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Napoli e il Sole ancora più vicini: la ricercatrice Clementina Sasso lavora alla missione Solar Orbiter

Si tratta di una missione dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) che partirà nel febbraio 2020: "Nessun telescopio ha mai osservato il Sole così da vicino". Clementina Sasso lavora ai dati di uno degli strumenti più preziosi di Solar Orbiter

Se Napoli è "'o paese d'o sole", come nel celebre brano di D'Annibale e Bovio, lo sarà ancor di più da febbraio del 2020. Tra circa un anno, infatti, partirà la missione dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) denominata Solar Orbiter. La sonda - che sarà lanciata da Cape Canaveral - si avvicinerà al Sole fino a un quarto dell'unità astronomica, per studiare alcuni misteri ancora irrisolti che riguardano la stella da cui l'umanità dipende. A bordo di Solar Orbiter ci sarà uno strumento, il coronografo Metis, che è stato realizzato seguendo le direttive di un gruppo del quale fanno parte tre scienziati dell'Osservatorio di Capodimonte. NapoliToday ha intervistato Clementina Sasso, giovane ricercatrice napoletana, da poco assunta a tempo indeterminato nell'Osservatorio dopo anni di precariato e lavoro all'estero. La ricercatrice Clementina Sasso è co-responsabile del gruppo di lavoro sull'analisi dei dati raccolti dal Metis: un gruppo istituito direttamente dall'ESA. 

Ci racconta la missione? Quando partirà, quali sono gli obiettivi e qual è il vostro contributo da Napoli e il suo in particolare?

"Solar Orbiter è una missione dell'Agenzia Spaziale Europea, l'ESA, che partirà a Febbraio 2020 dalla base di lancio della Nasa a Cape Canaveral, in Florida ed andrà a osservare il Sole. Attraverso questa missione cercheremo di svelare i misteri ancora irrisolti della fisica solare legati soprattutto all’attività magnetica e la variabilità della nostra stella e come si ripercuotono sull'eliosfera, in cui è immerso tutto il sistema solare e quindi anche noi. A bordo di Solar Orbiter ci saranno dieci strumenti e tre scienziati dell'Osservatorio di Capodimonte fanno parte del team di uno di questi strumenti, il coronografo Metis, finanziato e gestito dall’ASI (principal investigator dello strumento, Marco Romoli dell'Università di Firenze). In particolare, a Napoli abbiamo la responsabilità delle operazioni scientifiche dello strumento e della pipeline di riduzione dei dati che arriveranno. Io sono responsabile del software che pianificherà le osservazioni di Metis e sono co-responsabile del gruppo di lavoro sui modelli e l'analisi dei dati, istituito direttamente dall'ESA e che coinvolge tutti gli strumenti". 

Qual è la sua formazione, quali i suoi studi? È felice di essere tornata a Napoli? 

"Mi sono laureata in Fisica alla Federico II a Napoli con una tesi stellare svolta presso l'Osservatorio Astronomico di Capodimonte e poi ho studiato Astronomia e Astrofisica per il dottorato di ricerca al Max Planck Institute for Solar System Research in Germania con una tesi sul Sole. Appena dottorata ho saputo di una posizione aperta all'Osservatorio di Capodimonte nel gruppo di Fisica Solare, ho mandato la domanda e sono stata selezionata. Questo accadeva nell'Ottobre del 2008 e da allora ho sempre lavorato come precaria a Capodimonte fino a Dicembre dello scorso anno quando ho vinto il concorso come ricercatrice a tempo indeterminato. Mi considero fortunata nel poter svolgere il lavoro dei miei sogni nella mia città, vista la situazione della ricerca, e non solo, in Italia". 

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Qual è nel suo campo la tradizione a Napoli? C'è una scuola napoletana? 

"Il mio professore di Fisica Solare all'Università è stato Giuseppe Severino, da qualche anno in pensione. Si occupava, tra le altre cose, dello studio della dinamica della fotosfera, la parte più bassa dell'atmosfera solare, e delle oscillazioni solari (il Sole come la Terra è scosso da onde sismiche). Con lui è nata anche una scuola di strumentazione solare per la misura del campo magnetico solare, portata ancora adesso avanti in Osservatorio".

Tornando a Solar Orbiter: solitamente sembrano molto più affascinanti le missioni planetarie. Ci spieghi invece perché la vostra missione è interessante e quale contributo può dare all'umanità.  

"La particolarità di Solar Orbiter, rispetto alle altre missioni solari, risiede nell'orbita che percorrerà. Prima di tutto, osserverà il Sole da poco più di un quarto della distanza Terra-Sole con diversi strumenti che ci daranno un quadro completo del Sole dall'interno fino al vento solare. Prima di Solar Orbiter nessun telescopio ha mai osservato il Sole da così vicino. Poi, percorrendo un’orbita inclinata rispetto all’orbita terrestre, ci permetterà di osservare per la prima volta i poli solari e studiare il comportamento del campo magnetico in quelle zone". 

La missione si spingerà fino a un quarto della distanza Terra-Sole. Sarà possibile, in futuro, spingersi ancora oltre, e come fa una sonda a non sciogliersi?

"Al momento, nello spazio, c'è una sonda che si avvicinerà al Sole circa sei volte più di Solar Orbiter, ed è la missione della NASA, Parker Solar Probe, lanciata la scorsa estate. Questa missione non ha però telescopi a bordo ma solo strumenti per prendere misure in situ della corona (la parte più esterna dell'atmosfera) e del vento solare. Solar Orbiter si troverà ad affrontare temperature oltre i 500 gradi ed è "protetta" da uno scudo termico composto da strati di titanio e una copertura esterna con una pellicola protettiva chiamata "Solar Black" che è stata sviluppata appositamente per questa missione. Sicuramente ci sono limitazioni fisiche a spingersi oltre queste distanze ma se pensiamo che fino a qualche tempo anche queste due missioni erano ritenute impossibili, confido nello sviluppo tecnologico per provare a spingerci oltre".  

Napoli è 'o paese d'o Sole'. In termini scientifici questa affermazione ha una qualche veridicità?

"In termini meteorologici, Napoli è sicuramente una città privilegiata che può godere della luce del Sole senza nuvole che lo coprano per molto più tempo rispetto ad altre città del mondo e senza raggiungere temperature troppo elevate". 

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