Jonathan Clancy in concerto
"His Clancyness" non è il nuovo progetto di Jonathan Clancy. "His Clancyness" è Jonathan Clancy. Ma attenzione: “Vicious”, il primo album ufficiale in uscita per la britannica FatCat il 7 ottobre, non è un resoconto della sua vita. Qui si entra nelle sue visioni, nei meccanismi che regolano la sua musica. Sapere che il nostro canadese trapiantato a Bologna è ossessionato dal rock n’ roll, dalla pop culture e dalla fotografia, che ha vissuto in dodici città diverse e che ha suonato in quasi tutto il mondo con Settlefish e A Classic Education, è il punto di partenza per potersi approcciare a “Vicious” in maniera profonda, cruda, totale.
Perché “Vicious” è il modo in cui Jonathan colma le distanze, fissa un punto lontano e lo raggiunge. Si permette di indossare maschere ed essere, all’occorrenza, feroce. "Vicious" è un album che odora dell’aria e delle rovine di Detroit, la città in cui Jonathan, insieme a Paul Pieretto, a Jacopo Borazzo e al produttore Chris Koltay (già con Liars, Atlas Sound, Akron/Family, Lotus Plaza e Dirtbombs), ha registrato in tre settimane il suo primo LP, sotto l’ombra dell’abbandonata Michigan Central Station, agli High Bias Recordings. Un album denso, pieno di dettagli nella musica e nelle parole, svariati livelli che si sovrappongono e si compenetrano, shoegaze e metriche kraut, glam mischiato al cantautorato folk (quello americano, of course).
Attenzione spasmodica ai particolari, perché Jonathan è un tipo che si prende dannatamente sul serio, e il risultato sono dodici brillanti canzoni pop, ma allo stesso tempo crudeli e surreali, come gli scatti di Guy Bourdin. Fotografie quasi malvagie, ma commissionate da Vogue o da Chanel. E come negli scatti di Bourdin, il punto focale di ogni canzone si individua immediatamente, per poi scoprire tutto quello che ci sta dietro, i rimandi ad influenze diversissime come Can, Scott Walker, Sonic Youth, Velvet Underground, Gun Club, The Beach Boys, Swell Maps, l’equilibrio di ogni singolo strumento, la ricercatezza di testi che solo un madrelingua sa concepire.