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Elena Sofia Ricci: “Vorrei che l’emergenza lasciasse il senso di collettività”

Incontro con l’attrice protagonista di ‘Vivi e lascia vivere’, serie in sei puntate ambientata a Napoli

Un’opportunità nata dalla crisi. E’ un concetto con cui stiamo familiarizzando, in cui reinventarsi è una sana soluzione e, sembra, trovare la sua massima espressione in Laura Ruggero, il nuovo personaggio costruito da Elena Sofia Ricci in ‘Vivi e Lascia Vivere’, la serie diretta e co-ideata dal regista napoletano Pappi Corsicato che da giovedì 23 aprile sarà in onda su Raiuno.

Un personaggio tarato appositamente sulla Ricci che conferma ancora una volta la sua versatilità tra teatro, tv e cinema, come dimostrano i successi dell’ultimo anno, essendo stata l’attrice più premiata nel 2019. 

Girata in una Napoli colorata, dove la sua luce così accesa illumina ogni cosa, quasi volesse indicare a tutti i personaggi una strada verso il cambiamento: questo il leitmotiv di ‘Vivi e lascia vivere’. Cambiare dopo un dolore per riprendersi in mano la vita è quello che accade a Laura che, con curiosa coincidenza, sembra essere nata per incarnare proprio l’incertezza dei giorni che stiamo vivendo.  

La storia

Laura è un personaggio contraddittorio, per certi versi poco condivisibile, ma la si giustifica nonostante il segreto inconfessabile che si porta dietro. Ha cinquant’anni portati con sfrontatezza, lavora come cuoca all’interno di una mensa; ha due gemelli adolescenti, un’altra figlia più grande con la quale ha un rapporto complicato e conflittuale e un marito, Renato, con il quale è sposata da vent’anni e che suona a bordo delle navi da crociera. Una vita apparentemente come tante fino al giorno in cui Laura, di ritorno da un misterioso viaggio, convoca i figli per comunicare loro una terribile notizia: il padre è morto in un incendio. Dal nulla, Laura crea un nuovo lavoro, avviando un’attività di street food preparando sartù di riso, che trasforma in una vera e propria impresa al femminile insieme a un gruppo di donne in cerca di riscatto e con la voglia di ricominciare. ‘Vivi e lascia vivere’ è la storia di una famiglia i problemi ordinari, dove però niente è come sembra e che sposa i toni del family classico con il noir, fino a diventare un vero e proprio thriller.

L’intervista a Elena Sofia Ricci

Elena, Vivi e Lascia vivere l’ha portata a Napoli, una città che rappresenta il suo debutto come attrice. Come l’ha trovata?

“Sì, ho debuttato in teatro con Mario Scaccia al San Ferdinando ci sono anche voluta passare e ho scattato una foto. Sarà per questo sempre nel mio cuore. Sono felice di aver girato questa serie anche perché ho riscoperto Napoli e le bellezze della Campania. L’ho trovata vivace, attenta alla cultura. Napoli è rifiorita. Cosa che non si può dire di Roma, città in cui vivo e che adoro ma che non se la passa affatto bene".

Il cambiamento e la voglia di rinascita fanno da filo conduttore e avviene anche nella cucina, che è un’altra protagonista della serie, che da meccanica e impersonale diventa, poi, salvifica chiave con cui esprimersi. Sono due aspetti che stiamo condividendo.

“Sono punti molto presenti nella serie. Quando abbiamo girato la serie quest’estate non avremmo mai immaginato questo scenario apocalittico che, oserei dire, ha dei tratti epici. Contestualizzata a oggi, credo che Vivi e lascia vivere possa infondere fiducia a quanti oggi si trovano in difficoltà, soprattutto a chi ha perso il lavoro ma non la speranza, cercando di rialzarsi e reinventarsi un lavoro basandosi, ciascuno. sulle proprie capacità. Come fa Laura che nel momento più duro della sua vita è licenziata ma sapendo cucinare soprattutto un sartù strepitoso si rimbocca le maniche e si inventa un nuovo lavoro nello street food. E’ un esempio di come creare un nuovo mestiere partendo da un talento che si possiede. Dopo il lockdown penso che proprio lo street food, rispettando ovviamente il distanziamento di sicurezza, per alcuni potrebbe essere una soluzione per chi sa cucinare benissimo e non ha più un lavoro. Già io, che nella realtà non sono capace di cucinare, non potrei farlo".

Nella prima puntata della serie Laura dice: ‘Tutte queste cose ce le avevo dentro ma non riuscivo a vederle’. C’è stato un momento che ha pensato lo stesso dietro a un evento che ha avuto un impatto sulla sua vita? 

“Ce ne sono stati tantissimi. Uno è avvenuto quando avevo 30 anni durante un periodo molto doloroso, ho capito che non potevo più ragionare nei termini che il mondo crudele si era abbattuto su di me e che forse qualche responsabilità l’avevo anch’io. Da quel momento ho deciso di intraprendere un percorso psicoterapico che ancora continuo in quanto in seguito mi sono davvero molto appassionata alla psichiatria e avendola conosciuta per diversi anni come paziente ha suscitato in me un interesse molto forte che ho voluto approfondire. Da lì c’è stata una rivoluzione dentro di me. Quando ho compiuto 50 anni ho fatto delle scelte legate al lavoro in quanto scarseggiano bei ruoli per quella fascia di età allora ho deciso di tornare al teatro classico dal quale provengo e da qui sono accadute delle opportunità meravigliose come il ruolo di Veronica Lario in ‘Loro’, il biopic di Raiuno su Rita Levi Di Montalcini e molti altri progetti che sarebbero dovuti partire pianificando i prossimi tre anni ma che l’emergenza Coronavirus ha fermato. Un altro momento cruciale in cui ho dovuto tirare fuori tanta forza è stato quando mia madre si era ammalata di cancro al pancreas e dovevo decidere se dirle o meno la verità a riguardo perché era una sentenza di morte e ho scelto di nasconderle ciò che le sarebbe accaduto per risparmiarle la sofferenza della consapevolezza e, forse, neanch’io lo vorrei sapere…”.

