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Variante Covid italiana o napoletana? “A parlare male degli altri si fa peccato, ma a volte si coglie…”

Riflessioni dopo la scoperta di una nuova variante Covid a Napoli

"Spero mi si voglia perdonare, ma questa celebre frase di Giulio Andreotti credo si adatti bene ad un’idea che mi è balenata in mente in queste ore. Non ritengo di essere un fanatico della cospirazione, né votato particolarmente alla dietrologia per cui voglio pensare alla buona fede di molti, ma non di tutti. Parallelamente devo considerare alcune affermazioni frutto di un’eccessiva leggerezza. A cosa mi riferisco? Avete mai sentito parlare di “variante londinese”? Avete mai sentito parlare di “variante di Johannesburg”, di “Abuja” o di “San Paolo? Personalmente no. Ho invece sentito parlare di variante inglese, sudafricana, nigeriana, brasiliana. Identificare una mutazione del covid19 con il nome di una città, non solo non da lustro ai laboratori di ricerca che hanno identificato i tratti distintivi della variazione, ma lega un concetto altamente negativo ad un soggetto, in questo caso una città, che nonostante i suoi difetti, riesce ad esprimere ancora energie positive e di indubbia eccellenza. Allora perché non parlare di una variante “italiana” scoperta grazie all’alto valore dei ricercatori napoletani. Il fatto ovviamente lo racconta bene Nicola Normanno, direttore del dipartimento di ricerca dell'Istituto Pascale di Napoli che ha individuato una variante del Sars-CoV-2 grazie ad uno studio sviluppato con l'Università Federico II di Napoli. La ricerca è nata per mettere a punto una tecnica di sequenziamento del genoma virale rapida e che possa effettuare velocemente il sequenziamento. Dunque se i laboratori napoletani sono ancora in Italia si dovrebbe parlare di variante italiana. Spero siate tutti d’accordo perché individuare una variante con un luogo ristretto mi puzza di razzismo idiota. Non mi sembra risulti a qualcuno che quando è arrivata la prima ondata di contagi, con forte concentrazione al nord Italia, si sia parlato di virus bergamasco o nord italico! Legare un fatto così negativo ad una città è una “leggerezza” pericolosissima che può disgregare, ovviamente non da sola, i migliori concetti di “fratellanza” del Paese e generare sentimenti razzisti anche dove oggi, anzi ieri, non ve ne erano. Concetti chiari a chi si occupa di marketing e che dovrebbero essere chiari a tutti i politici e gli operatori dei media. I danni alla città, e ai napoletani sono ingenti e non tollerabili perché puzzano di un modo di pensare, consapevole o non consapevole, razzista e poco attento alla verità trasmessa da una notizia che dovrebbe invece esaltare le eccellenze italiane dei centri di ricerca campani.

di Mariano Lebro

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