Luciano De Crescenzo racconta la canzone napoletana
Nel nuovo libro dell'amatissimo scrittore e filosofo partenopeo storia e filosofia dietro a grandi classici come "Funiculì funiculà" ed "Era de maggio". "Canzoni come tamburi emozionali, che influenzano il battito del nostro cuore"
“Ti voglio bene assai. Storia (e filosofia) della canzone napoletana” è l'ultima opera di Luciano De Crescenzo, nuovo libro del filosofo più amato d'Italia (e di Napoli in particolare) incentrato sull'altra creazione partenopea – oltre alla pizza – che ha conquistato il mondo, appunto la canzone.
Gli spartiti dei musicisti della capitale del Sud hanno spesso toccato il cuore, fatto sorridere, abbinandosi a parole giuste per ogni occasione: quelle della festa, come per Funiculì funiculà (composta per l’inaugurazione della prima funicolare cittadina), quelle dell’amore perduto e poi ritrovato, comei Era de maggio. De Crescenzo parla poi di Malafemmina, Tammurriata nera, ’O surdato ’nnamurato fino a Te voglio bene assaje.
“È come se le canzoni fossero dei tamburi emozionali che influenzano il battito del nostro cuore – racconta Luciano De Crescenzo – Quando siamo felici, il battito accelera e ci regala un ritmo scanzonato, quando siamo un po' tristi, invece, il battito rallenta e prende la forma di una malinconica nenia. Ci consolano, sono una specie di medicina, un antinfiammatorio dell'anima”.
Ottantasette anni, De Crescenzo è un'icona di Napoli. La sua storia è conosciutissima: scrittore, regista, attore e conduttore televisivo, prima di dedicarsi alla saggistica e allo spettacolo ha lavorato per 20 anni all'Ibm. Con Così parlò Bellavista, tratto dal suo best seller, ha vinto il David di Donatello per il miglior regista esordiente 1985.