E’ un personaggio con una storia molto aderente ai nostri tempi prima e dopo la quarantena. Ci sono delle frasi nei dialoghi che oggi assumono una valenza nuova, dando una forte scossa. Potrebbe diventare uno dei simboli di questi giorni la sua Laura?

“Non lo so se Laura possa diventare un simbolo. Sicuramente mi auguro che dia conforto e che regali qualche ora di leggerezza perché è una storia che racchiude al suo interno tanti sotto generi. Spero che crei dei movimenti interiori nelle persone, provocando il desiderio di mettersi in gioco e di porsi delle domande su loro stessi e che dia qualche spunto su come rialzarsi. In questi giorni ci sono anche tante persone che hanno perso i propri cari e persone colpite dal Covid-19. Io ho molti amici medici e in questi giorni sto raccogliendo delle testimonianze inquietanti”.

Da quasi due mesi siamo tutti in casa. Lei è stata tra le artiste che fin dall’inizio ha fatto sentire la sua voce. Come sta cambiando la sua percezione sia come donna che come attrice?

“Grazie per questa domanda. Io non so se sta accedendo la stessa cosa anche nelle altre case, ma io ho la sensazione paradossale che il tempo scorra più velocemente come se la giornata finisse subito. C’è anche un’altra cosa che mi sta accedendo: in questi giorni sto vedendo davvero molti film e quando ci sono scene in cui ci si abbraccia o ci sono degli assembramenti, mi sembra così strano. Evidentemente l’attenzione a quello che sta accedendo è talmente alta da rispettare l’incolumità dell’altro per non favorire il contagio. La distanza sociale che dobbiamo avere è fondamentale per debellare questo maledetto virus. Penso che mi sembrerà altrettanto strano quando tutto questo finirà e potremo riabbracciarci. Durante i primi 20 giorni anche in famiglia si evitavano i contatti, specialmente quando ho fatto ritornare mia figlia dalla Colombia e non l’ho potuta toccare per giorni. E’ come se ci fossero dei muri invisibili che ci separano l’uno dall’altro. Il prima di pochi mesi fa mi sembra così lontano che sembra quasi assurdo come prima potessimo stare così vicini e come potessimo camminare in strade affollate. Ora c’è il deserto e mi piacerebbe avere una bacchetta magica per volare sulle città italiane per vedere come sono vuote. Quando ci lasceremo questo periodo alle spalle, vorrei che l’emergenza sanitaria lasciasse il senso di collettività. Vorrei che sia stato imparato il rispetto per le differenze e quanto siano importanti i rapporti con gli altri, mettendo da parte gli egoismi sfrenati e l’individualismo che hanno spadroneggiato”. 

In ‘Vivi e lascia vivere’ si parla anche del conflitto tra madre e figlia. Almeno nella prima puntata Laura non dimostra di essere una madre molto affettuosa. C’è stata difficoltà nello sviluppare questo lato del carattere del personaggio?

“Laura è una mamma ruvida, pragmatica, non proprio una campionessa dell'affettività, è una donna che deve piuttosto darsi da fare. Questo tratto del carattere mi sembrava molto interessante, in genere si è abituati a vedere un tipo di madre eroica, buona e di fatto non esiste un modello così perfetto. Mi piace che lei comunichi l’affetto per i figli in modo pratico attraverso i fatti, che sono certamente discutibili. Nel suo modo di procedere c’è tanto amore. Lei una donna che combatte i sentimenti, li teme quasi. All’inizio è anche una madre distratta non accorgendosi di tante cose che riguarda i figli. Anch’io, come Laura, non sono una madre che fa molte smancerie. Non sono molto fisica e tendo a essere più concreta”.

C’è anche molta sorellanza, con una solidarietà tutta femminile che vediamo nel rapporto con Rosa (Bianca Nappi), Marilù (Iaia Forte) e successivamente con Daniela (Teresa Saponangelo). Laura è il satellite di donne che condividono problemi similari. Secondo lei quanto potrebbero essere vere coesione e solidarietà di questo tipo?

“La mia vita è fatta di sorellanza. Partendo dalle mie sorelle che ho ritrovato quando avevo quasi a 30 anni. Una di loro vive in Italia ed è una coreografa di danza aerea. Permettimi questa digressione, la danza, in generale, è considerata la ‘Cenerentola’ delle arti e in questo momento così straziante è tra i settori che sta patendo, come, credetemi, ci sono numerosissime figure che lavorano nello spettacolo che si stanno trovando in gravi difficoltà. Poi ho tantissime amiche in tutti gli ambienti. Ci sono anche molte colleghe che sono diventate delle care amiche. Io ho un grande amore per le colleghe perché essendo per certi aspetti abbastanza pigra, non sono una competitiva. Con le donne con cui sono amica ho complicità. Bisogna considerare che la donna per sua natura o potenzialmente dona la vita e forse anche per questo ha sia una spinta creativa robusta ma tendenzialmente è anche accogliente. Le donne poi sono più inclini a scambiarsi delle confidenze, a confrontarsi e a essere solidali”. 

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