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Martedì, 23 Aprile 2024
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Pizza senza lievito, uno studio dell'università Federico II elabora la ricetta

Nel nuovo studio, il processo biochimico con cui il lievito produce le bolle è stato sostituito con un processo fisico che prevede di includere gas nell'impasto sotto pressione all'interno di un'autoclave riscaldata, una specie di forno pressurizzato

Un team dell'università Federico II di Napoli ha sviluppato un nuovo procedimento per realizzare una pizza senza lievito, mutuando esperienze ricavate sui polimeri.

Il risultato, pubblicato sulla rivista Physics of Fluids e messo in evidenza su Nature e su Scientific American, è frutto di una collaborazione tra il foamlab ed il rheolab, laboratori di eccellenza dell'ateneo Federico II. Il primo è il laboratorio specializzato nella schiumatura di polimeri, il secondo nello studio e nella misura delle proprietà reologiche dei materiali. Una delle chiavi del successo della ricerca è l'assortimento del team, composto da Nino Grizzuti, Rossana Pasquino ed Ernesto Di Maio, docenti afferenti al Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale - DICMaPI, da un dottorando, Pietro Renato Avallone e un tesista-pizzaiolo, Paolo Iaccarino.

Nel nuovo studio, il processo biochimico con cui il lievito produce le bolle è stato sostituito con un processo fisico che prevede di includere gas (aria, anidride carbonica o elio) nell'impasto sotto pressione all'interno di un'autoclave riscaldata, una specie di forno pressurizzato. Appena immesso nell'autoclave, l'impasto comincia a cuocere, ma fortunatamente in tempo sufficientemente lento da permettere la prima fase di dissoluzione del gas al suo interno. Poi, proseguendo la reazione, è tempo di formare le bolle, rilasciando la pressione. L'effetto è lo stesso di quando si rilascia la pressione aprendo, stappando una bottiglia di una bevanda gassata. Tuttavia, l'impasto preferisce essere deformato dolcemente, il che può essere realizzato con un programma di rilascio di pressione adeguato, lento quanto basta ad ottenere, quando l'autoclave avrà raggiunto la pressione ambiente, una pizza ben espansa e ben cotta.

"Per determinare le temperature e le velocità di rilascio di pressione ottimali, Paolo ha preso in prestito un po' di strumentazione del laboratorio per misurare la temperatura reale dell'impasto durante la cottura in un forno tradizionale, mentre Pietro ha misurato come evolvono le proprietà reologiche dell'impasto durante la cottura - spiega Ernesto di Maio, docente federiciano coordinatore dello studio - . Per realizzare una buona pizza serve che le reazioni di cottura e espansione siano sincrone, perfettamente coordinate. Per il lievito, è così da millenni. Per l'uso del gas in pressione, basta una buona dose di inventiva, laboratori attrezzati ed apparecchiature avanzate, il giusto team ed un po' di sale!".

La tecnica potrebbe essere applicata in futuro anche ad altri tipi di impasti, come quelli di pane, torte e snack, per andare incontro alle esigenze dei consumatori che soffrono di allergia al lievito.

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