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Teatri e cinema chiusi, Massimiliano Gallo: "Scelta scandalosa"

L'intervista al noto attore partenopeo

“No” ad un lockdown totale, come avrebbe voluto il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, ma “sì” a nuove misure restrittive per contenere i contagi da Coronavirus. Questa è la strada presa dal Governo che, nella persona di Giuseppe Conte, ha presentato il nuovo Dpcm. Tra le limitazioni messe nero su bianco a Palazzo Chigi c’è la nuova chiusura di teatri e cinema. La notizia circolava già da qualche giorno e diversi artisti hanno “alzato la voce” contro questa decisione. NapoliToday ne ha parlato con il noto attore napoletano Massimiliano Gallo.

Massimiliano, il Governo ha deciso per la chiusura di teatri e cinema. Quali sono le sue considerazioni in merito?

"Io faccio parte anche del consiglio direttivo di U.N.I.T.A. (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo) e da stanotte siamo in tutti in contatto per capire quale strategia mettere in atto per questa cosa che è scandalosa e senza una giustificazione reale rispetto alla salute.  La chiusura dei teatri, dopo un’inchiesta della AGIS che da giugno a ottobre ha registrato solo un caso positivo, manda in confusione e non ti fa capire quali sono le logiche se non quelle che rispettano solo delle lobby. La cosa più grave che questa Paese ha stabilito che la cultura fa parte del tempo libero e viene quindi equiparata a sale bingo e casinò. Questa è una scelta pericolosa perché la cultura non serve solo per produrre soldi, ma serve anche per formare nuove generazioni. L’Italia è l’unico Paese civile nel quale si è stabilito che la cultura è un bene secondario e non primario, come avviene nei Paesi del Terzo mondo. Ciò che è avvenuto è una cosa molto triste, che non ha giustificazioni, nemmeno quelle relative alla salute. Prima si parlava di teatri frequentati solo da anziani, ma ora neanche più questa scusa regge. Basta vedere le chiese che, pur essendo frequentate da anziani, restano aperte. Questo è il punto più basso, secondo me, della storia di questo Paese: i teatri non venivano chiusi neanche in tempo di guerra. In Europa, altri governi, hanno previsto ammortizzatori sociali, aiutato la cultura. In Italia, invece, non si sa neanche di cosa si sta parlando. Il ministro Franceschini dovrebbe dimettersi, solo perché questa situazione si è venuta a creare. Durante il primo lockdown sono stati dati soldi a pioggia ai teatri, ma non si è pensato ai lavoratori. Così, ovviamente, non si può continuare: c’è gente che non riesce a portare il piatto a tavola e questa cosa toglie dignità ai lavoratori”

Per il momento è tramontata l’ipotesi di una nuova totale chiusura. Ma, secondo lei, è fattibile ripercorrere questa strada?

"Il totale lockdown lo Stato non può sostenerlo per motivi economici, altrimenti ci avrebbero già rinchiusi dentro. Lo Stato non ha i fondi necessari e, ad un certo punto, vuole far passare il messaggio che la colpa sia di chi non si è comportato bene. Io non sono assolutamente un negazionista, credo che il Covid esista e che abbia fatto grandi danni, ma un Paese che guarda al futuro, dopo la prima ondata, si sarebbe riorganizzato per andare avanti cercando di limitare i danni.   La soluzione, secondo alcuni medici, non è quella di chiudere tutto. Perché? Perché la situazione si risolverebbe per due mesi, ma poi si ritornerebbe al punto di partenza. La soluzione è convivere con questo virus e mettere delle regole precise. A teatro, per esempio, erano state messe regole chiare come il distanziamento di tre metri, con duecento persone in una sala da mille… A livello scientifico non c’è alcuna giustificazione per chiudere i teatri. C’è una totale incoerenza rispetto a quello che accade. Il calcio resta aperto, con decine di casi di Covid, mentre il resto si può sacrificare. Questo è un messaggio che non fa bene a nessuno, soprattutto alle persone oneste. Per cui, o le regole valgono per tutti o per nessuno. Se si convive con il Covid nel calcio, così si farà in una fabbrica o in un teatro. La soluzione non è la chiusura totale. Questo andava bene nella prima ondata, quando tutto era imprevedibile. Ma dopo quattro mesi non era impossibile prevedere un affollamento in una metropolitana, prevedere orari diversi per chi va a scuola, per chi va a lavoro. Bisogna stare attenti, rivedere la propria vita sociale, ma è impensabile non uscire più. Altrimenti non moriamo di Covid, ma moriamo di fame”.

Dopo il “coprifuoco” stabilito dalla Regione, sono state tante le proteste. Alcuni giorni fa abbiamo assistito anche a scontri violenti. Cosa ne pensa?

"Quando viene usata la violenza le situazioni sono tutte da condannare. Anche su quello c’è una speculazione dei media dove se una cosa succede a Napoli debba essere per forza legata alla camorra. Ci troviamo dinanzi ad un malcontento logico di una parte di popolazione che non riesce più a capire come fare ad andare avanti. Molti commercianti che conosco si sono a stento rialzati dopo la prima ondata. Si sono sforzati per ripartire, per mettersi in regola, per adeguarsi a tutte queste misure sanitarie, hanno ridotto posit, tavoli… Ma più di questo un commerciante cosa deve fare? Se alla speranza di rialzare la testa gli dai un’altra mazzata, la cosa diventa molto pericolosa per quanto riguarda lo stato sociale. Era prevedibile che in una manifestazione del genere si sarebbero potute insinuare frange estremiste e violente. Se vogliamo ricordare agli scontri del G8, non erano gli abitanti di Genova, ma persona arrivate da tutto il mondo per fare quello. Ovviamente, e mi ripeto, ogni situazione di violenza va condannata, soprattutto contro le forza dell’ordine che sono lì per lavorare. Però se si pensa che la soluzione sia una chiusura senza spiegazione, anche a chi si è messo in regola, è chiaro che crei un blackout nella popolazione. Quì stiamo parlando di sopravvivere, non di vivere nel lusso. E chi rispetta le regole dev’essere premiato e non sempre penalizzato. Hanno creato una guerra tra poveri, un tutti contro tutti che sta diventando sempre più pericoloso".

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