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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Attualità

Effetti collaterali dei vaccini Covid, il rischio trombosi: tutte le domande e le risposte

Documento di Aifa sulle Complicanze tromboemboliche post-vaccinazione anti-COVID-19

A seguito della segnalazione, in soggetti sottoposti a vaccinazione anti-SARS-CoV-2 con i vaccini a vettore virale Vaxzevria (ChAdOx1 nCov-19 della ditta Astra Zeneca) e Janssen (Ad.26.COV2.S della ditta Johnson & Johnson), di eventi trombotici in sedi atipiche (trombosi dei seni venosi cerebrali e/o del distretto splancnico), associati a piastrinopenia e con decorsi clinici di particolare gravità, l’AIFA ha nominato un Gruppo di esperti in patologie della coagulazione (Gruppo di Lavoro Emostasi e Trombosi) a supporto della Commissione Tecnico Scientifica (CTS). Il mandato del gruppo era quello di approfondire la plausibilità biologica degli eventi, identificare le eventuali strategie di minimizzazione del rischio e indicare le modalità più corrette per la gestione clinica di questi eventi rarissimi.

Domande e risposte

Il documento (strutturato in domande e risposte) rappresenta le conclusioni del gruppo di esperti ed è finalizzato a fornire ai medici non specialisti e al personale sanitario le informazioni attualmente disponibili per identificare precocemente e gestire nel modo più appropriato questo evento avverso rarissimo.

Inquadramento

In soggetti recentemente sottoposti a vaccinazione anti-SARS-CoV-2 con i vaccini a vettore virale Vaxzevria (ChAdOx1 nCov-19 della ditta Astra Zeneca) e con COVID-19 Vaccine Janssen (Ad.26.COV2.S della ditta Johnson & Johnson) sono state riportate diverse segnalazioni di eventi trombotici in sedi atipiche (trombosi dei seni venosi cerebrali e/o del distretto splancnico), associati a piastrinopenia e con decorsi clinici di particolare gravità. Le Autorità competenti (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee- PRAC dell’European Medicines Agency e l’Agenzia Italiana del Farmaco) hanno intensificato l’attività di farmacovigilanza, attivando nel contempo gruppi di lavoro per approfondire la plausibilità biologica degli eventi, le eventuali strategie di minimizzazione del rischio, e le modalità più corrette per la gestione clinica di questi rari eventi. Il documento che segue (strutturato in domande e risposte) rappresenta le conclusioni del Gruppo di Lavoro Emostasi e Trombosi di esperti in patologie della coagulazione nominato a supporto della Commissione Tecnico Scientifica CTS AIFA, ed è finalizzato a fornire ai Medici non specialisti ed al personale sanitario le informazioni attualmente disponibili per identificare precocemente e gestire nel modo più appropriato questo raro evento avverso.

2. Quali complicanze tromboemboliche sono state osservate nei soggetti vaccinati con Vaxzevria e COVID-19 Vaccine Janssen? In linea generale, gli eventi tromboembolici venosi occorsi in soggetti vaccinati con Vaxzevria e con il vaccino Janssen non sono risultati più frequenti rispetto a quelli attesi nella popolazione non vaccinata [1,2]. Sono stati tuttavia accertati rari casi di eventi del tutto peculiari, caratterizzati da trombosi dei seni venosi cerebrali (TSVC) e/o trombosi delle vene splancniche, spesso associati alla presenza di trombi in sedi multiple e a piastrinopenia, con emorragie gravi e talvolta segni di coagulazione intravascolare disseminata (CID). Questi eventi sono stati osservati quasi esclusivamente entro circa tre settimane dalla vaccinazione in soggetti sani con età inferiore a 60 anni, prevalentemente donne.

