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Quali sono i punti in cui si aprirono bocche eruttive a Napoli? La mappa

"I napoletani ignorano di passeggiare sui vulcani", spiega Claudio Scarpati, docente di Geochimica e Vulcanologia alla Federico II, in un'intervista ad Ateneapoli

"I napoletani ignorano di passeggiare sui vulcani". E' quanto affermato dal professor Claudio Scarpati, docente di geochimica e vulcanologia presso l'università degli studi di Napoli Federico II, nel corso di una lunga intervista rilasciata ad Ateneapoli, lo storico quindicinale di informazione universitaria.

Il prof. Scarpati parla della mappa dei punti in cui si aprirono bocche eruttive in città: “A Napoli in molti quartieri ci sono una serie di vulcani che hanno dato forma alla struttura della città. Napoli fa parte vulcanologicamente dei Campi Flegrei, una caldera che si è attivata di volta in volta con bocche eruttive differenti. Alcune in zone come l’attuale corso Vittorio Emanuele, i Camaldoli, Capodimonte, il Chiatamone, alle spalle degli alberghi che affacciano oggi sul lungomare, Nisida. Oggi solo l’occhio esperto del geologo rintraccia quelle vicende e le relative testimonianze geologiche, perché quel che resta delle antiche eruzioni generate da bocche che si aprirono proprio in quei punti sono soffocate dalla urbanizzazione intensa. Al Vomero, per esempio, abbiamo trovato cupole laviche sepolte sotto i tufi studiando i percorsi delle linee metropolitane. Abbiamo individuato pezzi di vulcano, per così dire, dentro le cantine, sotto i giardini, nei tunnel. È un lavoro che stiamo portando avanti da decenni. L’episodio geologicamente più recente che abbiamo ricostruito è quello di Nisida, di 3900 anni fa".

Gli studiosi hanno dunque individuato 19 punti nella città di Napoli dove si aprirono bocche eruttive dislocati in vari quartieri: “Sono punti dai quali sono venute fuori eruzioni esplosive ed in un caso è fuoriuscita una colata lavica. Per alcuni di essi siamo riusciti anche ad ipotizzare una datazione. Ce ne sono di 80, 50, 20 mia anni fa. Quello al Chiatamone aveva il suo centro eruttivo, in parte cancellato dall’azione del mare, alle spalle di Castel dell’Ovo e certamente risale a non più di 15mila anni fa. Quello di Nisida parrebbe l’episodio più recente. Per datare bisogna trovare cristalli radiogenici. In alcuni casi si trovano, in altri è più difficile”.

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