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Salute

Ictus, quali sono i sintomi e come intervenire: le indicazioni degli esperti

“In Campania la mortalità per ictus è tra le più alte d’Italia. La realizzazione di una rete per lo stroke deve essere un obiettivo prioritario nella nostra Regione”. L’intervista ai dottori Andreone e Renna, del reparto di Neurologia del Cardarelli

Terza causa di morte e prima di invalidità, l’ictus cerebrale colpisce circa 12mila persone in Campania ogni anno. Saper riconoscere i sintomi in tempo (bocca storta, debolezza in un braccio o in una gamba, disturbi dell’equilibrio, della parola o della vista, ecc) può fare la differenza tra la vita, la disabilità e la morte. La tempestività nel trattamento è di fondamentale importanza. Oggi sono diverse le terapie di intervento in grado di salvare la vita al paziente, ma per essere efficaci devono essere effettuate in una finestra di tempo molto stretta: entro 4 ore dalla manifestazione dei sintomi. Se l’ictus viene preso in tempo e curato presso una struttura idonea, si possono limitare danni al cervello e il conseguente grado di disabilità. La rete delle Stroke Unit (= Centri Ictus) evita ogni anno lutti e sofferenze per migliaia di famiglie.

NapoliToday ha intervistato il dott. Vincenzo Andreone e la dott.ssa Rosaria Renna, del reparto di Neurologia & Stroke Unit dell’Ospedale A. Cardarelli, per capire come funzionano queste strutture di pronto intervento e quali novità ci sono riguardo le terapie e le tecniche riabilitative.

L'INTERVISTA AL DOTT. ANDREONE E ALLA DOTT.SSA RENNA

COS’E’ L’ICTUS?

“L’ictus (o stroke, in inglese) è una condizione patologica acuta che può essere causata da un'ostruzione completa o parziale di un vaso arterioso cerebrale (ictus ischemico) o da un’emorragia cerebrale per la rottura del vaso colpito (ictus emorragico). Qualunque sia la causa, nella zona cerebrale colpita da ictus viene a mancare il flusso ematico: ne risulta così un deficit neurologico funzionale più o meno grave che dipenderà dall’estensione e dalla sede della zona cerebrale colpita. Il tipo più frequente di ictus è quello ischemico, che rappresenta l’80% dei casi”.

IL TIA, INVECE, COS’E’?

L'attacco ischemico transitorio o TIA, acronimo della definizione inglese transient ischemic attack, è causato da un disturbo temporaneo di irrorazione sanguigna ad una parte limitata del cervello, e si manifesta con un deficit neurologico che permane, per definizione, per un periodo inferiore ai 60 minuti. La caratteristica fondamentale del TIA rispetto all’ictus ischemico è, quindi, la reversibilità del deficit neurologico. Il limite di tempo che sancisce lo 'spartiacque' fra TIA e ictus è in realtà controverso in quanto la maggior parte dei TIA dura meno di un’ora. Va precisato, inoltre, che un TIA è spesso un avvertimento che precede un episodio maggiore e quindi un ictus: una persona su tre che subisce un TIA ha un ictus entro un anno”.

QUALI SOGGETTI COLPISCE?

“L’ictus colpisce più frequentemente le persone anziane: l’incidenza dell’ictus aumenta progressivamente con l’età, raggiungendo il valore massimo negli ultra ottantacinquenni. Il 75% degli ictus colpisce i soggetti di età superiore a 65 anni. Occorre ricordare che, anche se in misura minore, l’ictus può colpire anche persone giovani, con l’aggravante che in questi casi l'ictus comporta un maggior carico complessivo di disabilità. La proporzione degli ictus che si manifestano in soggetti di età inferiore ai 45 anni è pari a circa il 5,5% di tutti gli ictus nei paesi occidentali. In Italia si verificano ogni anno 200.000 nuovi ictus; di questi circa 10.000 colpiscono soggetti con età inferiore a 54 anni. L’ictus, inoltre, colpisce più frequentemente gli uomini rispetto alle donne (il 57% degli ictus colpisce gli uomini), ma la mortalità è maggiore nel genere femminile: ben il 61% delle morti per ictus è appannaggio del genere femminile”.

QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO?

"I fattori di rischio per ictus sono distinti in fattori di rischio non modificabili e fattori di rischio modificabili. Tra i primi figurano l’età, la familiarità, l’etnia e il sesso. Il rischio di ictus, infatti, aumenta con l’età, in particolare raddoppia ogni decade di vita dopo i 55 anni e aumenta quasi esponenzialmente dopo i 65. Avere un parente diretto (un genitore, un nonno, una sorella o un fratello) affetto da ictus comporta un rischio maggiore rispetto a chi ha familiarità negativa per ictus. Per quanto riguarda l’etnia, la popolazione nera ha un maggior rischio di avere un ictus rispetto alla popolazione caucasica perché ha un alto rischio di ipertensione arteriosa e diabete. Per il sesso, quello maschile è lievemente più colpito, specie nelle fasce di età più giovani, in quanto le donne sono protette dagli ormoni sessuali almeno fino alla menopausa. Dopo i 65 anni l’incidenza è la stessa, mentre dopo gli 80 risulta maggiormente colpito da ictus il sesso femminile, soprattutto perché le donne vivono più a lungo e sono perciò più numerose. Tra i fattori di rischio modificabili abbiamo l’ipertensione arteriosa, la fibrillazione atriale, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, il fumo di sigaretta. L’ipertensione arteriosa, in particolare, è il principale fattore di rischio per ictus; si parla di ipertensione quando i valori della pressione si mantengono costantemente sopra i 140 di massima e i 90 di minima. Altro fattore di rischio molto pericoloso è la fibrillazione atriale. Si tratta di un’aritmia cardiaca, spesso asintomatica (cioè non avvertita dal paziente), che predispone a ictus cardioembolico. Il fumo di sigaretta aumenta di due - tre volte il rischio di ictus e tale rischio dipende dal numero di sigarette fumate al giorno e dal numero di anni in cui si è fumato. Altri fattori di rischio sono una storia di TIA, la presenza di placche ateromasiche dei grossi vasi del collo (stenosi carotidee), la presenza di protesi valvolari cardiache, un recente infarto del miocardio, un'endocardite infettiva o il forame ovale pervio, l’obesità, la ridotta attività fisica e l’abuso di alcool”.

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