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"Sopra il vulcano. Il campo, lo scudetto, la vita": la biografia di Ottavio Bianchi

Il libro realizzato dallo storico allenatore del primo scudetto del Napoli insieme alla famiglia Camilla

"Mio padre è quel signore che in un filmato Rai ormai passato alla storia, il giorno della vittoria del primo scudetto del Napoli, a fine partita scappa negli spogliatoi inseguito da Giampiero Galeazzi che lo sovrasta brandendo un microfono. Sugli spalti novantamila napoletani cantano la loro gioia, e lui, occhi bassi e passo veloce, si limita a dire: 'Abbiamo fatto un buon lavoro. Sono soddisfatto'. Stop". Ottavio Bianchi è fatto così. Schivo, riservato, umile. Eppure il suo nome è nella leggenda del calcio italiano, visto che lui portò il Napoli al primo, indimenticabile scudetto. Il ricordo di quei quattro anni da allenatore della squadra (una compagine fortissima, costruita attorno
al più grande di tutti, Maradona, ma con campioni indiscussi come Careca, Carnevale, Alemao, De Napoli, Ferrara e tanti altri) è una delle poche cose che riesce a forzare la sua proverbiale riservatezza.

Il tutto raccontata in "Sopra il vulcano. Il campo, lo scudetto, la vita" (Baldini+Castoldi), la biografia dell'ex calciatore, allenatore e dirigente azzurro scritta in collaborazione con la figlia giornalista Camilla. 

Solo a lei, infatti, Bianchi poteva dettare il racconto di una vita sul campo, prima da calciatore di ottimo livello, poi da allenatore vincente. Un racconto caldo, divertente, emozionante e a volte commovente, profondamente sincero perché a una figlia si possono dire cose che ad altri non sveleresti mai.

"La prefazione è di Gianni Mura. Ci siamo sentiti poco tempo prima della mia scomparsa. Ha anche trovato il titolo, era un grande amico e un punto di riferimento per tutti i giornalisti. Era davvero un grande uomo", racconta Bianchi a Radio Marte parlando della sua biografia.

"Maradona come Monzon? Bisogna leggere il contesto. A Diego ho detto tante cose, sono molto affezionato a lui. Era una gioia vederlo in campo. Aveva tanta pressione e nel mio piccolo ho provato a metterlo in guardia. Al di fuori del campo voleva vivere in maniera più intensa e così ha fatto. Mi sono ritirato in buon ordine. Nel mio privato c’è sempre stato poco calcio", ha aggiunto l'ex tecnico azzurro. 

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