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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Scuola, i dirigenti scolastici campani scrivono al ministro Bianchi: "Rinviare il ritorno in presenza"

Secondo i firmatari di una lettera aperta (271 presidi) inviata anche a De Luca, non ci sarebbero le condizioni per ripartire

Duecentosettantuno dirigenti scolastici campani, moltissimi dei quali della provincia di Napoli, hanno indirizzato una lettera aperta al ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi oltre che - tra gli altri - al governatore della Campania Vincenzo De Luca.

Sul tavolo il problema del ritorno in presenza. I presidi sono consapevoli che sia una modalità d'apprendimento di gran lunga preferibile alla Dad, ma sollevano dei problemi stringenti. Le questioni che si pongono sono come faranno ad organizzare le lezioni con un numero enorme di insegnanti in isolamento per Covid, chi distribuirà le Ffp2 ora obbligatorie in classe e quando, come faranno a conoscere lo stato vaccinale degli alunni (utile per le differenziazioni stabilite nel caso di due contagi in classe) nel momento in cui si tratta di dati che il garante della privacy ha diffidato loro dall’acquisire.

"Non vorremmo trovarci nella prevedibile situazione di tornare a scuola de iure, ma non de facto", spiegano. E lanciano la proposta di "approfittare di una breve dilazione del ritorno in presenza" per vaccinare gli studenti, attendere il ritorno dei docenti ed andare oltre il picco di contagi che stiamo attraversando.

Il testo integrale della lettera

Gentile Ministro,

Le scriviamo questa lettera in qualità di dirigenti scolastici, impegnati ormai da circa due anni nella gestione della scuola in era Covid.

Da operatori della scuola, non possiamo che concordare sulla valenza della didattica in presenza: la DAD è stata (e in taluni casi lo è ancora) una risposta emergenziale in un contesto epidemiologico inedito.

La scuola in presenza è la scuola che noi tutti vogliamo. Tuttavia, intendiamo sottoporLe alcune questioni, a nostro avviso di non secondaria importanza, che non possiamo non considerare, alla vigilia del ritorno nelle aule, dopo la pausa delle festività natalizie.

In questi giorni i contagi aumentano in maniera esponenziale, e ciò accade tra alunni, docenti e personale ATA.

Il rientro dalle festività natalizie è ormai imminente e in queste ore, come dirigenti scolastici, ci chiediamo quale personale docente manderemo in classe, escludendo i positivi, i quarantenati, gli esonerati, i differiti e i no-vax; ci interroghiamo su quanti collaboratori scolastici potremo contare per garantire la sorveglianza e l’igiene degli ambienti scolastici.

Pochi, troppo pochi, poiché dai dati in nostro possesso è chiaro che il numero dei contagiati/quarantenati è altissimo.

Sono giorni che ci arrovelliamo riguardo a chi sospendere dal servizio, e a come farlo, tra un decreto e l’altro, tra le diffide degli avvocati dei lavoratori sospesi dal servizio e le comunicazioni del garante della privacy, che insiste nel sottolineare i limiti delle notizie da trattare sulle vaccinazioni effettuate dal personale.

Già prima di Natale, con un numero molto inferiore di contagi, le Asl erano al collasso, impossibilitate a garantire la sorveglianza sanitaria e i tracciamenti previsti dalla normativa. Tra le rimostranze dei genitori, siamo stati spesso costretti a demandare alle non sempre floride finanze delle famiglie l’effettuazione dei tamponi ma ora, in tante realtà territoriali, persino un tampone molecolare da effettuare privatamente può essere oneroso.

Il Decreto del Consiglio dei Ministri del 5 gennaio obbliga all’uso della mascherina FFP2 nelle classi dove si verifichi anche un solo caso di alunno positivo. Chi distribuirà le FFP2 e quando?

Nel Decreto di ieri, è previsto che, per le scuole secondarie di primo e secondo grado, con due casi nella stessa classe si ricorra alla didattica digitale integrata per coloro che hanno concluso il ciclo vaccinale primario da più di 120 giorni, per quanti sono guariti da più di 120 giorni, e per quanti non hanno ricevuto la dose di richiamo. Per tutti gli altri, è prevista la prosecuzione delle attività in presenza con l’auto-sorveglianza. Ma come facciamo a conoscere lo stato vaccinale degli alunni, se il garante della privacy ci ha diffidato dall’acquisire tali informazioni? Davvero si ritiene efficace la formula mista della didattica digitale integrata, malgrado l’esperienza di questi due anni ci abbia insegnato che, sul piano didattico, non c’è nulla di più farraginoso che adottare contemporaneamente due metodologie completamente diverse?

Non ultimo, c’è il problema degli spazi e dell’aerazione. Si “consiglia” il distanziamento e l’apertura delle finestre. Ma perché non prevedere un investimento per dotare tutte le aule di sanificatori dell’aria, come è stato fatto in molti paesi e anche in molte aziende private in Italia?

L’Italia è uno dei paesi europei con il maggior numero di ore di scuola all’anno; rimandare il rientro dalle festività di una decina di giorni è così scandaloso? Davvero l’acronimo DaD è impronunciabile, tanto da non poterne prevedere l’adozione fino alla fine di questo mese - adoperandosi, nel frattempo, per far sì che il rientro in classe sia davvero sicuro e definitivo?

Non vorremmo trovarci nella prevedibile situazione di tornare a scuola de iure, ma non de facto: dai dati in nostro possesso, la maggior parte delle classi italiane sarà in didattica digitale integrata nell’arco di una settimana.

Ci rendiamo conto di aver posto una serie di questioni alle quali è difficile rispondere nei pochi giorni che ci separano dalla ripresa delle lezioni.

Approfittare di una breve dilazione del ritorno in presenza, per intensificare nel frattempo le vaccinazioni degli studenti e consentire il rientro in servizio del personale docente e non docente, riducendo la mobilità nel momento del picco dei contagi, è davvero una proposta indecente?

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