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Maltempo e scuole chiuse a Napoli, l'intervista ad un genitore (e insegnante): "Passa messaggio eversivo"

La sua è l'esempio di coppia di genitori che lavora e ha un figlio piccolo. Un problema, a Napoli: "Servizi pessimi e classismo, nessun reddito da lavoro può arrivare a compensare questo gap"

Martedì a Napoli le scuole sono tornate chiuse come spesso negli anni scorsi causa maltempo, laddove l'attuale amministrazione aveva più volte voluto sottolineare la sua discontinuità con le scelte del passato in questo ambito. Che fosse una scelta giusta oppure no - c'era effettivamente vento forte, sono stati segnalati numerosissimi allagamenti e la viabilità è stata in ginocchio per diverse ore - ancora una volta i genitori napoletani hanno patito la difficoltà di non poter avere i figli regolarmente a scuola.
Abbiamo intervistato sul tema un papà. Lui insegnante all'Accademia e professionista dell'audiovideo (quindi genitore ma anche insegnante), la sua compagna professionista in ambito marketing, hanno per l'ennesima volta dovuto fare i conti con la necessità di tenere il bambino con loro in casa.

Lei e la sua compagna potete essere considerati esempio di una coppia di lavoratori con un figlio piccolo. Come avete gestito una situazione come quella di martedì scorso con la chiusura delle scuole?
"Come al solito, contraendo ulteriormente la vita privata e sacrificando il tempo e la qualità del lavoro: salti mortali per avvicendarsi in casa con nostro figlio, riuscendo comunque in qualche modo a conciliare tutto questo con il lavoro.
Come sempre, ed è l’aspetto più odioso della faccenda, è una situazione che mette in evidenza il profondo classismo di una società senza servizi. Le scuole pubbliche sono state senza refezione fino alla scorsa settimana. Per ottenere orari coerenti con l’attuale mercato del lavoro - che non è quello degli anni 60 con i tre mesi di vacanza e le case al mare come lascia intendere il calendario delle scuola pubblica - per avere sistemi educativi all’avanguardia, un'educazione anche all’immagine, al “saper fare”, alla consapevolezza corporea, bisogna votarsi ad alcune realtà private, come facciamo noi con grande sforzo economico. Ma fronteggiare queste chiusure richiede un pedigree sociale ancora superiore, come babysitter a disposizione a qualsiasi ora del giorno, o nonni giovani e disponibili in qualsiasi momento, il caro vecchio welfare familiare, il più diseguale che esiste.
In sostanza la narrazione è questa: una città che si racconta come un laboratorio, come una città non allineata alle logiche globali, è quella che in Italia più di tutte, erogando servizi pessimi, ha visto costruirsi una società basata in classi, in cui se hai i soldi di famiglia puoi fronteggiare i tempi biblici della sanità pubblica, i trasporti che non funzionano, la scuola chiusa, la mancanza totale di verde urbano, tutto con le risorse familiari, perché nessun reddito da lavoro può arrivare a compensare questo gap".

Ancora una volta è la scuola a chiudere, le altre attività tra mille difficoltà vanno avanti.
"È tutto in perfetta continuità con la gestione Covid intrapresa dalla Regione: scaricare il peso della crisi sulle famiglie. Tutti in ambito politico, sia locale che nazionale, fanno una grande retorica sulla famiglia e sulla sua importanza, ma il gap con gli altri paesi europei dal punto di vista del welfare familiare è semplicemente vergognoso. Poi ci si chiede perché in Italia non si facciano più figli…Poi c’è un altro risvolto, che da docente noto plasticamente: il messaggio che la scuola nella società non sia poi così importante, che sia qualcosa che, a differenza di ciò che produce reddito, possa interrompersi per una giornata di brutto tempo. È un messaggio eversivo, perché la scuola, soprattutto i settori dell’infanzia e dell’obbligo, sono l’ossatura della nostra società, l’unico strumento possibile che possa livellare le diseguaglianze, costruire socialità e comunità. Inoltre l’unico strumento che possa emancipare le donne dal peso esclusivo del management familiare, un tema che in una città che ha il record di disoccupazione femminile come Napoli è di rilevanza fondamentale".

Quella della chiusura delle scuole era una decisione per cui veniva di frequente criticata l'amministrazione precedente, ma quella attuale pare intraprendere un percorso simile.
"Credo ci sia comunque una discontinuità, con l'amministrazione precedente la chiusura delle scuole era divenuta una vera e propria barzelletta, anche con l’allerta gialla le scuole erano chiuse puntualmente, e oggi saremmo a già 10 giorni di chiusura per maltempo. Mi pare che Manfredi, anche per la sua storia, sappia meglio di chiunque altro quale sia il valore della scuola, ma noto con amarezza che, come su tanti altri settori della vita pubblica, dopo più di una anno non si riesca fare il cambio di passo".

In tutto questo, pensavate fosse pericoloso mandare il bimbo a scuola martedì?
"Probabilmente in situazione di allerta arancione è pericoloso, ma non sono un tecnico, non saprei fare questo tipo di valutazione, è lapalissiano però, e credo che lo pensi anche l’attuale amministrazione e chiunque abbia un po’ di buon senso, che la soluzione sia quella di rimuovere gli ostacoli ad una viabilità sicura, non certo chiudere la scuola".

Qual è la reazione del bambino a situazioni come questa?
"Fortunatamente nostro figlio si adatto molto facilmente alle situazioni, l’ha preso come un inaspettato giorno di assenza da scuola. È per noi estremamente complesso fare in modo che sia attivo e stimolato una giornata intera dentro un appartamento, il rischio per tante famiglie meno consapevoli penso che sia l’esposizione prolungata alla televisione, al tablet, l’eccessiva sedentarietà".

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