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Nello Mascia in "A che servono questi quattrini?": "Vi racconto il 'mio' marchese Parascandolo"

Con lui in scena anche Valerio Santoro

Nello Mascia e Valerio Santoro saranno, fino al prossimo 5 febbraio al Teatro Acacia, i protagonisti di "A che servono questi quattrini?” prodotto dalla Pirandelliana per la regia di Andrea Renzi  “A che servono questi quattrini?” è una commedia di Armando Curcio messa in scena per la prima volta nel 1940 dalla compagnia dei De Filippo. NapoliToday, per l'occasione, ha intervistato Nello Mascia e Valerio Santono.

Mascia e il "suo" Parascandolo

Nello ci parli del personaggio che interpreta in questa commedia, il marchese Parascandolo, che è a metà strada tra un filosofo stoico e un astuto truffatore … 

"Parascandalo è un personaggio favolistico. Il suo fascino forse sta proprio nel fatto di non essere fino in fondo sicuri della sua limpidezza. Ma l'autore non ci offre nessuna chiave di lettura certa. È come si dice un personaggio "aperto". Ognuno può interpretarlo come vuole. Lui vuole dimostrare che il denaro non serve a nulla. È un trucco. Il suo paradosso è che non è importante avere soldi. Ma fare credere agli altri di essere ricchi. Poi l'autore alla fine smonta tutto. E fa dire a Vincenzo "professore avevate ragione voi. I soldi non servono a nulla. Specie se sono pochi"".

Lei è una istituzione e una garanzia in fatto di talento e professionalità. Cosa si sente di consigliare ai giovani attori che voglio percorrere la sua stessa strada e fortunata carriera? 

"Ai giovani che vogliono fare teatro raccomando. Sedetevi, calmatevi, prendete fiato. Vedrete che cambierete idea".

Santoro: "Andiamo sempre più verso il teatro pubblico"

Valerio lei è attore coprotagonista ma anche produttore dello spettacolo. Che prospettive ha secondo lei le prospettive per il Teatro in Italia?

"Il teatro italiano vira sempre di più verso il teatro pubblico grazie alla legge del 2015 che ha indicato decisamente questa direzione. Il COVID paradossalmente ha accelerato questo processo costringendo il teatro è le compagnie private a scelte che abbassano ancor più di prima la qualità’ dei prodotti e rischiando di far allontanare ulteriormente il pubblico teatrale dalle sale. 

Sarebbe bene ricordare che la storia del teatro Italiano è’ quella del teatro di giro. I modelli di teatro stanziale sono tipici di teatri europei che da sempre beneficiano di risorse pubbliche esponenzialmente più grandi rispetto a quelle messe a disposizione dalle Istituzioni al nostro settore."

La vedremo presto al cinema nella commedia “Jeans in agosto” accanto a Enzo De Caro, Nunzia Schiano e Ludovica Coscione. Come attore la appaga di più il teatro oppure recitare per il grande schermo?

"Sono nato, cresciuto e maturato in teatro. Partendo dalla compagnia di Luca De Filippo attraversando ormai quasi tutti i generi teatrali. Fortunatamente e continuamente tra le più importanti compagnie e teatri italiani ho avuto modo di accumulare esperienze davvero appaganti ed è’  quindi innegabile la mia affezione al teatro.

In questi ultimi anni invece sto riscoprendo un certo tipo di leggerezza che mi da piacere nel fare cinema e televisione e fino a poco fa non la riscontravo. Insomma a dire il vero ultimamente mi appaga molto la possibilità della macchina da presa al punto da sacrificare volentieri parte del mio tempo al teatro a vantaggio di quest’altra possibilità. Sara’ l’età……?".

La trama

La vicenda ruota intorno al Marchese Parascandolo detto il Professore che per dimostrare le sue teorie socratiche, bizzarre e controcorrente, ordisce un piano comicamente paradossale che svela l’inutilità del possesso del denaro.

L’Italia di lì a poco sarebbe entrata nel conflitto della II Guerra Mondiale e il mondo post-capitalistico dell’alta finanza era di là da venire ma l’argomento, così esplicitamente indicato nel titolo, stuzzicò la curiosità del pubblico di allora tanto che, pochi anni dopo, nel 1942, la commedia venne trasposta sugli schermi cinematografici per la regia di Esodo Pratelli con Eduardo e Peppino De Filippo protagonisti e con, tra gli altri, Clelia Matania e Paolo Stoppa.

Il protagonista immaginato da Amando Curcio, a metà strada tra un filosofo stoico e un astuto truffatore, non voleva, né poteva, mirare al bersaglio della Grande Economia ma certo l’ordito della sua trama e delle sue paradossali speculazioni sollecitano anche in noi uno sguardo disincantato (e saggio) sugli inganni della categoria dell’ECONOMICO, che tutto, oggi, pervade.

Il Marchese offre tutto il suo appoggio, dando il suo sostegno speculativo, a Vincenzino, ricco solo del suo entusiasmo e della sua ingenuità, e lo aiuta a capovolgere il suo destino di ultimo accompagnandolo in una rapidissima ascesa sociale. Una favola? Un sogno ad occhi aperti? Può darsi.

Ma i temi dell’inutilità del denaro e della dannosità del lavoro, benché calati nella realtà di due famiglie napoletane degli anni ’40, una poverissima l’altra in apparenza arricchita, riescono, sul filo del paradosso, a incuriosirci ad aprirci nella fantasia strade alternative e a divertirci.

Bolle finanziarie, truffe internazionali, fallimenti di colossi bancari, tassi di interesse sproporzionati, spread e fiducia nei mercati sono “slogan” e ridondanti informazioni ampliamente invasive cui ci siamo abituati e che, per la maggior parte di noi, indicano situazioni fumose e di oscura interpretazione.

E forse proprio spingendo sul parossismo del gioco teatrale, mostrato a vista, e sull’assurda fiducia della variegata comunità coinvolta nel piano del Marchese Parascandolo, si può, con la scanzonata e creativa adesione degli attori e in un clima popolare e festoso, relativizzare il potere dei “quattrini”, valore-totem indiscusso, che tutto muove oggi come allora.

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