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Alimentazione

Intossicazioni alimentari, quali sono i sintomi e come prevenirle

"I prodotti a cui fare più attenzione sono carne e pesce in tutte le loro accezioni. I tagli crudi e freschi sono quelli più rischiosi, ma anche i prodotti essiccati, stagionati e trattati hanno dei limiti in termini di conservazione. Se vogliano evitare problemi, dobbiamo comprare in negozi sicuri e mangiare in ristoranti con la cucina a vista". L'intervista al dott. Fabio Mariniello

Con l’incremento delle temperature e l’aumento dei viaggi estivi, cresce anche la percentuale di casi di intossicazioni alimentari (o tossinfezioni) causate da una cattiva conservazione o igiene del cibo. Pensiamo al recente caso di intossicazione che ha causato la morte di un bambino a Sharm El Sheik: secondo indiscrezioni il piccolo avrebbe ingerito una sostanza velenosa o qualcosa che avrebbe provocato una fortissima reazione dell'organismo, tale da provocarne la morte.

Come chiarisce l’OMS queste tossinfezioni possono derivare dall’infezione con microorganismi patogeni che colonizzano le mucose intestinali oppure dall’ingestione di alimenti contaminati da questi microorganismi, dalla presenza nei cibi di tossine di origine microbica, che causano la malattia anche quando il microrganismo produttore non c’è più, oppure da sostanze chimiche ad azione velenosa, come ad esempio i pesticidi utilizzati in agricoltura. Ad Oggi sono 250 le tossinfezioni alimentari conosciute causate da diversi agenti patogeni, perlopiù batteri, virus e parassiti, e che si manifestano con differenti sintomi. Insieme al dott. Fabio Mariniello, biologo nutrizionista, scopriamo quali sono quelle più comuni e come difenderci da queste.

Dott. Mariniello, quali sono le tossinfezioni alimentari più comuni?

“Le tossinfezioni sono un problema ricorrente che nel tempo ha assunto nuove, preoccupanti sfaccettature. Il numero di patogeni responsabili di questo problema è in continuo aumento. Se da un lato le normative nazionali ed europee sono molto rigide, l’allargamento dei mercati e il costante incremento delle attività di ristorazione non consente un controllo a tappeto efficiente. Capita che i controlli a campione, per quanto ben progettati, lascino sfuggire qualche partita contaminata. Le tossinfezioni più frequenti sono provocate da E. coli, da Salmonella, da Campylobacter. Tuttavia non si possono non citare l’Hepatovirus A, ed il Clostridium botulinun”.

Con quali sintomi si manifestano, e, in tal caso, come si interviene?

“Le manifestazioni possono essere molto diverse tra loro, con sintomi e bersagli differenti. Oltre alla virulenza del ceppo, è anche il sistema immunitario dell’ospite a fare la differenza. Ci sono persone più sensibili che sviluppano l’infezione con maggiore facilità. Anche la dose di patogeno ingerita o con cui si è venuti in contatto è importante. Le tossinfezioni più blande si manifestano con sintomi gastrointestinali. Vomito e diarrea sono i primi segni che qualcosa non va. Se le manifestazioni non si placano in 24 ore o se vanno peggiorando in frequenza ed intensità, consiglio di rivolgersi ad un medico. A voler essere scrupolosi, una telefonata andrebbe fatta a prescindere, senza aspettare la fine del primo giorno. Meglio non improvvisare rimedi fai-da-te. Anche la febbre non è un buon segno, in quanto indica che il corpo sta reagendo con maggiore violenza al problema. Lo spettro dei sintomi si può poi allargare in modo molto soggettivo, con peculiarità specifiche in base al patogeno. La presenza di sangue nelle feci, per esempio, indica un danno all’intestino”.

Quali sono le cause?

“Tutti gli alimenti sono, inevitabilmente, contaminati da qualche tipo di microrganismo. Non tutte le specie sono patogene, ma è nella natura delle cose che i batteri siano ovunque. Se le condizioni lo consentono, proliferano. Quando sono le specie nocive a moltiplicarsi, il cibo diviene pericoloso. Spesso è la cattiva gestione della filiera alimentare a causare queste infezioni. Ogni alimento ha una sua shelf-life e delle esigenze uniche in termini di conservazione e gestione. La catena del freddo è fondamentale per quasi tutti i prodotti alimentari. Lo scopo è quello di mantenere al minimo la carica batterica potenzialmente dannosa. I trattamenti termici possono ridurre il rischio in modo significativo, ma sempre con dei ragionevoli limiti. L’aspetto più subdolo è legato ai vari passaggi lungo la filiera. Potrò anche sterilizzare un prodotto, ma se dalla fabbrica alla tavola è stato a contatto con centinaia di mani, in decine di scaffali, le procedure iniziali divengono praticamente inutili. I sistemi adoperati sono quindi contenitivi: abbassano la probabilità di accadimento di un evento potenzialmente dannoso e ci riescono con enorme efficienza. Le procedure sono ormai scrupolose, rigide, efficaci. L’eccezione può sempre capitare e… difatti capita”.

