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Sindrome dell'intestino gocciolante, di cosa si tratta e quali sono i sintomi

Una patologia in aumento che porta al deterioramento della barriera intestinale con il rischio di sviluppare allergie alimentari e altri disturbi. Correggere l’alimentazione è il primo passo verso la guarigione. I consigli della dott.ssa Diana De Falco

La Leaky gut Syndrome, letteralmente “intestino che gocciola”, è una patologia che porta al deterioramento della barriera intestinale che non riesce più a svolgere la sua funzione protettiva compromettendo l’equilibrio della mucosa e della flora batterica. La barriera ha un ruolo fondamentale nel nostro organismo: da una parte consente l’assorbimento dei nutrienti, dall’altra impedisce l’ingresso di tossine, agenti patogeni o sostanze allergizzanti nel circolo sanguigno. Se si deteriora, a causa di stress fisici prolungati, cattiva alimentazione, utilizzo di farmaci e altri fattori ambientali, le sue funzioni si alterano innescando un processo infiammatorio e un’iper-reattività del sistema immunitario, con il rischio per l’organismo di sviluppare allergie alimentari, malattie infiammatorie croniche, problemi alla tiroide, malattie autoimmuni, ecc. Ad oggi non esistono dati sulla sua incidenza essendo una malattia non facilmente diagnosticabile, ciò che è certo è che sempre più persone manifestano sintomi collegati alla Leaky gut Syndrome. Grazie a uno studio condotto da un ricercatore italiano, Alessio Fasano, e i suoi colleghi dell’Università di Baltimora, nel Maryland, è stato scoperto un collegamento diretto tra la permeabilità intestinale e i livelli di zonulina (una proteina che agisce sulle giunzioni degli enterociti, regolando la permeabilità dell’intestino). Alti livelli di questa proteina si correlano con un deterioramento della mucosa intestinale che non svolge in maniera adeguata la sua funzione protettiva: questa condizione è determinante in molte malattie intestinali, tra cui patologie da assorbimento di glutine, intolleranze alimentari, colon irritabile. Come curare la permeabilità intestinale? Il primo passo è correggere l’alimentazione cercando di capire, anche attraverso specifici test e il supporto di uno specialista, quali sostanze occorre ridurre o eliminare dalla dieta. NapoliToday ha intervistato la dott.ssa Diana De falco, biologa nutrizionista, per capire come ripristinare la flora batterica e “riparare” l’intestino in presenza della Leaky gut Syndrome.

Dott.ssa, con quali sintomi si manifesta la Leaky gut syndrome?

“I sintomi più frequenti sono cefalea, dismenorrea (dolori mestruali), tremori, irritabilità, depressione, iperattività, dolori articolari e muscolari, stanchezza cronica, disturbi intestinali (intestino irritabile, costipazione o diarrea), allergie e intolleranze alimentari, alterazioni tiroidee (ipotiroidismo)”.

Quali possono essere le cause?

“La Leaky gut syndrome può essere causata da un’infiammazione sistemica, stress cronico, uso di farmaci antinfiammatori non steroidi (FANS), ipocloridria (diminuzione dell’acido cloridico nel succo gastrico), deficit enzimatici, disbiosi (disequilibrio della flora batterica), chemio e radioterapici, alimenti in grado di minare l’integrità di barriera (alimentazione non equilibrata), abuso di alcolici, infezioni”.

Quali sono le complicanze?

“Tra le prime complicanze ci sono i deficit micronutrizionali, cioè carenze di vitamine e minerali per malassorbimento, quali: ferro, vitamine del gruppo B, magnesio, vitamina A e E e C, Omega 3 (fondamentali, in presenza di questa patologia, perché dotati di attività immunomodulatoria ed antiinfiammatoria), iodio, zinco e selenio. Se si riscontrano carenze importanti, questi minerali e vitamine vanno subito reintegrati”.

Che tipo di alimentazione deve seguire chi ne soffre?

“L’ intervento nutrizionale ed integrativo da adottare va personalizzato considerando ogni singolo caso. Il consiglio generale è di seguire una dieta anti-fermentativa:

  • evitare di bere durante il pasto;
  • consumare pasti proteici per stimolare le secrezioni ghiandolari e la motilità intestinale;
  • assumere prebiotici, cioè fibre solubili e insolubili, ricchi di inulina e FOS che sono fermentati da bifidi e lactobacilli (in particolare dopo una prima fase disinfiammante l’intestino);
  • integrare con probiotici ma facendo attenzione (una loro integrazione è consigliata solo dopo aver creato, attraverso prebiotici, l’ambiente adatto al loro attecchimento);
  • utilizzare miscele di enzimi digestivi (lipasi, proteasi come papaina e bromelina, amilasi) in grado di spezzettare fisicamente gli alimenti ingeriti, facilitandone l’assorbimento;
  • inoltre, si consiglia come modalità di cottura un leggero soffritto, in quanto in grado di stimolare la funzione del sistema epato-bilio-pancreatico”.

In presenza di questa patologia quali cibi vanno eliminati dalla dieta?

“Vanno eliminati:

  • alimenti contenenti glutine, perché è in grado di reagire contro l’enterocita e far rilasciare zonulina;
  • alimenti contenenti alti livelli zuccheri, a causa della loro capacità di essere fermentati dai batteri presenti nel primo tratto del canale digerente;
  • prodotti lattiero-caseari, perché la beta-caseina A1 causa un aumento dei livelli del marker infiammatorio nel colon e l’aumento della secrezione di mucina che, se presente in elevate quantità, contribuisce alla leaky-gut;
  • solanina, alcaloide tossico contenuto in patate, melanzane, pomodori, peperoncini, peperoni, bacche di goji. Il contenuto di solanina è basso nel frutto maturo rispetto a quello acerbo ed il suo consumo è innocuo per le persone in salute (in presenza di leaky-gut, invece, può risultare tossica/immunogenica stimolando una risposta immunitaria);
  • saponine, contenute in quinoa, liquirizia, basilico, legumi, soia e avena (inducono la formazione di pori permanenti sulle membrane cellulari che permettono il passaggio di grosse molecole come la ferritina);
  • fruttosio, determina alterazioni del microbiota e della permeabilità intestinale oltre ad un’infiammazione sistemica mediante l’aumento dei livelli di proteine marker dello stress ossidativo”.

Quali sono, invece, i cibi consigliati?

“Tutti gli alimenti “amici dell’intestino”, in particolare del nostro microbiota, quindi:

  • proteine, come il pollame allevato all’aperto, il pesce pescato e le carni da allevamenti ad erba e fieno;
  • proteine vegetali ipoallergeniche (solo in fase finale di reintegrazione) come piselli, riso, canapa, chia;
  • cbi ricchi di grassi sani come l’olio extravergine di oliva, pesce grasso (ad es. tonno, salmone);
  • carboidrati ad alto contenuto di fibre ma a basso indice glicemico, come le verdure a foglia e le crocifere (secondo la sensibilità individuale);
  • carboidrati complessi come le patate dolci e la zucca (secondo la sensibilità individuale);
  • alimenti fermentati come crauti, kefir d’acqua, kimchi, miso di riso, yogurt di cocco o da latte di capra, tè kombucha (questi alimenti ricchi di probiotici eliminano i patogeni cattivi come batteri, miceti o parassiti, assumendo un ruolo chiave nel ripristinare salubrità intestinale);
  • frutta a guscio e semi oleosi, sempre da inserire solo nella fase di reintegro”.

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