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Da Napoli a Marte, Carlino: "Orgoglioso di far parte dell'equipaggio che partirà per la missione simulata"

Per 45 giorni (dal 27 maggio all'11 luglio), Roberto e altri tre colleghi resteranno chiusi in una sorta di capsula in viaggio verso la luna marziana Phobos, dove vivranno e lavoreranno come veri astronauti

Nell’equipaggio che il 27 maggio partirà per un viaggio simulato verso Marte c’è anche un napoletano. Si chiama Roberto Carlino, ha 33 anni, ed è un ingegnere aerospaziale laureatosi a Napoli, che si occupa di robotica presso l'Ames Research Center della NASA nella Silicon Valley, in California, dove è arrivato sette anni fa. Carlino ha lavorato come ingegnere del software per il Transiting Exoplanet Survey Satellite, una missione che riguarda il telescopio spaziale Kepler, per la ricerca di pianeti abitabili nei pressi di stelle vicine al nostro sistema solare, ed è attualmente impegnato in diversi progetti della NASA, come Astrobee e Advanced Composite Solar Sail System Cubesat.

Il 27 maggio, insieme ad altri 3 colleghi, partirà per la missione Human Exploration Research Analog (HERA) al Jhonson Space Center della NASA di Houston in Texas, che lo porterà sulla luna marziana Phobos (il maggiore e il più interno dei due satelliti naturali di Marte). I membri dell’equipaggio (di cui Carlino è l’unico italiano) resteranno chiusi in una sorta di capsula per 45 giorni (dal 27 maggio all'11 luglio) dove vivranno e lavoreranno proprio come veri astronauti. NapoliToday ha intervistato Roberto Carlino a poche ore dalla partenza.

Roberto, sei pronto a partire? Con quali spirito affronterai questa esperienza?

“Sono super pronto, super eccitato e super orgoglioso. Non vedo l’ora di partire per questa missione. Provengo da quasi tre settimane di addestramento: questa preparazione ci ha consentito di familiarizzare con la navicella, con tutti i suoi sistemi, e con i metodi di comunicazione con la Terra. Il 27 entreremo nell’habitat, in una sorta di navicella simulata, e inizieremo la missione. Saremo in isolamento totale per 45 giorni, non avremo possibilità di accedere a Internet, nè ai cellulari. Potremo comunicare con la Terra solo con il centro di controllo di Houston, e solo attraverso loro potremo metterci in contatto una volta a settimana con familiari e amici. Io sono super entusiasta per questa eperienza, anche perché questo tipo di missione costituisce la base fondamentale per affrontare poi eventuali vere missioni su Marte. Ed il mio sogno è proprio questo: diventare astronauta ed effettuare un viaggio reale nello Spazio”.

 In cosa consiste questa missione simulata?

“Simula il viaggio di andata, dalla Terra verso Phobos, il maggiore e il più interno dei due satelliti naturali di Marte, e poi quello di ritorno, da Phobos verso la Terra. Il tutto è simulato in un viaggio accelerato di 45 giorni: per un vero viaggio verso Marte, con le tecnologie propulsive di cui disponiamo oggi, ci vorrebbero almeno 8/9 mesi a tratta (dalla Terra a Marte, e viceversa), quindi due anni complessivi circa. Con questo viaggio simulato vogliamo capire come l’isolamento e il vivere in uno spazio chiuso molto ristretto per un lungo periodo impatti sulla mente e sul corpo umani: la metà degli studi che effettueremo in questa missione è proprio su questo. Per il resto la missione simula in tutto e per tutto una vera missione verso Marte. Si comincia con il “lancio” dalla Terra per poi entrare in orbita intorno ad essa, raggiungeremo poi una stazione lunare in orbita intorno alla Luna, dove effettueremo delle operazioni di agganciamento e installazione di alcune strutture spaziali, per poi dirigerci verso Phobos. Durante questo viaggio, dalla Luna a Marte, analizzeremo come cambia la comunicazione a causa delle grandi distanze, che potranno andare anche da 30 secondi a 5/6 minuti di ritardo, studieremo come l’equipaggio può riorganizzare i propri compiti ogni giorno autonomamente, tenendo conto che da un certo punto in poi le indicazioni dal centro di controllo ci arriveranno in ritardo, per cui verrà simulata anche la maggiore autonomia dell’equipaggio nell’organizzare i compiti pianificati. E poi, una volta arrivati su Marte, effettueremo delle passeggiate spaziali in realtà virtuale durante le quali preleveremo dei campioni di rocce dalla superficie della luna Phobos, utilizzando dei motori di grafica e di fisica utilizzati anche dagli astronauti della Nasa. Li porteremo all’interno dell’habitat e li studieremo con gli strumenti che avremo a disposizione. Infine, riprenderemo il viaggio per tornare sulla Terra. E, inoltre, durante queste tratte, dalla luna a Marte, e da Marte alla Terra, faremo tutta una serie di esperimenti di botanica, medici, di biologia, di ingegneria, studieremo eventuali anomalie, affronteremo eventuali situazioni di emergenza, ecc, tutto come se fossimo un vero e proprio equipaggio in missione nello Spazio”.