 Qual è la loro frequenza? Per il vaccino Vaxzevria, da fonte EudraVigilance1 , alla data del 4 aprile 2021, sono stati riportati 169 casi di trombosi dei seni venosi cerebrali (TSVC) e 53 casi di trombosi delle vene splancniche, spesso associati a piastrinopenia, su un totale di circa 34 milioni di dosi di vaccino Vaxzevria somministrate nell’ Area Economica Europea (EEA) e nel Regno Unito (UK) [3], pari a 6,5 casi per milione di soggetti che hanno ricevuto almeno una dose, riferita, alla data di analisi, sostanzialmente alla prima dose di vaccino. Dal rapporto preliminare EMA, nell’ambito della procedura europea di rivalutazione del vaccino Vaxzevria attualmente in corso2 , si evince che per gli eventi di trombosi venose in sedi atipiche associate a piastrinopenia è stato stimato un tasso di circa un caso ogni 100.000 vaccinati. Anche i casi riportati nei sistemi di farmacovigilanza della Gran Bretagna nell’ultimo report pubblicato il 20 maggio3 sono in linea con tale dato (309 casi per 23.9 milioni di prime dosi con vaccino Vaxzevria). In Italia al 26 aprile sono stati riportati 34 casi di trombosi venose in sedi atipiche, 18 delle quali associate a trombocitopenia4 . Rispetto alle somministrazioni effettuate con Vaxzevria si osservano quindi 0.45 casi ogni 100.000 vaccinati, dato che potrebbe risentire della minor rappresentatività del campione italiano rispetto ai dati europei e anglosassoni. Per quanto riguarda gli eventi osservati dopo somministrazione del vaccino Janssen, il sistema di sorveglianza USA “Morbidity and mortality weekly report” 5 alla data del 30 aprile 2021, riporta 17 casi di trombosi in sedi atipiche associate a trombocitopenia (eventi del tutto simili a quelli osservati con il vaccino Vaxzevria) su 7,98 milioni di dosi di questo vaccino somministrate in Nord-America.

3. Quali possono essere i meccanismi fisiopatologici alla base delle manifestazioni tromboemboliche più gravi (trombosi dei seni venosi cerebrali e/o del distretto splancnico associate con trombocitopenia). La trombosi dei seni venosi cerebrali (TSVC) è una manifestazione rara, con una incidenza annuale che oscilla tra 0,2 e 1,5 casi per 100.000 abitanti per anno ed una prevalenza nel sesso femminile. Tipicamente si associa a condizioni protrombotiche, congenite o acquisite, alcune delle quali caratteristiche delle donne, come l’uso della pillola o la gravidanza e il puerperio. Raramente però si associa a trombocitopenia.  I casi di TSVC e/o del distretto splancnico che sono stati osservati dopo la somministrazione di Vazxevria e del vaccino Janssen hanno mostrato come caratteristiche comuni un’insorgenza tra 5 e 21 giorni dopo la vaccinazione, la presenza concomitante di trombocitopenia di varia gravità e un andamento rapidamente progressivo, spesso con il riscontro nei giorni successivi al ricovero di trombosi in numerosi altri distretti vascolari, soprattutto venosi ma anche arteriosi, e in alcuni casi di alterazioni coagulative compatibili con una coagulopatia da consumo (coagulazione intravascolare disseminata). Questo tipo di presentazione, cioè l’associazione tra trombocitopenia e complicanze trombotiche spesso multiple con un andamento clinico rapidamente ingravescente, è nota verificarsi in alcune forme trombotiche con base autoimmunitaria, come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi “catastrofica”, la porpora trombotica trombocitopenica, o la trombocitopenia indotta da eparina associata a trombosi. In effetti, alcuni ricercatori tedeschi e successivamente norvegesi hanno rilevato in 16 casi di TSVC post-vaccinazione una positività per anticorpi contro il complesso tra fattore piastrinico 4 ed eparina, suggerendo che il meccanismo che innesca questa complicazione in soggetti non precedentemente esposti all’eparina possa essere quello definito come “trombocitopenia autoimmune indotta da eparina”, forse innescato dalla formazione di complessi tra gruppi polianionici indotti dal vettore virale e fattore piastrinico 4 o dalla produzione di anticorpi generati dalla reazione infiammatoria al vaccino capaci di cross-reagire con le piastrine e il fattore piastrinico 4 (PF4). Non c’è però ancora evidenza che questo sia l’unico meccanismo fisiopatologico che innesca questa sindrome trombotica e almeno alcuni dei casi finora descritti non sono risultati positivi al test per la ricerca degli anticorpi anti complessi PF4/eparina. Rimane inoltre da definire per quale ragione questa reazione avversa si sviluppi esclusivamente in alcuni rari casi. Meccanismi alternativi, descritti in precedenza con i vaccini contro SARS-CoV e MERS, definiti “incremento di malattia indotto da anticorpi” (ADE) e scatenati dall’attivazione di specifici recettori di cellule infiammatorie da parte di immunocomplessi generatisi a seguito della vaccinazione, non possono essere esclusi.

