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Emergenza Coronavirus: dal rischio contagio al rischio depressione, e non solo per chi è in quarantena. Tutti gli errori da evitare

Rischi psicologici dell'emergenza coronavirus: NapoliToday ne ha parlato con Raffaele Felaco, presidente dell'Associazione psicologi per la responsabilità sociale e consigliere dell'Ordine della Campania

L’emergenza coronvirus sta imponendo a tutti noi un drastico cambiamento di abitudini e stili di vita. Le misure di contenimento del contagio richiedono “distanza” dagli altri e dai luoghi della socializzazione – del tempo libero come del lavoro - in cui, ormai da secoli, siamo stati abituati ad esprimerci. E’ un modo decisamente diverso di essere che rischia di provocare, assieme all'inevitabile disagio iniziale, anche conseguenze a lungo termine di cui le più pericolose sono

  • progressivo isolamento e chiusura in se stessi,
  • ansia e depressione
  • esasperazione che potrebbe sfociare in aperta intolleranza verso gli altri.

Cosa dice lo psicologo

“Bisogna fare attenzione a chiudersi in casa, ma non a chiudere il cuore”, avvisa Raffaele Felaco, presidente dell’Associazione “Psicologi per la Responsabilità Sociale” e consigliere dell’ Ordine degli Psicologi della Campania, docente di “Psicologia dell’Emergenza” in diverse Scuole di Psicoterapia.

“Le misure di contenimento del contagio- continua il dott. Felaco  -  impongono la rinuncia a comportamenti sociali cui siamo arrivati con millenni di evoluzione. Per evitare la diffusione del virus, infatti, è fondamentale restare a distanza dagli altri. Non solo non vanno frequentati i luoghi di ritrovo, dalle scuole ai cinema, ma è necessario anche non toccare gli altri: non stringere la mano, non abbracciare, non baciare.

E' facile capire quali conseguenze possono innescarsi, in termini di ansia, stress e depressione, se solo si considera che l’abbraccio è uno dei più potenti antidepressivi naturali a disposizione dell’essere umano.

Per contrastare qualsiasi deriva negativa - avvisa Felaco -  è necessario imparare ad esprimere senza contatto fisico, ma con una comunicazione diversa, i nostri sentimenti e le relazioni con gli altri. E' evidente che va utilizzata tutta la nostra intelligenza e anche la nostra cultura, italiana prima e napoletana poi, che è una cultura fatta di accoglienza, solidarietà ed empatia.

Ed è bene riflettere sul fatto che vedere il male negli altri, autoalimentando sentimenti negativi di intolleranza e paura, non ci salverà dal virus e neanche migliorerà la nostra vita”.

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