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Campi Flegrei e terremoti: perché tanta paura e cosa bisognerebbe fare al più presto

La nostra intervista a Diego Civitillo, geologo e consigliere della X Municipalità: "Il problema è l'assenza di un piano di informazione dei cittadini coinvolti e di gestione ordinaria della nuova fase bradisismica"

Sono anni che l'attività vulcanica dei Campi Flegrei ha riconquistato un posto in prima pagina, tra il rinnovato fenomeno bradisismico e la lunga querelle sulle trivellazione geotermiche nell'area. Negli ultimi giorni però due terremoti, di una magnitudo tale da riuscire a coinvolgere anche diversi quartieri napoletani, hanno riportato al centro del dibattito una delle conseguenze più ovvie del vivere in una zona vulcanica: la paura.

Ne abbiamo parlato con Diego Civitillo, che oltre ad essere un geologo è attualmente consigliere di quella stessa X Municipalità (Fuorigrotta-Bagnoli, in piena "zona rossa" dei Campi Flegrei) di cui è stato fino all'anno scorso presidente.

Civitillo, partiamo da quello che sta succedendo in quest'ultimo periodo.
"Negli ultimi mesi l'area vulcanica dei Campi Flegrei ha mostrato un aumento degli eventi sismici, sia in valore assoluto che come eventi percepibili. Il sollevamento mensile ha raggiunto un massimo di 13 millimetri al mese".

Bradisismo ascendente quindi. Fenomeno in corso già da tempo e ampiamente monitorato, giusto?
"Sì, la fase di risalita del suolo è in corso ormai da circa 15 anni, e segue due fasi analoghe che si sono verificate già negli anni '70 e negli anni '80. L'area è attentamente monitorata, studiatissima dalla comunità scientifica internazionale ed i dati che la riguardano sono diffusi regolarmente dall'Osservatorio Vesuviano. Eppure cresce la preoccupazione dei residenti all'aumentare, come nelle ultime settimane, degli eventi di magnitudo elevata, questo laddove non ci sono anomalie tali da disporre un aumento dei livelli di allerta né quindi alcuna procedura prevista dai piani di emergenza".

Ma se l'area è monitorata e ci sono piani d'emergenza, perché tanta preoccupazione?
"I motivi secondo me sono sostanzialmente due. A fronte di piani di emergenza ed evacuazione in caso di eruzione vulcanica, non esiste un piano di formazione ed informazione della popolazione, né esiste un piano di gestione ordinaria del fenomeno bradisismico che stiamo vivendo in questi giorni. E che si avvicina progressivamente alle intensità, e quindi alle conseguenze, delle crisi precedenti".

In cosa dovrebbe consistere questa formazione, e chi dovrebbe occuparsene?
"Formazione e informazione corretta sono due aspetti fondamentali nella gestione di tutti i fenomeni naturali. Conoscere le dinamiche degli eventi, gli effetti e i potenziali rischi sono la 'cassetta degli attrezzi' di cui tutti i cittadini flegrei dovrebbero essere dotati. Attualmente i percorsi di formazione ed informazione istituzionale sono carenti se non inesistenti. Bisognerebbe pianificare, a favore della popolazione, iniziative scientifiche, divulgative e pratiche. Protezione civile, Regione Campania ed amministrazioni locali non hanno predisposto alcun piano strutturato in tal senso".

Perché questo disinteresse?
"Non è stato sempre così. Nel 2019 con la campagna 'Io non rischio' e la pianificazione di periodiche esercitazioni si voleva gettare le basi per coinvolgere, informare e formare la cittadinanza. E come presidente della X Municipalità fui coinvolto con il territorio in questo percorso. Da quel momento però nulla si è più mosso, anche e soprattutto a causa della pandemia, che ha completamente spostato risorse e priorità della Protezione civile e delle istituzioni locali".

Quali sono le conseguenze di questa mancanza?
"Non conoscere gli eventi naturali cui il territorio è oggetto, i potenziali effetti su infrastrutture e più in generale sulla vita quotidiana, può produrre conseguenze anche gravi. Il primo risultato è l'autoinformazione, che nella migliore delle ipotesi viene fatta attraverso fonti rigorose, nella peggiore e più comune mediante il passaparola social. Un processo di disinformazione o non informazione che si accompagna a comportamenti inutili e spesso addirittura dannosi in presenza di eventi come quelli che stiamo vivendo".

L'altra ragione della crescente paura di cui parlava è l'assenza di un piano di gestione ordinaria del bradisismo.
"Attualmente esiste una procedura molto complessa in caso di evento vulcanico, un piano d'emergenza che prevede l'evacuazione della popolazione residente in diverse regioni italiane. Nulla è stato fatto però per una gestione ordinaria di fenomeni più probabili e che non prevedono alcuna evacuazione di massa, come il bradisismo".

Che cosa bisognerebbe fare?
"Istituire una o più task force permanenti che verifichino lo stato delle strutture private per la maggior parte costruite tra gli anni '50 e gli anni '70, aiutando così a maturare la consapevolezza che la manutenzione straordinaria delle abitazioni civili, usufruendo anche delle agevolazioni fiscali, è una necessità non rinviabile. O anche istituire gruppi di formazione ed informazione in modo da condividere contenuti, informazioni e procedure in maniera corretta. E ancora, coinvolgere psicologi e psicoterapeuti per aiutare la popolazione più sensibile nella gestione quotidiana di fenomeni che aumentano inevitabilmente lo stress e la preoccupazione. Bisogna urgentemente finanziare ed attivare processi ordinari di gestione del rischio a 360° per fronteggiare adeguatamente il fenomeno bradisismico e tutti quei fenomeni naturali con i quali condividiamo tempi e spazi in questo paese. Continuare a fare finta di niente ed agire solo sulle emergenze continuerà a produrre solo costi economici e sociali insostenibili".

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