Quali sono gli alimenti più rischiosi cui fare attenzione? E come conservarli in sicurezza?

“I prodotti a cui fare più attenzione sono carne e pesce in tutte le loro accezioni. I tagli crudi e freschi sono quelli più rischiosi, poiché hanno una quota di acqua e nutrienti più accessibile: i batteri vi possono proliferare senza ostacoli. Anche i prodotti essiccati, stagionati e trattati hanno dei limiti in termini di conservazione. Se vogliano evitare problemi, dobbiamo innanzitutto comprare in negozi sicuri e mangiare preferibilmente in ristoranti con la cucina a vista. Se già vi capita una o due volte di trovare un banco frigo spento, dei prodotti scongelati o scaduti, cambiate negozio. La catena del freddo è di vitale importanza. Prestate attenzione anche a come vengono messi a posto i prodotti. I carrelli sono puliti? Le cassette? I banconi? Ci sono mosche nei reparti? Dopodiché, pagato il conto, correte a casa. Non andatevene in giro con le buste piene di prodotti. Prima arrivano in frigo (e/o in congelatore), meglio è. Imparate a posizionare i cibi nelle corrette posizioni. I frigoriferi sono progettati secondo precisi criteri”.

Quanto è importante tenere il frigo pulito?

“E’ fondamentale pulire spesso il frigo, anche in modo maniacale. È scientificamente dimostrato che ci sono più patogeni nel refrigeratore di casa che nei servizi igienici. Se sentite cattivo odore, è già tardi. Individuate il responsabile, eliminatelo e pulite almeno la parte di frigorifero dove era posizionato. Inoltre, controllate spesso la temperatura del frigo, magari con un termometro esterno che non ci costringa ad aprirlo ogni tanto. Assicuratevi che le guarnizioni siano integre, se necessario, sbrinate il ghiaccio. Esistono alcuni batteri chiamati “psicrofili”, che sopravvivono anche a temperature basse. La croste di ghiaccio, arricchite dalle contaminazioni dei cibi, sono un pericolo. Una volta scongelato un alimento, consumatelo. Carne, pesce, frutta e verdura sono fatti di cellule. Una volta congelate, i liquidi al loro interno aumentano di volume, danneggiandole e liberando i preziosi nutrienti. Per i batteri è una festa!”.

Quando sono pericolosi anche acqua e ghiaccio?

“Questo discorso va preso con le pinze e riguarda prevalentemente le cittadine di campagna e i paesi extra-europei. Nelle grandi città è molto difficile che capiti. In linea di massima le tubature dell’acqua col tempo si usurano, danneggiandosi. È possibile che intersechino altri condotti, come le fognature, contaminandosi. I tubi che attraversano i campi coltivati potrebbero avere infiltrazioni di materia fecale, utilizzata come fertilizzante. Fortunatamente gli acquedotti eseguono molti controlli e le università supportano i controlli, garantendo degli elevati standard di qualità. Nei paesi più poveri gli acquedotti non esistono o non hanno le stesse normative. Gli standard di qualità e sicurezza sono diversi, meno rigidi. Per cui le acque sono contaminate. La popolazione del luogo, però, è abituata a quella carica batterica o conosce le strategie di sicurezza per sterilizzare i liquidi. In genere sono i turisti a pagarne le conseguenze. Ingenuamente, ci si lava i denti con l’acqua del lavandino, o si mette del ghiaccio nella bibita confezionata, facendosi un bel drink ai batteri. Quando si viaggia, è raccomandabile consumare solo acqua sigillata in bottiglie. La dissenteria del viaggiatore è un cliché, a meno che non si applichino le corrette procedure preventive. Anche una terapia a base di fermenti lattici può ridurre la probabilità di sviluppare intossicazioni alimentari da acqua contaminata”.

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