4. Sono stati identificati dei fattori in grado di individuare i soggetti a maggior rischio di sviluppare queste manifestazioni tromboemboliche? Al momento, la mancata definizione di un meccanismo fisiopatologico unitario alla base dei rari casi di trombosi dei seni venosi cerebrali e/o del distretto splancnico associata a vaccinazione da Vaxzevria rende impossibile identificare dei fattori di rischio da cercare nella popolazione generale. Ciò è particolarmente vero per la ricerca delle condizioni trombofiliche ereditarie più comuni (es. mutazione Leiden del Fattore V o G20210A del Fattore II in eterozigosi, deficit degli inibitori naturali della coagulazione), che si può stimare che siano presenti nel 5-6% della popolazione generale Vers. 1 del 26/05/2021 4 europea. Ci si può quindi attendere che circa 5.000-6.000 persone ogni 100.000 soggetti vaccinati con Vaxzevria siano portatrici o portatori di queste anomalie coagulative, il che contrasta evidentemente con l’estrema rarità delle più gravi complicazioni trombotiche osservate (trombosi dei seni venosi cerebrali e/o del distretto splancnico). La stessa interpretazione può essere data anche nel caso in cui siano presenti fattori di rischio, come ad esempio l’assunzione di estroprogestinici, che in Italia sono utilizzati da circa 2.300.000 donne. È noto da tempo che questi farmaci aumentano il rischio di TEV di circa 4 volte in tutte le donne, con qualche differenza a seconda dei vari tipi di composti. Questo significa che il rischio assoluto annuo di avere un episodio di TEV per una donna di età 60 anni, a differenza di quanto inizialmente raccomandato? Seguendo l’approvazione di EMA, AIFA ha autorizzato il vaccino Vaxzevria (ex COVID-19 AstraZeneca) il 30 gennaio 2021, dando indicazione, in attesa di acquisire ulteriori dati, ad un suo utilizzo preferenziale in soggetti tra 18 e 55 anni. Questa scelta era giustificata dalla scarsità di dati disponibili negli studi registrativi relativi alla popolazione di età > 55 anni, sebbene una buona risposta anticorpale fosse già stata osservata nel campione limitato riferito a questa sottopopolazione. La disponibilità di ulteriori dati (provenienti soprattutto da studi osservazionali condotti in Regno Unito e Scozia e resi noti nel corso del mese di febbraio 2021) relativi a buoni risultati in termini di efficacia e sicurezza del vaccino in fasce d’età superiori, ha portato a due successive circolari del Ministero della Salute che hanno consentito l’utilizzo del vaccino dapprima in soggetti fino a 65 anni e poi anche in un’età > 65 anni. Successivamente, sono stati però segnalati rari eventi avversi gravi, verificatisi entro 14 giorni dalla somministrazione del vaccino Vaxzevria in soggetti nella maggior parte dei casi di età < 60 anni, prevalentemente donne, caratterizzati da trombosi in sedi inusuali spesso associate a piastrinopenia. Questi elementi hanno portato EMA, dopo una valutazione di tutti i dati di farmacovigilanza, ad aggiornare successivamente le informazioni di sicurezza del vaccino nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto e nel Foglio Illustrativo per il paziente. L’analisi dell’EMA ha confermato che il bilancio beneficio/rischio del vaccino Vaxzevria rimane complessivamente positivo, in quanto il vaccino è sicuramente efficace nel ridurre il rischio di malattia grave, ospedalizzazione e morte connesso al COVID-19. Tale bilancio viene ritenuto progressivamente più favorevole al crescere dell’età, sia in considerazione dei maggiori rischi di sviluppare COVID-19 grave, sia per il mancato riscontro di un aumentato rischio degli eventi trombotici sopra descritti nei soggetti vaccinati di età superiore ai 60 anni. Sulla base di tali considerazioni, una circolare del Ministero della Salute [21], tenendo conto del parere della Commissione Tecnico Scientifica (CTS) di AIFA espresso il 7 aprile 2021, ha raccomandato l’uso preferenziale del Vaxzevria in persone di età superiore a 60 anni. Una successiva circolare del Ministero della Salute [22], acquisito il parere della CTS del 20 aprile 2021, tenuto conto delle analogie esistenti tra i due vaccini (Janssen e Vaxzevria), sia per quanto riguarda le piattaforme utilizzate (vettore adenovirale in entrambi i casi) che per la tipologia di eventi (in particolare relativamente al quadro clinico e all’età di insorgenza), ha stabilito che per il vaccino Janssen debbano essere previste le stesse condizioni di utilizzo del vaccino Vaxzevria.

