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Food delivery, il fondatore di Giappo: “Pronto a riaprire con tutte le misure di sicurezza necessarie”

“Giusta la decisione di quelle aziende al collasso che hanno scelto di non riaprire. La stanchezza mentale è tanta, le pressioni ancor di più, ma non bisogna avvilirsi!”. L’intervista all’imprenditore Enrico Schettino

E’ finalmente arrivato il via libera del presidente De Luca al food delivery. Da lunedì 27 ripartirà il servizio a domicilio per le attività che operano nella ristorazione, ma con alcune restrizioni sugli orari. Le consegne saranno consentite per bar e pasticcerie esclusivamente dalle ore 7,00 alle ore 14,00; per ristoranti, pizzerie, pub e gastronomie, esclusivamente dalle ore 16,00 alle ore 22,00. Oltre a queste attività ripartiranno anche le librerie e le cartolerie, con orario limitato, esclusivamente dalle ore 8,00 alle ore 14,00. Il provvedimento tanto atteso, articolato in modo da diluire la mobilità nel corso della giornata ed evitare assembramenti, non è stato, però, accolto positivamente da tutti. Molti imprenditori della ristorazione hanno, infatti, dichiarato di non poter riaprire a queste condizioni. Tra questi molte gastronomie e tavole calde che, focalizzando la loro attività sul pranzo, vorrebbero poter lavorare nella fascia oraria 7-14. Numerose caffetterie storiche, come il Gambrinus, hanno, invece, dichiarato che non riapriranno perché sprovvisti delle strutture adeguate per fare asporto. Poi ci sono i bar, molti dei quali ritengono insostenibile per le loro attività l'obbligo di chiusura dopo le 14.00. Ad optare per la non apertura anche Gino Sorbillo, che manterrà chiuse le sue pizzerie per “scelta personale”, e numerose altre pizzerie. Tra gli imprenditori che riapriranno c’è, invece, Enrico Schettino, Ceo e Founder di Giappo Sushi Bar (che, ad oggi, conta in Italia ben 18 ristoranti) e di GiappoKe, ristorante fusion inaugurato al Vomero poco prima dell’inizio del lockdown. NapoliToday lo ha intervistato per capire qual è il suo punto di vista sul delivery e come sta organizzando la riapertura dei suoi locali.

- Da lunedì 27 riprenderanno le consegne a domicilio. Quali misure di sicurezza adotterai nei tuoi locali per garantire la sicurezza del cibo e per tutelare la salute dei tuoi clienti?

“Tante, troppe, ma giuste finché ci saranno rischi per la salute pubblica. Le nostre cucine sono a vista, garanzia massima di pulizia e regolarità delle procedure. I guanti: beh li hanno sempre utilizzati i nostri chef in cucina, ora indosseranno anche mascherine, camici monouso e copri calzari, e rispetteranno la distanza minima, come il resto del personale. Le materie prime non vengono mai toccate senza guanti nè mascherine, e vengono lavorati senza contatti. Crudo o cotto, il cibo non trasmette il covid: lo ha detto l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il prodotto viene poi inserito in box a norma, direttamente in cucina, dagli chef e trasferito in una busta, che viene messa in altra busta. In altra sala avviene il passaggio con il nostro runner, che verrà sottoposto a visita medica preventiva, termomisurato quotidianamente, fornito di guanti, mascherina, camici monouso e copri scarpe. I runner prenderanno la busta esterna, riponendo il tutto in box termici, che garantiscono la catena del freddo. Le consegne avvengono con autovetture dedicate, sanificate come i locali. Al momento della consegna, il box viene lasciato all'esterno dell'abitazione, il runner taglia la busta esterna e lascia la busta interna col box, senza averla mai toccata. Il cliente potrà comunque sanificare il box, prendendolo con i guanti, evitando così qualsiasi contaminazione. Una procedura ancora più rigida di quella che già avviene per i prodotti che acquistiamo in una salumeria o panificio, e per la spesa che ci consegnano a domicilio. Magari sapere alcune prescrizioni con un anticipo rispetto a due giorni lavorativi, ci avrebbe permesso di non passare dalla totale nullafacenza alla iperattività”.

- Il delivery riuscirà a coprire i costi della riapertura dei tuoi locali? “Il Giappo fa delivery da 12 anni, abbiamo una clientela storica che ordina a casa ogni settimana da anni. Sono settimane che ci chiedono di riaprire per riportare un raggio di sole in queste giornate grigie. Speriamo di accontentare tutti!”.

- Molte attività della ristorazione hanno già detto che a queste condizioni non apriranno. Come commenti la loro scelta?

“Giusta. Le aziende sono al collasso, la stanchezza mentale è tanta, le pressioni ancor di più. Non bisogna avvilirsi: è nei momenti come questi che un imprenditore deve rimboccarsi le maniche e ripartire”.

- Cosa pensi del contributo di 2 mila euro promesso dalla Regione alle micro imprese campane?

“Facciamo insieme un rapido calcolo: un ristorante deve avere un minimo di 3 dipendenti tra cucina e sala con un costo lordo pari almeno ad 1500 € cadauno. Considerando un fitto minimo di 1000€ mensili, con utenze, consulenze e un food cost pari al 30%, si arriva a 100 mila euro di costi all’anno. Il beneficio è a favore di chi ha fatturato meno di 100 mila euro nell’anno precedente. Se ha fatturato così poco, meno dei costi, oggi dovrebbe essere già fallito, e non per colpa del Covid”.

- Con la ripartenza del delivery torneranno a lavorare solo una parte dei dipendenti? Gli altri in che modo saranno salvaguardati?

“Hanno prolungato la cassa integrazione, resta il problema dell’erogazione delle relative somme. Sono state presentate 70 mila pratiche in Campania e ne devono decretare ancora 60mila! Le banche non anticipano le somme se non hanno le documentazioni. In pratica i collaboratori sono rimasti senza soldi”.

- Cosa ti auguri che decida il governo per la Fase 2?

“Tamponi. La prima cosa che chiedo. E poi un posto letto per ogni persona in caso di necessità. Ho regolarmente pagato per oltre 10 anni tasse in quantità, e non mi spetta neanche ciò per cui ho contribuito? Se ti riferivi a cosa mi aspetto per la mia attività? Nulla! Se hai bisogno di una mano, la troverai alla fine del tuo braccio!”.

- Questa emergenza, secondo te, cambierà in qualche modo il mondo della ristorazione?

“Ha già cambiato. Si tornerà alla cucina in casa. Dovremo dedicarci più alle ricette e meno ai selfie. I ristoranti lavoreranno con una riduzione del 50% per almeno 6 mesi. Non metterò mai divisori in plexiglas. Il ristorante è una esperienza da far vivere al cliente, in cui il cibo è il piatto principale, ma l’atmosfera fa da antipasto e dolce. Tenterò di fargliela vivere al meglio, con la riduzione dei posti a sedere e più spazio per chi viene”.

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