso l’elettrocardiogramma", spiega De Martino, cui è stata affidata la guida dell'ambulatorio specialistico della Clinica Mediterranea dedicato alla sindrome di Brugada. "La diagnostica risulta fondamentale perché consente di riconoscere segni elettrocardiografici, che possono portare al sospetto. Ai pazienti affetti toccherà poi intraprendere un percorso di stratificazione del rischio. Per fortuna, solo in una piccola parte dei portatori di Sindrome di Brugada si presenta un rischio elevato di morte improvvisa. In questo caso - continua De Martino - si procede direttamente con l'impianto del defibrillatore, unica terapia in grado realmente di proteggere i pazienti. Se, invece, il rischio è intermedio/medio-basso, si procede con uno studio elettrofisiologico, esame molto semplice che consente di capire se il cuore è predisposto o meno a creare aritmie pericolose. Nel nostro ambulatorio – conclude il dott. De Martino - siamo in grado di seguire il paziente lungo tutto il percorso: dalla fase diagnostica ambulatoriale fino ad arrivare all'impianto del defibrillatore. E, quando occorre, anche all’ablazione”.