Cosa avete fatto durante l'addestramento?

“Quel che fanno i veri astronauti prima di partire per una missione reale nello Spazio. Ci siamo sottoposti per quasi tre settimane a un addestramento molto intensivo (dalle 7 alle 18 quasi tutti i gironi), abbiamo preso confidenza con tutti i sistemi e procedure dell’habitat che, tra l’altro, sono molto simili a quelli della stazione spaziale internazionale, abbiamo imparato ad utilizzarli, a capire come comunicare al meglio con il centro di controllo durante la missione, e gestire eventuali emergenze o anomalie sui nostri sistemi (anche queste verranno simulate in tutto e per tutto). Abbiamo, infine, imparato come effettuare i prelievi, gli esperimenti, come utilizzare tutta una serie di sensori che avremo addosso, e capire se questi sensori hanno dei problemi ed eventualmente risolverli, ecc. tutto come se fosse una missione spaziale vera e propria”.

E’ il primo viaggio simulato su Marte così lungo?

“No, ce ne sono stati altre in passato, come MARS-500, effettuato dai russi, che ha simulato una missione di 500 giorni sempre all’interno di un habitat chiuso. Ci sono poi alcune missioni che vengono ripetute ogni anno o ogni due anni e che durano 4/5 mesi, altre che durano molto meno (qualche settimana) e che vengono effettuate nel deserto dello Utah (negli Stati Uniti). E poi c’è un’altra missione che sta pianificando sempre la NASA e che durerà circa un anno. HERA ha, quindi, una durata intermedia tra le più corte che vengono fatte molto spesso e quelle più lunghe, che possono durare fino a un anno”. 

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A cosa servono le simulazioni sulla Terra?

“Prima di poter effettuare una missione vera e propria nello Spazio è necessario riprodurre e testare in tutti i modi le diverse fasi e procedure del viaggio. Nel caso specifico, HERA cercherà di studiare e testare come il restare rinchiusi per 45 giorni in un habitat piccolo possa impattare sulla fisiologia e psicologia umana. In particolare si cercheranno di studiare gli effetti sulle capacità intellettuali e fisiche dei singoli componenti dell’equipaggio. Per questo motivo una delle cose che si fa sempre durante una missione spaziale è l’allenamento fisico: noi ci alleneremo per 45 giorni ogni giorno come se fossimo in una vera missione spaziale. Gli astronauti, infatti, durante le missioni, si allenano fino due ore al giorno per mitigare gli effetti della microgravità sul corpo umano. Nel caso di HERA si vedrà come le nostre performance fisiche e intellettive variano con il progredire dei giorni, e come lo stare richiusi per 45 giorni possa impattare su queste performance. Per valutare ciò ci sottoporremo, noi componenti dell'equipaggio, a una serie di test intellettuali e fisici sia all’inizio che alla fine della missione. Altra cosa importante che faremo è sottoporci a una risonanza magnetica al cervello pochi giorni prima della missione, e anche qualche giorno dopo la fine di essa. Così potremo valutare in maniera scientifica l’impatto sul nostro cervello”.

Quando assisteremo al primo sbarco dell’uomo sul Pianeta rosso?

“La NASA in questo momento ha un piano più o meno confermato per i prossimi due decenni. Al momento con il programma ARTEMIS cercherà di portare prima di tutto gli esseri umani sulla Luna realizzando una base vera e propria sulla superficie lunare, e poi di utilizzare tutte le informazioni acquisite da questa base per la futura missione su Marte. Al momento si prevede che la NASA manderà i primi equipaggi sul Pianeta rosso tra il 2030 e il 2035, quindi ci vorrà ancora un pò di tempo. Immagino che anche altre agenzie spaziali stiano pianificando le loro prime missioni su Marte come la NASA, la Cina ad esempio ha in programma la sua entro il 2040”.

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