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Giovedì, 28 Marzo 2024
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L'angelo custode dei malati di cancro a casa è una app (made in Campania)

Si chiama Kerubin e oggi è un progetto pilota per il tumore renale. Ma l’obiettivo è renderla disponibile per tutte le patologie con un decorso lento e impegnativo. Semplificano il lavoro dei medici e facendo sentire i pazienti più protetti. Ne abbiamo parlato con una delle sue ideatrici

Secondo la tradizione cattolica, il Cherubino è un angelo protettore dotato di grande saggezza. Oggi in Italia Kerubin è una applicazione innovativa per smartphone, che ha l’obiettivo di tenere monitorate giorno dopo giorno e da casa le patologie croniche. È nata nel 2020, l’anno in cui abbiamo capito quanto la presa in carico a distanza del paziente sia importante. Ne abbiamo parlato con Priscilla Cascetta, una delle ideatrici del progetto, sviluppato dall'omonima società che ha sede a Massa Lubrense, nel Napoletano.

Dottoressa Cascetta, cos’è Kerubin?
È una app che si può scaricare su tutti i dispositivi mobili, pensata per affrontare tutte le patologie croniche. Inizialmente l’idea era di aprirla solo ai pazienti oncologici seguiti a domicilio, ma con quest’anno ci siamo resi conto che questo non basta e che un’idea come la nostra era necessaria. Abbiamo sviluppato la app nei suoi dettagli tecnici, organizzativi e operativi proprio durante la pandemia, e questo ci ha permesso di capire cosa poteva essere importante e cosa no. Siamo appena partiti con un progetto pilota: abbiamo coinvolto dieci strutture sanitarie che seguano a distanza pazienti affetti da tumore renale attraverso la app.

Come funziona nella pratica?
All’inizio della presa in cura del paziente il personale sanitario inserisce i dati anagrafici e clinici del malato nella piattaforma online di Kerubin. Un passaggio veloce, semplificato dal sito stesso che non vuole appesantire e rallentare il lavoro dei medici. Il paziente scarica l’app sul cellulare, accede al suo profilo e trova già i suoi dati e la sua terapia registrati. Periodicamente Kerubin ricorda al paziente di assumere i farmaci e lo interroga sulla comparsa di eventuali effetti collaterali. Se effettivamente questi ci sono, la piattaforma suggerisce anche alla persona i comportamenti più adatti, che possono andare dal monitorare i sintomi alla visita in pronto soccorso. Dall’altro lato, anche il medico può tenere sotto controllo l’andamento della malattia, con gli effetti collaterali e la sintomatologia. Come dicevo per ora lavoriamo solo coi pazienti oncologici, ma è evidente che un meccanismo così semplice e intuitivo può essere esteso a tutte le patologie che hanno bisogno di una presa in cura lunga e domiciliare. Malattie di questo tipo sono faticose, e spesso alienanti: tra gli obiettivi di Kerubin c’è anche far sentire meno soli i pazienti. E anche meno confusi: spesso i malati ci dicono di avere avuto difficoltà a tener dietro alle medicine, di averle confuse o di averle prese nei momenti sbagliati.

Il medico può fare commenti, dare consigli, prescrivere ricette o esami?
Quello è l’obiettivo: non è nel progetto pilota ma sicuramente arriverà. Allo stesso modo per il paziente sarà possibile caricare tac, esami di laboratorio e risultati dei test. È anche importante sottolineare che per le terapie tumorali i farmaci stanno sempre di più sostituendo le chemioterapie. Quello che prima andava necessariamente fatto in ospedale con un macchinario specifico ora richiede una compressa da prendere a domicilio. Se da un lato è positivo perché la chemioterapia è molto invasiva, dall’altro si va a perdere il follow-up del paziente fatto di persona in ospedale: Kerubin permette di avere diretto contatto con il proprio dottore. Come una cartella clinica che il paziente può portarsi sempre dietro e che il medico visiona per non perdere informazioni sul paziente.

È possibile in un futuro pensare a un uso per il medico di base, anche per pazienti che non soffrono necessariamente di una patologia difficile come il tumore ma che hanno bisogno di un confronto più o meno costante?
Assolutamente sì: noi ci siamo già confrontati con la SIMG, Società Italiana di Medicina Generale. La medicina di base è strettamente connessa alla realtà territoriale in cui si trova, cosa che per noi è un problema, soprattutto se pensiamo alla prescrivibilità dei farmaci: l’impegnativa che facciamo in Campania è diversa da quella che fanno in Friuli, e le due non si parlano. Questo aspetto è molto delicato, e spero che in futuro riusciremo a delineare una linea guida ospedale-territorio che sia comune e nazionale. Grazie alla pandemia ci siamo resi conto di quanto medicina del territorio e ospedaliera siano interconnesse.

La pandemia ci ha anche mostrato quanto sia importante la medicina telematica, a distanza. Siete d’accordo?
Per noi rappresenta un futuro che si delinea chiaramente. E lo dimostra il fatto che proprio durante questa pandemia abbiamo ricevuto una forte spinta in avanti soprattutto in termini di finanziamenti, anche grazie al Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale che ci ha erogato la Regione Campania. I riflettori su questa tematica sono accesi, e penso che lo rimarranno a lungo.

Lei diceva che i pazienti “ci” dicono di aver difficoltà con le medicine. Quindi lei è un medico?
Sì, sono un’oncologa come lo è Giacomo Cartenì che è il fondatore di Kerubin. Abbiamo lavorato insieme, ci siamo confrontati e abbiamo deciso di portare avanti in questo modo un settore della medicina che conosciamo bene. La nostra esperienza viene dal campo, siamo riusciti a sviluppare un progetto come questo perché sappiamo come può essere difficile la gestione di un paziente con un tumore. Sono persone molto fragili, che hanno molta necessità di essere seguiti e coccolati. Anche proprio a livello psicologico.

Quale è stato l’impatto della pandemia sulle cure oncologiche?
Per esperienza diretta posso dirle che le persone che avevano già una diagnosi non sono state trascurate. I trattamenti sono continuati: non ho mai sentito di colleghi, in nessuna regione, che hanno dovuto interrompere o ritardare una terapia per via del Covid. Invece il dato tragico, vero e secondo me sottostimato è il ritardo delle nuove diagnosi. Lo screening sanitario nazionale si è fermato e si è convertito al Covid, soprattutto nei mesi di marzo e aprile del 2020: quindi ci saranno molti casi di tumore alla mammella, alla cervice, al colon o alla prostata non diagnosticati. Io temo che nei prossimi anni ce ne accorgeremo. Ma saremo preparati, perché il settore oncologico ha fatto enormi passi in avanti.

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