 C’è un razionale per decidere cosa fare della seconda dose per i soggetti < 60 anni che hanno già assunto la prima dose di Vaxzevria? Questa problematica riguarda solamente il vaccino Vaxzevria, in quanto il vaccino Janssen prevede una singola somministrazione. Come si è visto, i casi di Vaccine-induced Immune Thrombotic Thrombocytopenia (VITT) riportati dopo la prima dose hanno riguardato pochi soggetti per milione di vaccinati, prevalentemente di sesso femminile, e concentrati nella fascia di età fra 25 e 60 anni. La mancanza di una definizione del meccanismo eziopatogenetico alla base dei casi di trombosi venosa in sedi atipiche accompagnata da piastrinopenia rende difficile prevedere se, e in quale misura, tali complicazioni possano verificarsi dopo la seconda dose nei soggetti che si trovano nella fascia di età in cui si sono verificati la maggior parte dei casi di VITT. Un’ipotesi patogenetica prevede che Vaxzevria, ed in particolare il vettore adenovirale di cui si serve, possa attivare con meccanismi ancora non definiti la cascata coagulativa e che ciò porti, in soggetti con predisposizioni non identificate, al raro fenomeno trombotico in sedi atipiche. In questo caso è ragionevole attendersi che con la prima somministrazione del vaccino si sia già avuta la cosiddetta “deplezione dei suscettibili”, ovvero una sorta di selezione dei soggetti che per ragioni non note sono più esposti all’azione di questi ipotetici meccanismi protrombotici, e che pertanto eventuali manifestazioni avverse siano ancora più rare a seguito della seconda dose. Un’ipotesi alternativa porta a supporre che alla base delle manifestazioni trombotiche vi possa essere un meccanismo auto-immune, con la produzione di auto-anticorpi in grado di attivare la coagulazione. Questa ipotesi è stata suggerita dal gruppo tedesco di Greinacher e recentemente pubblicata sul New England Journal of Medicine [24], e prevede che Vaxzevria induca la produzione di auto-anticorpi che, attraverso un’interazione con il Platelet Factor 4, sono in grado di attivare le piastrine e la coagulazione in generale, provocando un quadro pro-trombotico simile a quello che si osserva in corso di piastrinopenia da eparina (HIT). Analoghe osservazioni della presenza di anticorpi anti-PF4 in soggetti con VITT sono state riportate anche da altri Gruppi, ed anche in associazione con un altro vaccino con vettore adenovirale.

In questa ipotesi la riesposizione al vaccino potrebbe portare a manifestazioni cliniche importanti in alcuni soggetti che in occasione della prima dose avevano già attivato una risposta immunitaria anomala, anche se clinicamente non evidente. Anche se nella “classica” HIT non vi è evidenza che la ri-esposizione all’eparina a distanza di più di 3 mesi dal primo episodio sia associata ad una ricomparsa del fenomeno, nel setting particolare della vaccinazione con Vaxzevria non si può escludere che un soggetto che non abbia sviluppato la rara reazione coinvolgente le piastrine con la prima dose, non possa farlo con la seconda. Alla data del 12 maggio sono stati riportati da parte della Medicines & Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) inglese 15 casi di trombosi atipiche con piastrinopenia su circa 9 milioni di seconde dosi di Vaxzevria somministrate, il che sembrerebbe corrispondere, al momento, ad un segnale più debole di quello riscontrato per le prime dosi e comunque definibile come molto raro. Benché tale dato sembri avvalorare l’ipotesi della “deplezione dei suscettibili”, e rassicurare sulla somministrazione delle seconde dosi, va osservato che non sono disponibili al momento informazioni sull’età e sesso di questi ultimi casi. Pertanto la sicurezza della somministrazione di Vaxzevria nei soggetti di età inferiore a 60 anni rimane un tema ancora aperto, e sul quale vi sono margini di incertezza. Nonostante queste incertezze, il Gruppo di Lavoro Emostasi e Trombosi ritiene che il completamento della schedula vaccinale rappresenti la strategia di contrasto alla diffusione del virus SARS-Cov-2 che garantisce il migliore livello di protezione. Nel contempo, l’attenta attività di farmacovigilanza già in atto consentirà di raccogliere dati aggiornati e stabilire l’eventuale necessità di formulare ulteriori raccomandazioni volte ad ottimizzare, ove appropriato, il profilo beneficio/rischio nel singolo paziente.

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